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Kaufman ci regala ancora una volta una trama brillante e a dir poco surreale. La figura del burattinaio usata come brillante metafora del ruolo di un attore: Così come il primo costruisce le proprie marionette per" diventare qualcun'altro" anche l'attore ,nelle sue molteplici interpretazioni di vari personaggi, deve sempre "diventare ciò che interpreta". Non è forse in tal senso quest'ultimo il burattinaio di se stesso? E allora logico che" i due io" riescano a compaciare alla perfezione trovando piena e armoniosa fusione sia fisica che metaforica. Ma il film non è solo questo: è il viaggio prima degli altri dentro l'io, poi dell'io dentro il proprio inconscio, ed infine degli altri nel subconscio dell'io. E per quanto la trama possa essere complicata , bisogna dare merito a Jonze di averla resa di facile comprensione delineandola in maniera semplice e lineare. L'unica pecca è che il film non si sofferma ad affrontare le questioni filosofiche che tali "viaggi" comportano. Ed è questa la differenza tra un gran film ed un capolavoro.