Ed anche quest’anno ci siamo: dal 9 al 17 novembre avrà luogo il Festival Internazionale del Film di Roma, il più amato dai Veltroni di tutta Italia.
Quest’edizione si presentava densa di rinnovamento: finalmente si è deciso di svecchiare il Festival, e quindi via Gianluigi Rondi, l’uomo bicentenario, e via Piera Detassis, più attenta all’aspetto patinato che alla sostanza delle cose! Vogliamo volti giovani per un festival giovane, gente fresca, carina e brillante, perché il cinema è anche questo, eppoi in tempi di rottamazione meglio stare al passo.
Spazio ai giovani, dicevamo: giusto quindi che a rimpiazzare Rondi sia quel giovincello di Paolo Ferrari (che era già anziano quando stalkerava giovani casalinghe a colpi di
fustini Dash) e che il posto di Direttore Artistico passi dalla Detassis a quel novellino esordiente di Marco Müller. Ora, io non lo so se questo tizio è lo stesso che quando era Direttore Artistico del Festival di Venezia diceva peste e corna del Festival di Roma perché gli pestava i piedi (magari mi confondo e invece si tratta di un centromediano del Bayern Monaco), ma a sentire le sue ultime dichiarazioni pare che si sia ricreduto e adesso il festival di Roma gli piaccia un casino.
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Sono andato a ripetere in giro per il mondo che a Roma può nascere un Festival collocato a metà strada tra i grandi eventi di fine estate e gli appuntamenti di metà inverno. Un Festival che si apra anche al mercato e che esista senza intralciare la strada agli altri grandi eventi internazionali”.
Chissà le reazioni in giro per il mondo, quando hanno sentito ‘sta fregnaccia.
Ma dicevamo del programma del Festival. Uno dei Cavalli di battaglia di Müller, quando gli fu affidata la direzione artistica del Festival, era la sicura presenza di
Tarantino e del suo “
Django unchained”. Ovviamente la sua assenza dal programma del Festival ha quindi deluso molto: vuoi vedere che niente niente quella di Müller era la classica sparata a effetto per accalappiare sponsor?
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In qualche modo Django calcherà il palco dell'Auditorium”, ha dichiarato Müller. “
Tarantino sta organizzando una cosa fantastica. Lo saprete tra dieci giorni”. Mhm, anche questa mi puzza. Io il dialogo Müller-Tarantino me lo immagino così:
“Pronto Quentin, sono Marco!”*
“Marco chi?”
“Marco Müller!”
“Il centromediano?”
“No, quello è mio cugino. Io sono il Direttore Artistico del Festival Internazionale del Film di Roma, e vengo qui ad offrirti l’opportunità di presentarci in anteprima mondiale “Django unchained”!”
“Eli, se è un altro dei tuoi scherzi del cazzo guarda che non è aria, mi stavo ammazzando di risate con “
W la foca” e m’hai interrotto. Ah, a proposito, nel prossimo film ci piazziamo un tricheco”.
“No Quentin, non sono Eli Roth, sono proprio Marco Müller ed io ero serio…Cioè, no, scherzavo, non pretendo proprio proprio che tu presenti a Roma il tuo ultimo film in anteprima, basterebbe anche solo che tu ce lo facessi proiettare…Anche solo il trailer…Insomma un pezzettino…”
“Ma voi non siete quelli che ogni anno proiettano un’anteprima del nuovo film di “
Twilight”?
“Ehm, sì.”
“No.”
“Quentin ti prego, in nome della nostra lunga amicizia, io ‘sta cosa già me la so’ venduta, e poi guarda che io sono mezzo tedesco ma non me la sono mica presa per “
Bastardi senza gloria”, eddai, fammi ‘sto favore!”
“Senti, se ti levi dalle palle in fretta ti mando un cartonato ed una locandina autografata da Franco Nero”.
“Oh grazie sei gentilissimo come al solito!!! Sei sempre un mito per me, pensa che io c’ho la suoneria del cellulare col fischiettio di
Kill Bill! Ciao eh, grandissimo! Grandissimo!”
“Ciao, sì, ciao”.
Ah, dimenticavo. Müller ha avuto un’altra grandissima pensata: da quest’anno in concorso a Roma solo anteprime internazionali. Ora, magari Al Bano si rifiuta di portare a Sanremo un pezzo inedito e secondo Müller
Spielberg o Tarantino dovrebbero portare ad un Festival periferico, nuovo e di rilevanza internazionale pari a zero il loro nuovo film in anteprima internazionale? Ovviamente no. Ed ecco infatti che il programma del Festival è prevalentemente popolato da film di autori sconosciuti o dati per scomparsi, che il film di apertura sia affidato a Bakhtyar Khudojnazarov, autore del pur pregevole “
Luna Papa” datato 1999, e quello di chiusura al regista catalano
Cesc Gay, il cui film più noto è il mediocre “
Krampack”.
Certo qualche motivo d’interesse non manca (ma su 59 film sarebbe abominevole il contrario): ad incuriosire sono soprattutto il ritorno di
Walter Hill con “Bullet to the head”, con
Sylvester Stallone,
Jason Momoa e
Christian Slater, “The Gang of the Jotas”, di Marjane Satrapi (già autrice dell’incantevole
Persepolis) e l’ultimo film di
Takashi Miike (in concorso), “Lesson of the evil”. Poi vabbe’, c’è un film di Roman Coppola, c’è il nuovo
Michele Placido che s’è già beccato bordate di fischi a Taormina, c’è
Larry Clark e c’è
Pappi Corsicato, cui incomprensibilmente qualcuno continua a dare soldi per girare film dopo quella vaccata inguardabile de “
Il seme della discordia”.
Ora, magari mi sbaglio, magari il coraggio di Müller sarà premiato e da questo Festival usciranno fior fior di capolavori che faranno la fortuna del cinema italiano ed internazionale: è possibile, e spero francamente di ricredermi. Però poi se la cosa migliore del Festival rimarrà il cartonato di Tarantino non prendetevela con me: io vi avevo avvisato.
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