Gli anni d'oro dell'eccentrico miliardario Howard Hughes, industriale, produttore, regista, progettista e aviatore, ma ancora più celebre per i suoi amori per le dive più belle e famose dell'epoca.
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VINCITORE DI 5 PREMI OSCAR: Miglior attrice non protagonista (Cate Blanchett), Migliore fotografia, Migliori costumi, Migliore scenografia, Miglior montaggio
VINCITORE DI 3 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior film drammatico, Miglior attore in un film drammatico (Leonardo DiCaprio), Miglior colonna sonora (Howard Shore)
Quello che alla fine rimane di un film come The Aviator, spiace dirlo, è la fastidiosa sensazione di una somma che non è all'altezza degli addendi. Guardando i nomi in gioco e le singole componenti sullo schermo non si capisce come arrivati alla fine ci si senta preda di un senso di incompiutezza, un retrogusto di insoddisfazione difficilmente esprimibile.
Perchè da una serie di elementi praticamente perfetti - storia ricca ed interessante, ricostruzione d'epoca precisa, costumi e scenografie magnifici, scene di volo mozzafiato - non nasce un'emozione e non si trasmette quella passione che dovrebbe essere alla base della pellicola? La vita di Hughes è stata sì avventurosa, tormentata e piena di donne, ma agli occhi dello spettatore tutto questo è presentato in maniera decisamente troppo elencativa, complice un montaggio che inficia non poco il ritmo del racconto, rendendolo macchinoso e pesante in alcune parti e superficiale in altre (cosa assurda parlando di un film che sfiora le tre ore). I momenti migliori sono sicuramente quelli riguardanti la lavorazione di Hell's Angels e la relazione del protagonista con Katherine Hepburn, entrambi situati nel primo tempo della pellicola, non a caso di gran lunga superiore al secondo.
Il resto degli episodi oscilla tra un poco approfondito svolgimento (la presenza di Ava Gardner) ad un prolisso sviluppo (la lotta con la PanAm e le udienze pubbliche) ad un modo di presentare gli eventi assolutamente didascalico (la malattia mentale). Al di là di questo, troppe vicende e personaggi in questa storia sono semplici comparse senza un minimo accenno di sviluppo e di personalità: problemi che sorgono a livello di sceneggiatura, essendo il film registicamente diligente (se dietro la macchina da presa ci fosse stato Ron Howard vi sareste sorpresi?), lontano anni luce dallo stile personale di Scorsese. Ed anche questo non sorprende affatto, essendo Aviator una pellicola nata "da Oscar" e da questo destino segnata. Percorrere il non facile territorio dei film biografici è riuscito a pochi ed ha fatto premiare molti, spesso senza merito (anche se è difficile parlare di meriti in una cerimonia come gli Oscar...).
Degne di nota tutte le performance degli attori, in primis Leonardo Dicaprio che si è messo d'impegno per risultare credibile e riuscendoci in gran parte della storia (un po' meno nei momenti di follia, effettivamente non molto convincenti - ma non solo a causa sua). Sorprendente Cate Blanchett nei panni della Hepburn, forse il personaggio meglio delineato e sfaccettato. Gli altri non hanno molto spazio vitale e fra loro risalta certamente Alan Alda nei panni del Senatore Brewster, seguito dalla fugace apparizione di Jude Law come Errol Flynn (e fortunatamente Gwen Stefani compare solo per un minuto).
The Aviator rimane un grande film sulla vita di un grande personaggio, affascinante anche se appesantito dai suoi difetti. Come tutti i colossi pecca in presunzione, credendo di poter piacere ed avere successo mediante la messa in scena di eventi "più grandi della vita stessa", rimandendone irrimediabilmente travolto. Spesso perdendo di vista quello che dovrebbe mettere a nudo per svolgere veramente il suo compito finale. L'anima.
Buon film anche se la durata è eccessiva ed a tratti si tratta di un film un po' lento! Ottima la regia di Scorsese, non so però se il film avrà il successo che molti si aspettano in prospettiva Oscar! E' una storia vera, raccontata giustamente con gli elementi piacevoli ed anche tristi, manca un po' il ritmo, ma tutto sommato ne esce con una più che sufficiente valutazione non fosse altro che per la realizzazione!
bel film...leonardo di caprio molto bravo...le uniche note negative sono : 1. la durata...3 ore sono troppe da reggere 2.il finale è un po'sospeso...comunque il voto sarebbe 8,5
Ma è lo stesso che ha fatto Casinò e quei bravi ragazzi? E il RITMO dove è andato a finire? E quel modo di darci emozioni che ti aspetti, che cresce culmina esplode, poi cresce ancora culmina ed esplode? ... ma la vita mica è una lunga attesa per il gran finale!
Dopo tanti anni e tanta esperienza, si cambia. E poi la biografia è quella, il personaggio è difficile ... perchè enfatizzarla?
Qui cosa finisce? Chi muore? Quale grande amore? ... il sogno raggiunto è un passaggio per cadere dentro altre manie, altre fissazioni.
Ci son tante valide persone che non sono spassose ... e così sarà anche per le pellicole. Questo film non diverte più di tanto, ma può far star male.
... ed è una brutta cosa? Il bel commento di kowalsky dice che questo film nella seconda parte esige l'esaltazione massima del personaggio, richiesta assai sofferta per un pubblico che stenta a iniettarsi identità altrui. Sta qui il problema. Se ti lasci inquinare il sangue dal protagonista, allora t'indentifichi, e ci vai dentro di testa e di stomaco, e puoi anche star male e vedere che quella è la più grande e rara interpretazioni di Di Caprio.
(le mie mani possono creare tutto questo/il prezzo del futuro) Biopic atemporale e tridimensionale: Scorsese ha distrutto in questo modo l'archetipo mitizzato delle grandi figure del xx secolo, mostrandoci quanto il vuoto di oggi sia già nell'infinita iconoclastia di allora. Non si può capire o apprezzare un film del genere senza entrare almeno un pò nelle vesti del personaggio, e del resto solo ora - dopo molti anni - il cinema recupera il ritratto come forma di necessità storico-sociale. Hughes è modernissimo, il germe che ha seminato diversi mostri di oggi, giganti finanziati dalle banche di mezzo mondo - anche un certo presidente del consiglio, ehm - capaci di mettere in ginocchio il sistema economico proprio partendo dall'infallibilità individuale del proprio sogno. Ma c'è anche di più: il prezzo del futuro si paga, evidentemente, e vittime dello stesso sistema non sono certo meno migliaia di occidentali che hanno vissuto e continuano a vivere - indipendentemente dalle loro ambizioni più o meno celate - al di sopra delle proprie possibilità. Gente attratta dalla cultura economico-sociale di una strana lobby di potere. Non si svegliano pensando a Hughes o a Bill Gates, ma desiderano vivere come loro. Sogno, invenzione, volo: il cinema è viatico per la propria propaganda /immagine, è mezzo da collaudare e successivamente distruggere. Hughes desidera forme auliche anche per le star, si presenta davanti a un codice Hays (quello della censura cinematografica degli anni trenta e quaranta) turbato più dalle protuberanze generose di Jane Russell che dal ben più evidente intreccio omosex di "il mio corpo ti scalderà" (il primo e fra i pochi western gay della storia). Guardando il film, nasce e muore il sogno americano vigente, ma soprattutto implode, desiste, tutta la sollecitudine di un'ambizione suprema, tutto lo smacco di un delirio d'onnipotenza che più è Divinizzato meno teme il confronto con la Creazione si avvicina pertanto a una scientificità insondabile, tranne per le rare concessioni secolari dell'evento, ossigeno e idrogeno, combinazioni (apparentemente) inconciliabili. Ma ciò che affascina di Hughes potrebbe essere: A) ED WOOD - Nel gioco tra megalomania e trash, il sogno prefissato resta lo stesso (l'ambizione rispecchia due lati della stessa medaglia: il liberismo sfrenato e il socialismo utopico) B) Il professor Nash di A BEAUTIFUL MIND: l'homus, il genio multiforme ossessionato dai codici come l'Hughes dalle immagini - Icaro che spicca il volo verso l'impossibile ma teme "di giocarsi il cervello" e la mano che diventa ossessione igienista ai limiti della follia, come i numeri del codificato Nash C) DOCK OCK di SPIDERMAN II - Combinando una fusione energetica senza precedenti, il Mostro si autodistrugge (diventando alchimia di se stesso) D) CITIZEN KANE (o William Randolph Hearst) Il potere, suggerisce Welles, logora chi ce l'ha Hughes è l'uomo che smonta, rimonta, revisiona, collauda: splendidamente nudo davanti alla sublimazione passiva della sua arte, solo con se stesso, l'artista descrive l'impotenza del momento, o il declino del futuro prossimo L'uomo che rinasce dalle ceneri come la fenice, che muore più volte e sempre verrà salvato, che non è più neanche vita ma icona, e affronta con sprezzante cinismo una commissione d'indagine vagamente maccartista, finendo con l'ennesima sfida da vincere L'uomo che aveva un sogno e l'ha realizzato. Il rivoluzionario che non vuole conoscere i propri limiti ma dentro di sè è affetto da una grave forma paranoica, l'orrore per la folla non è esattamente l'oltranzismo reazionario (per l'epoca), borghese-socialista di Katherine Hepburn, pasionaria e anticonformista anti-star L'uomo che brucia le vesti, in un'abluzione igienica, e torna al mondo con le insostituibili scarpe da tennis, è già un'altro Hughes ma è sempre lo stesso in verità L'uomo che - come Scorsese- affronta l'innocenza del cinema nel suo massimo delirio tecnico, e rischia di suo, il vertice (come i piani sequenza più volte reintrodotti à la quarto potere - come il fuoco che logora da lontano un'immagine che è repertorio e al tempo stesso verità e ancora bugia - cfr. Casinò, Goodfellas) di rara bellezza e implacabile freddezza. Verboso nella seconda parte, ma capace di esigere l'esaltazione massima - richiesta assai sofferta per un pubblico che stenta a iniettarsi identità altrui - del personaggio. E' possibile che la rivoluzione possa essere preda del conformismo vigente? Eppure a tratti si direbbe di sì. Su molto dell'Hughes eterno (sopravvissuto, morto vivente, decaduto, larvato) non si dice nulla, ed è meglio così. Sarebbe una successiva inquietudine quella che Scorsese coglie abbozza nel suo psicodramma biografico: non sapremo di Lee Oswals e dell'indiretta relazione con l'omicidio Kennedy, nè del finanziamento a Nixon per la guerra in Vietnam, nè del nome Hughes che emerge astrattamente tra gli archivi proibiti del watergate. Sarebbe troppo: sarebbe spogliare (per poi rivestire di qualche polemica presto sedata) gli Usa dalla loro ambiguità collaterale, da questa cruciale e dolorosa ricerca di democrazia. E allora tanto vale riaprire gli occhi al cielo, possedere l'istante - bellissimo - in cui Hughes-Di Caprio vola sopra ogni cosa, l'ocd e la pazzia, l'urina sterile e Ava Gardner, l'fbi e la seconda guerra mondiale dopo l'antitetico new deal di roosevelt, con l'aereo più grande del mondo, oltre le ossessioni, la fama, la rko e il disprezzo per i limiti dell'uomo. Il prezzo del futuro, appunto
The Aviator è la parabola discendente di un miliardario americano. Howard Hughes ha qualcosa di eroico ed epico come i miti classici votati alla grandezza. E alla conseguente (auto)distruzione. Come per i miti classici si profila la tragedia. Non c'è la celebrazione fatua della grandezza del mito americano e del self-made man, semmai c'è la celebrazione di una volontà estrema e folle di creatività e di superamento continuo di se stessi e di ogni limite. Nel film c'è al contempo ammirazione e presa di distanza dall'etica di Hughes, per questa sua determinazione napoleonica (hitleriana?) di conquista. Hughes, nel film, è un personaggio tutto sommato negativo. Scorsese riesce a raccontare le sue gesta, i suoi slanci e le sue cadute, metaforiche o meno, senza farne un'apologia lambiccata. Ne fa piuttosto un ritratto lucido e vibrante, spesso amaro, di un personaggio quasi donchisciottesco che si muove determinato ma vacillante sul baratro della follia a cui tenderà sempre di più. Minato costantemente dalla paranoia igienista dell'infezione. Anche la scoppiettante e travolgente ascesa dell'America del New Deal, della vittoria bellica e del suo nuovo ruolo di superpotenza mondiale ha le sue ombre. Dove il sogno americano è spinto al parossismo e portato alle sue estreme conseguenze. Hughes non cerca rozzamente di far soldi e di raggiungere/conservare una posizione di dominio e privilegio tra le star di Hollywood, dell'industria e del capitalismo USA, ma di superare continuamente se stesso, di lasciare qualcosa di grandioso, anche a costo della propria rovina finanziaria e fisica. Scorsese poi ritrae Hollywood nella sua grandezza e vanità, con la follia latente che la circonda e che forse ne è proprio la sua forza creativa e rigenerante; oppure distruttiva, come nel caso di Howard Hughes.
Un bel film sicuramente, la storia è buona e non scontata, la regia è impeccabile e la fotografia curatissima, la lunghezza del film è scusabile solamente con l'enorma sfaccettatura psicologica del personaggio, ma scorsese secondo me le sa rendere molto meno pesanti di quello che avrebbero potuto essere...encomiabile anche la resa di pezzi di musica classica in diverse scene...rese suggesive e godibili. Il protagonista assomiglia maledettamente (credo anche che Scorsese abbia tratto buona ispirazione da lui) a Charles Foster Kane del capolavoro di Orwell, stessi baffetti, stessa pettinatura (anche se in quegli anni si usava molto, ma nel film di scorsese non molti l'avevano), stesso sguardo arcigno (a volte anche in senso buono) e stessa cocciutaggine e intraprendenza negli affari del protagonista di Quarto potere. Comunque un film da vedere.
Film prettamente americano, una Storia dell'America.Film buono ma è come se gli americani si dovessero sorbire 3 ore della vita di Gianni Agnelli.Perchè ci dobbiamo sorbire 3 ore sulla vita sregolata e pazzoide di tale Howard Hughes.Nessuno è bravo come gli americani ad aver fatto di un mito cinematografico la loro insulsa Storia.Noi in proporzione ne avremmo dovuti fare 10,000 film in piu' delle nostra Storia da Roma antica a Berlusconi.Onore al merito degli americani
di caprio è bravissimo, non ci sono dubbi. il film però è molto slegato e incompiuto, troppo incentrato sulla psiche di hughes, che potrebbe essere una scelta rispettabile se non portasse come conseguenza la trascuratezza nei personaggi di contorno. diciamo che parte male e poi si riprende nel secondo tempo, ma lascia davvwero l'impressione di un film buonino e nulla più... sicuramente l'Oscar se lo merita Leo, non Scorsese
Bel film, nessuna recriminazione. Il mio voto è 7,5. Di Caprio eccellente, l'avevo visto così convincente solo in "Prendimi... se ci riesci" di S.Spielberg. La Blanchett mi è piaciuta pochino sinceramente, le altre donne sono marginali, ma ho trovato ottimi gli attori maschili che ruotano intorno ad Howard, nel bene e nel male. A livello di fotografia, costumi, musiche e ricostruzione storica credo che si rasenti la perfezione. Scorsese non sbaglia, ma a tratti il film temporeggia un po' troppo e diventa pesante.
Una sorta di filmone americano moderno,diverso dalle solite pellicole brillanti. Un Di Caprio stupefacente e a circondarlo un cast altrettanto ottimo. Trucco e inquadrature invidiabili,per alcuni versi un pò strano e psicotico. Arriva forte il sentimento e la voglia di combattere per riuscire. Scorsese divino. Si riconferma uno dei migliori. Un pò troppo lungo ma da vedere.
Bellissimo!!! Sceneggiatura ottima, scenografie ottime, regia meravigliosa (Scorsese veramente incredibile), Cate Blanchett in stato di grazia e un Leonardo DiCaprio così bravo non me lo sarei mai aspettato! Capolavoro vero non so immaginare come spendere meglio 6.50€!!!
GRAN BEL FILM!GRANDE SCENEGGIATURA,GRANDE REGIA,GRANDE CAST,E STRANAMENTE PER ME,GRANDE LEONARDO DI CAPRIO!UN FILM DALLE FORTI EMOZIONI E CHE FA CAPIRE QUANTO I SOLDI NELLA VITA NON SIANO TUTTO.NON HO DATO DIECI SOLO PERCHè SECONDO ME PER QUANTO UN FILM POSSA ESSERE BELLO,TRE ORE SONO DIFFICILI DA SOSTENERE!