un anno con tredici lune regia di Rainer Werner Fassbinder Germania 1978
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un anno con tredici lune (1978)

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locandina del film UN ANNO CON TREDICI LUNE

Titolo Originale: IN EINEM JAHR MIT 13 MONDEN

RegiaRainer Werner Fassbinder

InterpretiVolker Spengler, Ingrid Caven, Gottfried John, Elisabeth Tissenaar

Durata: h 2.04
NazionalitàGermania 1978
Generedrammatico
Al cinema nell'Ottobre 1978

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Trama del film Un anno con tredici lune

Elvira, un transessuale, ha concesso un'intervista a un quotidiano per raccontare la sua esperienza. Pestata a sangue da un gruppo di teppisti, abbandonata anche dal suo compagno, Christopher, trova conforto e amicizia in Zora, una prostituta.

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Voto Visitatori:   8,33 / 10 (12 voti)8,33Grafico
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Voti e commenti su Un anno con tredici lune, 12 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Filman  @  30/03/2023 14:37:27
   9 / 10
In qualche modo, nell'arte, il razionalismo e il surrealismo sono due concetti che, per quanto dissonanti, si fondono con estrema facilità. Rainer Werner Fassbinder è solo l'ennesimo tra i grandi registi neorealisti ad essere stato inghiottito nella spirale della metafisica e dell'onirico. IN EINEM JAHR MIT 13 MONDEN (Un Anno con 13 Lune) è un capolavoro, un viaggio psicologico fatto di momenti chiave assurdi e di sequenze impressionistiche che ti immergono in delle acque che non possiamo riconoscere come reali e che però ti continuano a parlare di emozioni e sensazioni assolutamente umane. In una mente destinata a soffrire per il suo stato psicofisico, come quella di una persona transgender, le emozioni scivolano con semplicità mentre tutto il resto soffre il peso della confusione ed è esattamente di questo che il regista vuole parlare.

Danae77  @  03/07/2015 18:09:25
   8½ / 10
Tristissimo. Un uomo diviso a metà, le cui parti, una è distrutta e l'altra cancellata. Senza più la coscienza di un'identità, né la consapevolezza di cosa è diventato, ma soprattutto di cosa vuol essere....Allo stesso tempo traditore e tradito. Un inno alla vita che non ha offerto alcun modo di essere vissuta. Molto, molto bello.

Kit Carson  @  25/09/2014 21:00:27
   8½ / 10
Intimo, doloroso, pessimista, folle e grottesco, struggente. Una veloce parabola sulla impossibilità di essere felici in un mondo senza speranza. Splendidamente devastante.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  11/01/2014 19:32:31
   8 / 10
L'epilogo sarà anche scontato, ma "Un anno con tredici lune" è (a partire dal bellissimo titolo) un vero sconvolgimento emotivo. E badate bene, Fassbinder in quest'opera risulta molto più delicato e sensibile che in precedenza, meno cinico, in rapporto alla crudeltà della società de "Il diritto del più forte", ad esempio.
Non che non sia un film doloroso, questo. Scritto e diretto in fretta e furia, nato da un'esigenza artistica e sentimentale per esorcizzare, comprendere o analizzare alla meglio il dolore provocato dal suicidio del suo compagno, "Un anno con tredici lune" è un altro importante tassello nell'estesa filmografia fassbinderiana, nonché un altro passo in avanti per quanto riguarda la maturità della stessa.
Scene a fortissimo impatto emotivo non mancano, ciò che impressiona è come stavolta l'autore tedesco sia riuscito a renderle scioccanti con la dissonanza tra ciò che ci viene mostrato e al contempo quello che viene narrato, o dialogato, o monologato per bocca dei protagonisti: la sequenza del macello è da manuale in tal senso, ma citerei anche quella molto più "digeribile" eppure trascinante che riguarda il lungo monologo della suora che ricorda l'infanzia di Elvira.
Ed è proprio Elvira, uno strepitoso Volker Spengler, che magnetizza l'attenzione del film e diviene uno dei migliori personaggi partoriti dalla mente di Fassbinder. Realistico, poco macchietta, dolce e sensibile, troppo, ella è una delle innumerevoli vittime della società cosi tante volte mostrate dall'autore tedesco. Ciononostante Fassbinder fa partire il film con scene di una certa violenza fisica e psicologica e lo continua in una strana atmosfera grottesca, per nulla rispettosa delle aspettative che mi ero fatto (difatti mi aspettavo una pellicola violentissima e disturbante), quando in realtà c'è il tempo anche per strani balletti dall'effetto grottesco/comico, e sprazzi di larga comprensione da parte di alcuni personaggi verso Elvira. Ma in un anno con tredici lune ci vuole qualcosa in più della comprensione accondiscendente. E Fassbinder con quest'opera, stranamente una delle sue più delicate e "sensibili" verso il suo personaggio, pare lamentarsi con i guaiti di un lupo ferito dalle avversità della vita, divorato dai sensi di colpa. Non basta il definitivo gesto della suora nel finale ad esorcizzare lo spettro di parole che vagano e il disco incagliato che ripete sempre la stessa nenia monotona. Esperimento che sfasa la realtà, ripreso da David Lynch in uno dei momenti più belli e terrificanti di Twin Peaks, ma sul fatto che abbia visto il film di Fassbinder non ci metterei la mano sul fuoco.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  19/10/2012 19:22:45
   8 / 10
E' uno dei film più angoscianti che abbia mai visto. Alla fine della visione ero piuttosto scosso e ho pensato a lungo alla vicenda.
Racconta le ultime giornate (due, ma la scansione temporale è volutamente vaga) di un transessuale (un uomo che ha cambiato sesso per ragioni che nel film non vengono spiegate in maniera precisa), che si trova ad essere abbandonato e rifiutato da tutti, senza più prospettive o ragioni per vivere.
E' evidentemente un film metafora (come lo sono quasi tutti i film di Fassbinder) sullo scacco della condizione esistenziale e intellettuale umana (viene in mente "Il diavolo probabilmente" di Bresson) e sull'impossibilità per una persona "diversa", senza attrattive, senza valore di essere accettata dalla società e di poterci vivere. La forma del melodramma alla Sirk è qui privata di qualunque consolazione e portata alle sue estreme conseguenze di scacco, sconfitta e dolore.
Un film quindi molto duro, triste. In più questo è forse il film più emotivamente intenso di Fassbinder (in genere i suoi film hanno un'atmosfera distaccata e fredda). Il regista infatti aveva subito un gravissimo lutto (il suo compagno si era suicidato) e questo film è un tentativo di esame e di comprensione di ciò che può spingere qualcuno al gesto estremo. Il film quindi corre su due piani paralleli, quello della pietà e del dolore nei confronti di un essere umano rifiutato da tutti e quello del distacco e della riflessione su come possa avvenire tutto questo.
La caratteristica formale del film è propria quella di sovrapporre immagini cruente, dolorose con discorsi esplicativi e distaccati; un contrasto veramente stridente e che colpisce, soprattutto nella scena del macello e nella scena finale. Quest'atmosfera fatta di contesti emotivamente dolorosi e di statica spiegazione razionale pervade tutto il film e lo rende particolare, facendone digerire la lentezza, la teatralità, la claustrofobia e l'inconcludenza.
Ciò che si coglie alla fine dal film è l'inevitabile esclusione dal vivere sociale di chi è diverso e senza pregi di sorta, come pure l'incomunicabilità, l'inconsistenza, l'impossibilità dei rapporti affettivi e amorosi fra le persone. Domina il cinismo e l'egoismo. Alla fine resta solo impotente pietà e muto dolore.
Era l'atmosfera cupa di sconfitta e disfatta umana che si respirava nell'arte della fine degli anni '70, la normalità di oggi.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  19/10/2012 17:52:24
   8½ / 10
"Sta qui il torto, nel fatto che ho bisogno che uno mi abbracci, mi accarezzi, mi baci."
Elvira è sete di sentimento, nulla di più pericoloso. Effimere espressioni di premura sono oppio per gli infelici. Elvira si svuota in un amore inginocchiato, qualcosa di simile a una religione. La trasformazione sessuale è un sacrificio all'altare di Anton. Un uomo che ha del mitologico, con la sua dimora labirintica, sovrabbondante di stanze, preservata da una parola d'ordine.
La ricerca e il ritrovamento dell'amato perduto non hanno alcun esito liberatorio. Elvira torna a casa ulteriormente umiliata, e di nuovo elemosina affetto, di nuovo sottopone il corpo ad un'alterazione innaturale. Accorcia i capelli e indossa abiti maschili, tenta di assumere le parvenze di un padre.
E' troppo tardi, realizza di vivere in un presente miseramente nostalgico, ancorato a sentimenti che per tutti gli altri sono già morti.


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Elvira è pervasa da una fragilità insana molto vicina a quella che fu di Petra Von Kant. Abbandona ed è abbandonata, genera solitudini ed è solitudine essa stessa. Come una bestia in fase di macellazione, firma e subisce uno spettacolo nauseante.
Fassbinder conduce un gioco visivo di lontananza e vicinanza, di morbosità e discrezione, di luci bianche e luci rosse. Le parole aggiungono note di dolore e farneticazione.

2 risposte al commento
Ultima risposta 19/10/2012 20.13.59
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Beefheart  @  10/01/2012 16:41:34
   7½ / 10
Drammone pessimista e grottesco a sfondo socio-esistenziale nella Germania degli anni '70. Film psicologicamente violento e cattivo sia a livello visivo che concettuale. Recitazione intensa, fotografia spenta e ottima regia; purtroppo un po dilatato in alcuni passaggi. Ovviamente non è un film piacevole ma efficace e funzionante senza dubbio.

Jumpy  @  28/09/2011 00:56:43
   7½ / 10
Amarissimo, crudo, cinico, a tratti straziante, il dramma di una persona destinata (forse anche rassegnata) all'infelicità, da vedere se si è cinefili davvero incalliti, personalmente, l'ho trovato un indigeribile mattonazzo.

paride_86  @  28/12/2008 02:53:45
   7½ / 10
Mi piace molto Fassbinder perché è un regista onesto con i suoi personaggi (vedi "Martha", per esempio); in questo film, invece, Elvira è una vittima assoluta della società, dei suoi amori, dei suoi amici. Ecco, tutto ciò mi è sembrato un tantino eccessivamente melodrammatico, anche se d'altronde la pellicola è stato girata in soli 25 giorni in seguito alla morte di un caro amico di RWF, quindi forse quest'atteggiamento trova una convincente spiegazione nella biografia del regista. Il film a tratti è pesante, ma contiene delle scene da manuale ed episodi davvero toccanti. Molto bella anche la fotografia, curata da Fassbinder stesso.

ds1hm  @  04/04/2008 13:34:47
   9 / 10
amaro e sofferto come ogni diversità, come quei film che per assurdo senti che non vogliono svelarsi, immischiarsi nella normalità, per questo si ricorre agli eccessi, per questo si rinasce dopo certi film perchè ti hanno fatto un pò morire.

1 risposta al commento
Ultima risposta 15/04/2008 23.06.44
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Sanjuro  @  10/12/2007 09:38:01
   10 / 10
Un anno con 13 lune è quello che accade quando non è presente totalmente ne l'impronta d'avanguardia ne quella narrativa. Il narrativismo accompagna la pellicola come un caldo giro di basso sul quale si stagliano mostri felliniani, clowns, freaks, suicidi e balletti grotteschi. Non sono più del parere che bisogna dire qualcosa in merito ai film, i capolavori dovrebbero rimanere indicibili e inauditi: morire nel rapporto carnale tra occhi e schermo. Fassbinder indicibile

Crimson  @  19/09/2007 20:00:38
   8 / 10
Meraviglioso e spietato ritratto, forse uno dei film più duri di Fassbinder, a livello emozionale tocca forse ancor più nel profondo di 'querelle de brest' pur pagando probabilmente una prima parte un pò confusionaria e scialba.
Un'identità contorta e confusa, impossibilitata a districarsi dall'idealizzazione dell'oggetto amato: c'è tanto di borderline nell'eccezionale ritratto di Elvira, interpretato peraltro magistralmente. Un film ridondante di parole, di eccessi, pefino grottesco ma devastante quando vuole.
Dalla suora che legge Schopenhauer al folle Zaiss, una figura distruttiva all'ennesima potenza, che detesta persino sè stessa.
E poi la scena del balletto a-la Jerry Lewis, totalmente folle.
L'impossibilità della felicità, questa parola che non si addice all'essere umano e alla sua relativa imperfezione e incapacità affettiva di poter raggiungere un siffatto stato, specie quando nasce nell'anno delle tredici lune.
Mal digeribile la scena degli sgozzamenti delle mucche.

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