Recensione amadeus director's cut regia di Milos Forman USA 1984
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Recensione amadeus director's cut (1984)

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locandina del film AMADEUS DIRECTOR'S CUT

Immagine tratta dal film AMADEUS DIRECTOR'S CUT

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Immagine tratta dal film AMADEUS DIRECTOR'S CUT
 

Nel 1984 Milos Forman, regista cecoslovacco sbarcato in America, dirige "Amadeus" tratto da una pièce teatrale di Peter Shaffer (basata su un'idea di Puskin) che fa suoi 8 premi Oscar (tra cui miglior Film e miglior Regia) e il David di Donatello.
Nel 2002 viene presentato "Amadeus Director's Cut", arricchito di 20 minuti di musica mozartiana. Ma non era necessario. La musica era già protagonista insieme ad Antonio Salieri e W.A. Mozart. E' la musica, identificata come strumento e voce di Dio, come dono o oggetto di vendetta, come manifestazione di genio o mediocrità, ad attraversare incessante tutto il film. Ed è la musica che Salieri ama-odia, perché le composizioni geniali di Mozart lo mettono davanti alla propria povertà creativa.

Ormai alla fine della propria vita, rinchiuso in un manicomio dopo un tentativo di suicidio, l'anziano Salieri -ex musicista di corte a Vienna, presso l'imperatore Giuseppe II- racconta ad un prete cattolico il controverso rapporto con W.A. Mozart, morto diversi anni prima, e della cui morte si sente responsabile.
Avendo come unica grande ambizione comporre musica, il giovane Salieri si rivolge a Dio a cui fa voto di castità affinché venga esaudito questo suo desiderio e nella morte del padre, che lo ostacolava, gli sembra cogliere un indirizzo divino. Da quel momento Dio e la musica diventano gli unici scopi della sua vita fino a quando non verrà travolto da una nuova consapevolezza: quella della propria mediocrità.
A gettare questa luce-tenebra sulla sua vita è Mozart, ragazzetto irriverente e volgare, inadatto ad intrattenere relazioni sociali convenienti, ma capace di comporre musica come lui non è stato e non sarà mai in grado di fare. Salieri vede in Mozart la voce di Dio ed è con questo Dio iniquo nel distribuire i propri doni che si infuria e a cui giura vendetta.
Mozart diventa quindi l'incarnazione di un castigo che gli viene inflitto, quello della consapevolezza dei propri limiti artistici, a cui non si sa rassegnare. Da quel momento non avrà in mente che la distruzione del rivale, non tanto Mozart, quanto Dio stesso. Il fatto che le musiche di Amadeus accolgano tiepidi favori a Corte (nella quale l'unica arte di rilievo è quella della ruffianeria) è per lui solo di momentaneo sollievo; da musicista capisce il respiro immortale di quella musica e il genio è lì, manifesto, quasi senza pudore "in quelle partiture senza nemmeno una correzione".
Avere una soddisfazione "sociale" su Mozart, una persona forse sciocca, comunque estranea alle malizie della Corte, sarebbe troppo facile, quindi Salieri concepisce un piano crudele e vampiresco: agendo sul senso di colpa che Mozart nutre per la morte del padre si presenta alla sua porta mascherato e gli commissiona un requiem che, nella sua intenzione, verrà eseguito al funerale dello stesso Mozart e che egli si attribuirà passando con questo alla storia.

Registicamente ineccepibile, Forman torna nella "sua" Praga trasformandola nella Vienna settecentesca. Splendidi gli esterni dove Mozart torna a casa all'alba muovendosi incerto nei vicoli innevati; le scene dell'opera in cui Salieri esulta per l'insuccesso ma è intimamente schiacciato dalla forza della musica; gli sfarzosi, curatissimi interni delle case signorili e il lento scivolare del film in una dimensione più intima, in un'atmosfera avvolta nella penombra che annuncia la morte del giovane Mozart. Anche il film segue visivamente e musicalmente il destino del compositore, passando dagli sfarzi e la luce dell'inizio alle atmosfere cupe del finale.
Forman, in "Amadeus", gioca continuamente sui contrasti rendendo le figure di Salieri e Mozart fortemente contrapposte in tutto, dallo stile di vita alla natura della loro creazione artistica: nell'uno ottenuta attraverso la fatica e il mestiere, nell'altro come dono naturale. Ma per nessuno dei due la vita è facile e nessuno dei due potremo definire vincitore.
Nella storia narrata da Forman c'è un gusto molto europeo, dove non abbiamo la contrapposizione netta e schematica dei personaggi, ma i loro destini si fondono e sono vittime della stessa disgrazia: quella del vivere consumati, dall'invidia o dalla passione. E man mano che il film avanza si incupisce, portando alla luce tristezza e solitudine, che rendono simili i destini dei due protagonisti.
Salieri non è visto quindi come un uomo cattivo, ma piuttosto come un uomo disperato, incapace di fare fronte alla realtà, di rassegnarsi ai successi di Corte che ora gli sembrano modesti, resi tali da una giuria di incapaci senza orecchio, e Mozart non è un genio strafottente, ma un ragazzo ingenuo e dai modi fanciulleschi, senza la diplomazia necessaria per introdursi negli ambienti giusti, che si rifiuta di correggere la sua musica per seguire le sciocche leggi della diplomazia, perché la vede per ciò che è ovvero Musica. Anch'egli quindi prigioniero del proprio genio.
E questi mondi si toccheranno senza integrarsi, nella magistrale parte finale dove Mozart morente detta il Requiem K. 626 a Salieri, interdetto dalla facilità con la quale escono un insieme di note che compongono sulla carta una melodia perfetta, che dentro di sé legge con ammirazione, mentre la musica fisicamente accompagna il tardivo ritorno della carrozza della moglie di Mozart a casa, e sottolineano il suo funerale senza che il requiem abbia visto la fine, dove il corpo di Mozart viene gettato senza nessun onore in una fossa comune. L'ultima segreta sconfitta di Salieri, beffato ancora da Dio che gli strappa dalle mani lo strumento della propria vendetta.

Per il toccante epilogo si fa ritorno in manicomio, che Forman identifica (basta pensare a "Qualcuno volò sul nido del cuculo") come luogo di verità inascoltate, dove l'animo umano si mostra in tutta la sua semplice fragilità, dove si perdono le ultime parole di Salieri: "Dio ha ucciso Mozart, perché non fosse intaccato da nemmeno un barlume di mediocrità, e ha costretto me ad assistere al mio disfacimento. La mia musica che diventava ogni istante più sbiadita... la sua invece...
Parlerò per lei padre, intercedo per tutti i mediocri del mondo. Io ne sono il campione, e anche il Santo Patrono.
Mediocri, ovunque voi siate io vi assolvo... io vi assolvo tutti".

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Recensione a cura di Kater - aggiornata al 03/03/2006

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