Kitano si mette al centro di un gioco delle parti in cui interpreta sia il ruolo di regista che quello di attore come se fossero due personaggi diversi.
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Premesso che per me Kitano è e rimane un grande e che un film si può anche sbagliare (ammesso e non concesso che questo sia da considerare un film sbagliato…per me lo è nella maniera più assoluta ma so che in molti hanno applaudito) , quello che proprio non capisco è l'affiliazione che è stata fatta di questa pellicola con 8 ½ di Fellini e con la schiera di film ad esso ispirati. Dove sono l'analisi, la riflessione, i ricordi, la nostalgia, il romanticismo? A parte il confronto oltremodo impietoso, l'unica cosa che accomuna le due pellicole è un certo surrealismo di fondo che però in Kitano sfocia purtroppo nel nonsense e nella totale confusione, oltre ad una ripetitività che nella seconda parte diventa difficilmente digeribile. Più che di auto-analisi parlerei di auto-parodia. Doveva essere la celebrazione del funerale di un personaggio (lo yakuza) con il quale ormai Kitano aveva detto tutto e l'inizio di una nuova fase di carriera, ma dopo altri due film simili, anch'essi non molto centrati, il nostro ha deciso di tornare a ciò che sa fare meglio con la trilogia Outrage. Era lecito provarci ed era più che lecito tornare sui propri passi una volta capito che certo cinema non è nelle tue corde. Lui almeno l'ha capito.