Dopo la morte di Jung-bae, quello che troviamo all'inizio è però un Gi-hun profondamente diverso. Affranto, sembra aver perso ogni speranza, tanto da arrivare a chiedere di ucciderlo alle tute rosse nel dormitorio. Non ci vuole molto, tuttavia, prima di assistere a una sua nuova trasformazione.
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La terza stagione la vedo più come una stagione 2 - parte 2. Il top è il secondo episodio: il più bello ed emozionante, anzi direi quasi devastante per le perdite. Poi purtroppo le dinamiche si ripetono e diventa quasi un copia-incolla delle situazioni già raccontate. In generale se fossi stato lo sceneggiatore, avrei cambiato alcune cose.
Prima di tutto far uccidere i migliori personaggi così presto, non è stata una gran trovata. Gli episodi finali sono meno interessanti con quei personaggi che erano solo da contorno. "Non siamo cavalli. Siamo umani... siamo..." frase non finita. Gli sceneggiatori non si volevano prendere la responsabilità di dirlo?! Gi-hun si suicida, OK ci sta, e l'eroina che si punta il fucile addosso vede la neonata: non si spara perché il suo spirito materno le suggerisce una nuova "figlia". E' molto bella questa prospettiva, ma purtroppo non prende forma e Squid Game finisce con il dono della neonata al detective. Ma che c'entra il detective? Amarissimo invece l'incontro del front-man con la figlia di Gi-hun. Cate Blanchett appare negli ultimi dieci secondi. Se è per far venire voglia di una "quarta" stagione, beh a me no. Altra spiacevole mancanza: il front-man era un giocatore, e ci viene illustrato da pochi flash-back. Un vero peccato che il suo passato non venga spiegato a dovere.