la donna che visse due volte regia di Alfred Hitchcock USA 1958
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la donna che visse due volte (1958)

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locandina del film LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE

Titolo Originale: VERTIGO

RegiaAlfred Hitchcock

InterpretiJames Stewart, Kim Novak, Barbara Bel Geddes, Tom Helmore, Henry Jones, Raymond Bailey

Durata: h 2.08
NazionalitàUSA 1958
Generethriller
Tratto dal libro "D'entre les morts" di Pierre Boileau e Thomas Narcejac
Al cinema nel Gennaio 1958

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Trama del film La donna che visse due volte

A causa delle sue vertigini, l'agente Ferguson è a riposo per non aver impedito un incidente mortale a un collega. Un amico gli chiede di sorvegliare sua moglie, che ha manie suicide. Di fronte a Ferguson, paralizzato dalle vertigini, la donna si butta da un campanile, o almeno così crede il povero agente. Ma un giorno un incontro casuale rimette tutto in gioco.

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Voto Visitatori:   8,70 / 10 (203 voti)8,70Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
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Voti e commenti su La donna che visse due volte, 203 opinioni inserite

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stratoZ  @  08/09/2023 18:56:06
   10 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Oggi non ho voglia di fare una recensione lineare, quindi cercherò con pochi punti di spiegare perché per me Vertigo è uno dei film più belli di sempre.

- Ossessione: l'argomento principale del film, fondamentalmente l'opera si basa sull'ossessione di Scott verso Madeleine o ciò che rappresenta, Hitchcock ha dimostrato nel corso del tempo di saper mettere in scena storie d'amore morbosissime ben oltre il limite della patologia, Vertigo non fa eccezione, Scott probabilmente non si innamora neanche della donna in se, è ormai ossessionato dall'idea di essa, dal fascino misterioso e sfuggevole che l'adorna, l'opera va a scardinare i delicati meccanismi psicologici che regolano questo feticcio. Il ricorrente e ossessivo gesto di tornare negli stessi luoghi, il voyeurismo iniziale nelle scene di pedinamento, i simboli ricorrenti, non fanno altro che prima accendere e poi alimentare l'ossessione di Scott che inevitabilmente va verso una discesa nella morbosità, tanto che una volta ritrovata l'amata o comunque una che gliela ricorda cerca di ricostruire minuziosamente l'oggetto del suo desiderio.
Una visione del tutto personale che potrebbe non centrare nulla: conosciamo tutti la visione particolare che Truffaut aveva di "Rear window", in breve: l'opera che tramite i suoi simboli diventa metafora dello schermo cinematografico o teatrale che sia. Bene io nel comportamento minuzioso e ossessivo di Scott per ricostruire Madeleine tramite Judy che dovrebbe ricordargliela ci vedo pure uno spunto metacinematografico, come se Scott fosse il regista che cura nel minimo dettaglio il suo personaggio per renderlo il più fedele possibile a quello che ha in mente, anche i passaggi sono praticamente gli stessi, dai costumi, trucco, parrucco e anche dall'impostazione gestuale che cerca di imporgli mi ha dato questa impressione ma è del tutto personale.
La straordinarietà di Hitchcock sta anche nei piccoli dettagli, Scott che si struscia così morbosamente sul viso di Madeleine prima che lei salga sul campanile la prima volta rende meravigliosamente l'idea dei sentimenti provati e del legame a metà tra il carnale e il mistico che avvolge la coppia.

- Ambientazione: uno dei punti forti dell'opera è pure la splendida ambientazione che ci riserva, dal momento in cui Scott prende l'accordo col suo vecchio amico entra in questa atmosfera sospesa, come un vero e proprio viaggio che da la sensazione di essere tra sogno e realtà ma soprattutto tra vita e morte, basti guardare anche gli ambienti scelti appositamente, posti vetusti come il cimitero, il museo, il parco delle sequoie e infine la missione spagnola con il campanile. Tutti posti in cui aleggia la morte intesa come quell'eterno riposo dal fascino immobile e seducente, luoghi dove l'eternità prende il sopravvento sul presente, ci aiuta parecchio anche la fotografia fosca che in quei momenti si imprime sulla pellicola, è però la regia di Hitchcock ad aumentarne esponenzialmente l'effetto suggestivo, prima nelle sequenze di pedinamento, tra le mie parti preferite del film e del cinema in generale, piene di soggettive di Scott e controcampi, tutto in silenzio accompagnato dalla solenne quanto inquietante colonna sonora di Herrmann, che qui ha fatto un lavoro straordinario come al solito, a rappresentare una visione della realtà filtrata dalla mente di Scott già in estasi quanto incuriosito dal mistero che avvolge la vicenda.
Era il 1958, il cinema lisergico non era ancora esploso, queste sequenze a metà tra la realtà e l'onirico influenzeranno ancora per tanto tanto tempo le visioni degli autori moderni a contemporanei, Hitchcock con i suoi ritmi dilatati e la narrazione lineare da cinema classico si pone a metà tra le due sponde.
Aggiungo che in questo film Alfred non mette il carico con la suspense come fa di solito, non ci sono scene così particolarmente piene di tensione, almeno non come in buona parte del resto della sua filmografia, sembra prendersi una pausa dalla codifica della suspense e dedicarsi all'atmosfera.

- Da questo spunto mi ricollego ad un ulteriore punto che porta il film ai vertici della filmografia mondiale, e parlo di quell'influenza enorme che ha avuto sull'estetica pop, sia le visioni di Scott dopo l'incidente del campanile, in preda ad un misto di sensi di colpa, malinconia e ossessione con i loro colori vividi, quei fiori che vanno a scomporsi quasi come fosse un cartone animato, la testa del protagonista in quel mix di colori e motivi che ricorda la vertigine e poi le visioni da incubo filtrate da quelle luci che sembrano dei predecessori dei neon nei film dei decenni successivi, elementi tutti che verranno ripresi in futuro e avranno un'influenza enorme, per non parlare dei momenti in hotel con quella luce verde dell'insegna che disegna la silhouette di Judy in un momento di estremo fascino, tra l'altro con una valenza espressiva fortissima come ci mostra il primo piano successivo con metà volto illuminato e metà totalmente buio, a tirare in ballo non soltanto la tematica del doppio già ampiamente vista nel film quanto anche il contrasto tra vita e morte che attanaglia il personaggio, Alfred aveva queste trovate.

- Sceneggiatura anticonvenzionale: ora io non penso che Vertigo abbia poi una storia così complicata, anzi anche per il periodo il soggetto era abbastanza basico, considerato che la hollywood classica era più che matura, che tra gialli, noir, thriller e compagnia bella sia Alfred che gli altri compari si erano sbizzarriti abbastanza a trovare soluzioni narrative, Vertigo tuttavia offre una splendida rottura delle convenzioni proprio a livello di struttura, non è tanto il colpo di scena in se che stupisce quanto come la sceneggiatura lo minimizzi totalmente, un colpo di scena che secondo gli archetipi dei thriller di allora sarebbe stato messo alla fine ed epicizzato all'inverosimile qui viene congedato in pochi secondi, quando manca ancora più di mezz'ora di film tramite una lettera che poi viene pure strappata e non se ne fa nulla, solo che ora lo spettatore sa, un modo come un altro di Hitchcock di piegare al suo volere la sceneggiatura - è sempre stato uno secondo il quale lo spettatore doveva sapere di più dei personaggi, è alla base della suspense - e quindi puff, colpo di scena buttato lì, si ok ma ora parliamo della sua ossessione dai, guarda con che estetica meravigliosa la rappresento, e ci ha pure ragione.

- E infine l'innovazione registica, diciamo che non capita tutti i giorni che un film proponga per la prima volta una trovata come l'effetto vertigo, tra l'altro così contestuale e con un'importanza così legata alla narrazione, semplicemente geniale, qui non mi voglio dilungare oltre.

Se ne potrebbe parlare ancora all'infinito, gli elementi straordinari del film sono ancora tanti, dalla colonna sonora di Herrmann, perfetta per l'opera e per l'atmosfera di morte che si porta dietro, persino i titoli di testa di Saul Bass con le iconografie della spirale che poi saranno ricorrenti nella pellicola, wow.
La direzione di alcune scene è semplicemente commovente, ho già parlato ampiamente del pedinamento ma la sequenza finale con Scott che si trascina Judy su per la torre sfidando anche le proprie fobie pur di arrivare a tagliare la propria ossessione, con i due corpi che si struggono per salire come se lottassero contro forze ancor più potenti, straordinario. Arrivando alle interpretazioni incredibili, Jimmy Stewart così ossessionato e sognante, con quegli occhioni spalancati nei primi piani in cui viaggia stupito nella sua stessa psiche compromessa, Kim Novak di un fascino indescrivibile, a proposito di lei, mi viene in mente un'altra questione: parliamo di un personaggio che è la femme fatale del noir portata alle estreme conseguenze, ma con elementi visivi molto più moderni dei film del genere (che ai tempi era sul viale del tramonto, anche verso la fine, Quinlan escluso che sarà dello stesso anno), sarà che questo film tra gli incredibili meriti ha pure quello di aver influenzato almeno in parte il neo-noir? Who knows….

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