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Alice, sin da bambina coltiva il sogno di diventare una grande cantante. A 19 anni però si sposa e si dedica alla vita familiare. Rimasta vedova a 35 anni con un bambino di 12 anni da tirare su, decide di partire per tornare alla sua città natale: si mantiene esibendosi come cantante in alcuni locali, ma presto si scontra con la dura realtà e finisce per fare la cameriera.
Quarta pellicola del già molto maturo Scorsese, cinematograficamente e concettualmente parlando, "Alice non abita più qui" è il tipico film on the road che si accompagna con tematiche molto interessanti e profonde come: l'emancipazione femminile, la ricerca e l'inseguimento dei propri sogni, l'inserimento a volte difficile e imprevedibile nella società, soprattutto da parte di soggetti come Alice, per la maggior parte della propria vita ingabbiati in realtà chiuse e asfissianti (un marito prepotente e violento).
Sarà la morte di questo personaggio che farà scattare in Alice il sentimento di riscatto e di rinascita in un vero e proprio passaggio di "staffetta", che vedrà la spaesata e determinata Alice fare di tutto pur di regalare finalmente qualcosa a se stessa, piuttosto che pensare a soddisfare i desideri degli altri, come ha sempre fatto.
Accanto a lei un ragazzino molto precoce, oltre che eccessivamente chiacchierone e viziato. Lo stesso che però susciterà in lei, e di rimando anche nello spettatore più sensibile, dei moti di dolcezza e di commozione.E' così che i due a bordo di un auto stracolma di valigie e di ricordi (il più doloroso è quello della migliore amica abbandonata per inseguire le proprie aspirazioni) viaggeranno per le strade americane mostrandoci squarci e realtà cittadine molto diverse a seconda delle loro destinazioni. E se la prima tappa non sarà delle più auspicabili (Alice troverà sì un lavoro come cantante, ma farà anche la conoscenza di uno spasimante fin troppo arrogante), la seconda tappa si rivelerà ben più felice e soddisfacente, nonostante la donna sarà costretta a lavorare come cameriera per mantenere se stessa e il suo bambino.
Ecco che la felicità si trova anche in cose che mai avremmo pensato, nonostante il desiderio di realizzare le proprie aspirazioni continui a pulsare forte nel cuore di Alice. Sarà qui, a Tucson, che Alice troverà la tranquillità, l'indipendenza e la gioia che forse mai era riuscita a provare in vita sua, se non nei pochi anni prima del matrimonio, in cui era riuscita per un breve soffio di tempo a realizzare il suo sogno di cantante.
Non saranno solo queste le sorprese che l'avventura di Alice le riserverà. Dopo un'iniziale conflitto con la sua collega alla tavola calda, la donna riuscirà a trovare un'alleata e un'amicizia femminile che in parte sostituirà il vuoto lasciato dalla migliore amica abbandonata, oltre a darle la possibilità di condividere sentimenti ed emozioni fino ad allora tenute represse, perché impossibili da raccontare e da far comprendere al suo bambino. Soprattutto Alice troverà l'amore in una sorta di cow-boy gentile, che per conquistarla cercherà di "far la corte" prima a suo figlio, pur incorrendo in non poche difficoltà che incrineranno i rapporti con la stessa donna dei suoi sogni. In un finale dolce-amaro (Alice ha trovato l'amore e la stabilità, pur abbandonando, almeno apparentemente, i sogni di bambina e di ragazza) Alice e il suo bambino ci accompagneranno in una passeggiata di rassegnazione, paradossalmente al tempo stesso di serenità assoluta.
Grande punto di forza di questa pellicola, dallo stampo prettamente documentaristico, con funzionale utilizzo della camera a mano e dei primissimi piani di Alice, è l'intepretazione di Ellen Burtyn sempre in perfetto equilibrio tra il dramma e la commedia, che le valse giustamente l'Oscar. Funziona alla grande anche il racconto del particolare rapporto con il figlio, fatto spesso di giochi e scherzi, sicuramente molto intenso e profondo. Da citare il cameo di una piccolissima Jodie Foster nel ruolo di una bambina fin troppo cresciuta, che passa il suo tempo suonando la chitarra e sbronzandosi in attesa che la mamma torni dal suo lavoro di prostituta.
Grazie all'occhio-camera di Scorsese, con "Alice non abita più qui", ci viene dato accesso ad un mondo che è specchio e metafora di una serie di situazioni reali che potranno interessare, prima o poi, la vita di ciascuno di noi. Si veda il cambio di registro stilistico dall'incipit molto "favolistico", con la piccola Alice che sullo schermo completamente rosso urla al cielo che riuscirà a realizzare i suoi sogni, al resto della pellicola, che ci dimostra come molto spesso non sempre la vita va nella direzione che noi ci prefissiamo.
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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 01/10/2010 11.07.00
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