the accountant 2 regia di Gavin O'Connor USA 2025
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the accountant 2 (2025)

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locandina del film THE ACCOUNTANT 2

Titolo Originale: THE ACCOUNTANT 2

RegiaGavin O'Connor

InterpretiBen Affleck, Jon Bernthal, Cynthia Addai-Robinson, J.K. Simmons, Daniella Pineda, Alison Robertson, Robert Morgan, Grant Harvey, Andrew Howard, Matt Linton, Cassandra Blair, Nik Sanchez, John Patrick Jordan, Paula Rhodes, Kristen Ariza, Celeste Octavia, Fernando Chien, Alain Ali Washnevsky, Michael Tourek, Lincoln Bodin, James P. Harkins, Christopher Alvarenga, Abhinav Gopisetty, Jeremy Radin, Monica Bhatnagar, Alex Campbell, Abner Lozano, Catherine Adell, Jacob John Caldwell, Ara Storm

Durata: h 2.04
NazionalitàUSA 2025
Genereazione
Al cinema nell'Aprile 2025

•  Altri film di Gavin O'Connor

Trama del film The accountant 2

Christian Wolff (Ben Affleck) ha un talento per risolvere problemi complessi. Quando un vecchio conoscente viene ucciso, lasciando dietro di sé il messaggio criptico “trova il contabile”, Wolff è spinto a risolvere il caso. Rendendosi conto che sono necessari metodi più estremi, Wolff recluta il suo letale fratello Brax (Jon Bernthal) per aiutarlo. In collaborazione con Marybeth Medina (Cynthia Addai-Robinson), vicedirettore del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, scoprono una letale cospirazione, diventando bersagli di una spietata rete di assassini che non si fermeranno davanti a nulla pur di mantenere sepolti i loro segreti.

Film collegati a THE ACCOUNTANT 2

 •  THE ACCOUNTANT, 2016

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Voto Visitatori:   6,58 / 10 (6 voti)6,58Grafico
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Voti e commenti su The accountant 2, 6 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  15/06/2025 10:18:15
   5 / 10
Qua siamo di fronte ad un sequel abbastanza diverso dal primo e secondo me meno riuscito. Le qualità particolari del protagonista, se escludiamo qualche momento iniziale, non sono granchè esaltate. Fra Affleck e Behrendal l'affiatamento è buono e si vede, ma non trascende la normalità già vista in tantissimi buddy movie. Fra l'altro la new entry Pineda mi sembra utilizzata un po' troppo con il contagocce. Sul versante action O'Connor mostra la qualità del suo mestiere specialmente nell'irruzione del campo con tanto di sparatoria annessa, ma la parte quella più comedy direi quasi non pervenuta per quanto è anonima. Un film che mi è sembrato concepito con il pilota automatico.

Curiosity  @  10/06/2025 14:36:50
   5½ / 10
Per quanto mi riguarda peggio del primo. Manca l'effetto sorpresa nella scoperta del personaggio e poi del "fratello coltello".

C'è più azione sicuramente, ma anche più sentimentalismo a buon mercato. Lo boccio.

Kyo_Kusanagi  @  09/06/2025 01:10:01
   6 / 10
Carino ma nettamente inferiore al primo . Completamente diverso dal precedente, si incasella nel più classico buddy-movie scanzonato, e con un tono leggero. Buona la chimica tra Affleck e Bernthal, quest'ultimo entra a fare squadra dopo essere stato il villain del precedente film (un pò come nello schema di Fast&Furious) e da lui partono i momenti più umoristici con i battibecchi con il fratello. Sequel tutto sommato godibile ma francamente poteva bastare il primo film.

Mauro@Lanari  @  06/06/2025 04:42:16
   7 / 10
Assieme ad O'Connor e all'Artists Equity d'Affleck e Damon, Bill Dubuque sta sviluppando un personaggio interessante e una saga intelligente che sa trascendere gl'ovvi referenti per un nuovo cinema classico, dribblando o dopo aver metabolizzato il supereroismo di Marvel e DC Comics (il "Daredevil" del 2003, il "Batman" del 2016, l'accademia per diversamente abili diretta da Xavier), il buddy movie fraterno, gli sdolcinati moralismi prodotti dalla PlanB di BradJen, la gerontocrazia d'Eastwood, un "Rain Man" action sui problemi identitari ma con un'ironia da pre-3° millennio ("Papà era un adulto col Timex al polso. Era patetico, càzzo. Guarda. Lo vedi? Vale un anno dei suoi stipendi. Cosa pensi che direbbe?" "Segna la stessa ora del suo" [Pop was a fucking grown man wearing a Timex, dude. He was fucking pathetic. Look at that. See that? It's worth more than he made in a year. What do you think he'd say about this?" "He would say it's the same time on his watch"]), fieramente antinichilista ("Non mettere l'abito nero. Ti fa sembrare un becchino", "Don't wear your black suit. It makes you look like a mortician") e antitarantiniano (quante morti brutali fuori inquadratura?). Un anaffettivo che libera le sue e nostre potenzialità emotive.

Wilding  @  27/04/2025 10:43:03
   7½ / 10
Assolutamente migliore del primo capitolo, brillante e con intrepreti all'altezza.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento williamdollace  @  26/04/2025 13:23:30
   8½ / 10
A tutti gli effetti il cinema di Gavin O'Connor ha un unico concept autoriale. Diceva Camus «c'è la bellezza e ci sono gli oppressi. E per quanto difficile possa essere, io vorrei essere fedele ad entrambi» per O'Connor questa bellezza è il ritmo e lo spettacolo e per gli oppressi ci sono i protagonisti dei suoi lungometraggi. Il contabile già nel primo capitolo aveva mostrato tutto il suo potenziale e le sue fragilità, la sua solitudine, il suo essere suo malgrado un underdog. Il protagonista Christian Wolff, interpretato da Ben Affleck, ha una forma di autismo ad alto funzionamento, lo capiamo da alcune caratteristiche: difficoltà nelle interazioni sociali, iper-focalizzazione su compiti complessi e schemi ripetuti o comunque logici, comportamenti ripetitivi e rituali, grandi e geniali capacità con numeri e schemi, cresciuto in modo severo dal padre per sopportare "la vita reale". Nel secondo capitolo lo ritroviamo 9 anni dopo, con un "esercito" di adolescenti tratti da situazioni difficili nell'istituto che lui foraggia con i proventi delle sue missioni, un esercito di disfunzionali ad alto funzionamento, quell'istituto dove restò anche lui da piccolo e che poi trasformò in una fucina di dimenticati dalla società, di accantonati, ma non per lui, essendo dotati ognuno di eccezionali abilità, come in primis la sua assistente che comunica con lui in remoto e lo guida. In questo capitolo il dipartimento del tesoro chiede l'aiuto di Wolff attraverso vie ufficiose in seguito all'assassinio di un amico, scoprendo una cospirazione molto più grande, e dove Chris chiederà l'aiuto del fratello "normale" che avevamo già conosciuto come mercenario per missione alla fine del primo capitolo. Brax (The Bear), che scopriremo solo anch'esso, nevrotico, irrisolto, che in un momento di fragilità e di intimità fra i due invoca la compagnia di un animale domestico nella sua vita, per avere qualcuno a cui pensare, per avere una famiglia. Nella spietata rete di asssassini con cui si troveranno a che fare avranno modo di scovare un'altra ennesima outsider, e con essa un altro personaggio a lei legato che qui non dirò, simboli di emarginazione e genialità, imprigionati in un ruolo e non solo, dimenticati. Come lo era anche Ben Affleck nel The Way Back di O'Connor, Jack Cunningham, vecchia promessa del basket il cui talento era stato messo da parte per una strada di autodistruzione, tra spettri di sconfitta, vecchi conflitti familiari e tragedie personali e lì la questione è come arrivavi alla fine del metaforico Quarto, se eri in grado di rialzarti dopo le spinte, se le costole avrebbero retto a tutte le gomitate, se il fegato spappolato e i polmoni avrebbero tenuto, se sarebbe riuscito a fare quella finta e quel tiro da 3, perché è lì che inizia, si svolge e finisce il film, *ricominciando*, e non si tratta di retorica della vincita ma del vivere, e per vivere devi esserci, nonostante il bancone del pub sia una enorme calamita che succhia e ingoia solitudini e dolore, ma c'è altro, non si può essere qualcun altro, ma si può essere chi sei, meglio di chi eri ieri, anche qui una storia di bellezza e oppressi, di redenzione e solitudine, di outsider. Diceva Sir John Brannox in The New Pope di Sorrentino: "il dolore non ha alcuna gerarchia. La sofferenza non è uno sport, non c'è una classifica finale. Tormentati dall'acne, dalla timidezza, dalle smagliature, dal disagio, dalla calvizie, dall'insicurezza, dall'anoressia e dalla bulimia, dall'obesità e dalla diversità. Ingiuriati per il colore della pelle, per le preferenze sessuali, per il portafoglio vuoto, per le menomazioni fisiche, per i nostri litigi con i nostri anziani, per i nostri mai consolabili pianti e per l'abisso della nostra insignificanza, per le caverne delle nostre perdite, per il vuoto dentro di noi, per il ricorrente, incurabile pensiero di farla finita." Sono questi i personaggi che vuole portare nel cuore del suo cinema Gavin O'Connor, un unicum di outsider che hanno l'opportunità della loro rivincita, di trovare il loro posto nel mondo, anche nella zona d'ombra in cui vivono per carattere o per circostanze. Ed eccoci al secondo capitolo del Contabile, all'occasione di Christian Wolff, la seconda, di dimostrare che si può superare l'anaffettività, l'indifferenza selettiva del mondo, le proprie rituali liturgie maniacali, la condanna alla solitudine, per vivere e per aiutare i propri simili, i figli amari, l'amico morto, l'agente Medina addestrata dall'Fbi, il fratello assassino, la killer Anaïs trasformata in una macchina da guerra dai soprusi, dalle violenze. Tutti soli, come tutti bambini da proteggere all'Harbor Neuroscience Institute, il suo esercito di simili, tutti interconnessi eppure tutti soli eppure insieme, collegati dalla stessa condizione di penitenza e disagio, alla ricerca di una vittoria, di uno squarcio nelle simmetrie delle vite perfette là fuori alla ricerca della normalità ma senza snaturarsi, infine, il messaggio, perché non è una questione di sette di comportamento, ma di vivere al meglio, di essere "meglio" nell'essere fatti così, perché l'umanità non si misura in azioni celebri, ma anche in funzionali silenzi, continuava John Brannox "d'ora in poi non tollereremo di essere definiti un problema. Perché a dire la verità il problema sono loro, noi siamo la soluzione. Noi che siamo stati traditi e abbandonati, scartati ed equivocati, messi da parte e sminuiti" ma d'ora in poi non lo tollereremo più, sembra dire il cinema di O'Connor.

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