tar regia di Todd Field USA 2022
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tar (2022)

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locandina del film TAR

Titolo Originale: TÁR

RegiaTodd Field

InterpretiCate Blanchett, Noémie Merlant, Nina Hoss, Sophie Kauer, Julian Glover, Allan Corduner, Mark Strong

Durata: h 2.38
NazionalitàUSA 2022
Generedrammatico
Al cinema nel Febbraio 2023

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Trama del film Tar

La storia di Lydia Tár, universalmente considerata una delle maggiori compositrici e direttrici d'orchestra al mondo, ma anche la prima donna in assoluto ad aver ricoperto il ruolo in un'orchestra tedesca.

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Voto Visitatori:   5,81 / 10 (13 voti)5,81Grafico
Miglior attrice in un film drammatico (Cate Blanchett)
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior attrice in un film drammatico (Cate Blanchett)
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Voti e commenti su Tar, 13 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI Harpo  @  02/02/2025 15:18:53
   6½ / 10
Anche qua non sono del tutto d'accordo con i commenti degli stimati predecessori: Tar è un filmone completo, che non vende aria fritta, molto centrato sul mondo della musica, con scene tecnicamente ineccepibili, una sceneggiatura non banale e una Blanchett a lunghi tratti ben oltre il fenomenale. Insomma, siamo distanti anni luce da robacce tipo"Maestro". Però è oggettivamente anche un mattone, quello sì. Magari tra qualche anno lo valuterò come un capolavoro o magari aveva ragione chi non l'ha sopportato. Io, nel dubbio, faccio il democristiano.

Cinder  @  09/12/2024 18:30:17
   10 / 10
Un'eccezionale Cate Blanchett.

TheLegend  @  11/06/2024 13:52:50
   7½ / 10
Personalmente mi è piaciuto, ottima Cate Blanchett che regge il film da sola.

Light-Alex  @  28/02/2023 14:45:37
   7½ / 10
Inizio un po' da shock, perché ci pone davanti una sequenza iniziale lunghissima, con regia quasi completamente statica, dove il soggetto è un'intervista alla protagonista nella quale veniamo gettati di colpo nel profondo ed oscuro mondo della Direzione d'Orchestra. Dico "shock" perché il dialogo è infinito e decisamente tecnico, e sembra preannunciare un film quasi per addetti ai lavori.

Invece per fortuna, dopo un po' il film prende un suo ritmo. Certamente la scelta è di non abbassare la sceneggiatura e i dialoghi a un mondo concertistico "pop", accessibile alla massa. In vari momenti ho avuto l'impressione che si è scelto di mantenere tanti dialoghi ad un livello parecchio avanzato, tecnico, non commerciale, probabilmente per dare un tono di realismo.

Blanchett fuoriclasse, in grado di gestire parecchie scene di dialoghi complicatissimi, di recitare in due lingue, di mostrare un'espressività variegata e sempre efficace.

Il film in qualche modo è una sorta di rivisitazione del tema Me-too, dei casi Weinstein e simili. In questo caso però l'"aguzzina" è una donna. La riflessione che mi ha lasciato è che è come se il film ci suggerisse di non scambiare i casi di abusi, violenze fisiche e mentali, favoritismi o mobbing, per una "battaglia di genere". La realtà è che non parliamo di uomo contro donna. La vera entità dello scontro è una "battaglia di classe", il debole contro il potente, il capo contro l'apprendista, la star affermata contro la giovane ambiziosa. E' la differenza di potere che genera l'abuso, non la differenza di genere. Siamo abituati certamente di più al fenomeno di uomo leader che approfitta della giovane donna, ma è una dinamica che avviene non per le caratteristiche di genere dell'uomo, ma perché più facilmente nella nostra società, per le storture che la caratterizzano, è l'uomo a detenere il potere.
Tàr ci dice che la stessa identica dinamica può avvenire se è la donna a detenere il potere.

Interessante anche la critica alla cancel-culture, espressa nelle scene della lezione alla Julliard, in cui Lydia Tar si scaglia contro uno studente domandandogli se pensa che sia giusto essere ricordato per la propria arte o per altre caratteristiche o scelte personali.

Nonostante la durata importante e i dialoghi non leggerissimi, riesce comunque con un taglio velatamente noir a tenere agganciato lo spettatore, facendolo immergere in una storia non usuale e con vari livelli di lettura.

Thorondir  @  13/02/2023 12:42:54
   8½ / 10
Lydia Tár è arrivata dove è arrivata grazie alla sua bravura, al merito e (il film ce lo fa capire) anche grazie ad una glacialità opportunistica che spesso si accompagna ai ruoli di potere: perché a ben vedere questo "TÁR" di Todd Field è un film sul potere, sulle possibilità che esso apre all'arbitrio umano, su come il potere finisce per gerarchizzare gli esseri umani, tanto più quando inseriti in una realtà così iper-selettiva e competitiva come quella descritta nel film. Field mette su un film-fiume che non ha primariamente l'obiettivo di raccontarci in tutto e per tutto la protagonista (una Cate Blanchett che se esce senza statuina si che può veramente picchiare tutti): quello che il regista/sceneggiatore fa è costruire un piccolo puzzle con cui disvelare l'animo più profondo di Lydia nella sua quotidianità a dominanza lavorativa (raramente il film esula da questa dinamica e quando lo fa, come nella scena in cui invita la bambina a non importunare più Petra, ne viene fuori comunque un ritratto ambiguo e chiaroscurale). Con questo lento dipanarsi (forse si, anche verboso) veniamo quindi condotti all'interno del non-mondo di Lydia, a ben guardare un ritratto contemporaneo di chi è arrivato al vertice: vita dominata dal lavoro (in tutti gli aspetti, finanche quello affettivo), paranoie e paure, sradicamento continuo dello spazio (bisognerebbe contare e analizzare quante volte la vediamo districarsi tra varie abitazioni e hotel, fino a tornare alla casa d'infanzia dove gli rimangono familiari gli oggetti, meno gli esseri umani). Una vita figlia della contemporaneità delle "celebrities" e che quindi non può sfuggire al nostro tempo: le accuse di molestie e arbitrarietà arrivano a terremotare una testa già dolorante (e non solo perchè sbattuta a terra) e a insinuare il dubbio nello spettatore: infatti, un po' come per le storie che riguardano i nomi famosi degli ultimi anni, non veniamo messi a conoscenza dell'effettività di tali abusi. Ma, come diceva già Vinterberg, basta "il sospetto". Colpevole o meno (e il film è certosino nel seminare indizi senza mai rivelare) si regredisce, si perde tutto, e si riparte dallo stadio iniziale, "primitivo" (gli spettatori del finale, vestiti in modo opposto agli abiti freddissimi e alto-borghesi dell'Europa elitaria).

Tutto ciò (e molto altro di cui si potrebbe discutere) viene messo in scena con una regia semplicemente straordinaria, che costruisce singola inquadratura per singola inquadratura, che monumentalizza gli ambienti ma li rende freddissimi (quasi a sottolineare il personaggio-madre che è praticamente sempre in scena e a sottolinearne carattere e modi). Lavoro che viene ulteriormente esaltato sia dal sonoro sia dalla fotografia di Hoffmeister. Ma per comprendere la grandezza del film e quella del lavoro registico basterebbe un momento su tutti: il lunghissimo piano sequenza della lezione, girato per rendere quel momento nel suo tempo reale e per dare le informazioni così come si sono prodotte in quel frangente. Stesso momento che poi vedremo de-costruito e rimontato per dare a quel momento un aspetto e un significato completamente diversi (la stessa Lydia, metacinematograficamente, noterà gli errori nel controcampo di quel video). Perché alla fine tutto sta nello sguardo e nella sua forza manipolativa, cinematografica e non. Cinema a livelli molto molto alti.

2 risposte al commento
Ultima risposta 13/02/2023 17.23.33
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