Recensione dark city regia di Alex Proyas USA 1998
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Recensione dark city (1998)

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locandina del film DARK CITY

Immagine tratta dal film DARK CITY

Immagine tratta dal film DARK CITY

Immagine tratta dal film DARK CITY

Immagine tratta dal film DARK CITY
 

In una città in cui è sempre notte, strane figure, che rispondono all'appellativo di "stranieri", si aggirano per le strade, nei vicoli, nelle case e nelle vite di ignari cittadini modificandone e modellandone a loro piacimento le vite e i destini.
Portano avanti il loro esperimento per scoprire cos'è che ci rende umani, studiando, loro che posseggono una memoria ed una volontà collettiva, la nostra capacità di essere singoli individui.

L'atmosfera è buia e cupa, fosse solo per il fatto che non riusciamo mai a vedere la luce del giorno, non arrivando mai a capire, visto che il tempo è scandito solo da orologi a lancette, se gli eventi si stiano svolgendo di giorno o di notte, o se il tempo si sia congelato in un preciso momento.

Ogni giorno alle 24 (o le 12?) gli Stranieri si "accordano", e tutta la città cade in un sonno profondo. E mentre tutti dormono, la città cambia fisionomia, i ricordi migrano da individuo ad individuo, le vite si mescolano.
Ma ogni tanto qualcuno non si addormenta, ogni tanto qualcuno resta sveglio, ed allora i piani degli Stranieri vengono sconvolti. E così John Murdoch si sveglia di soprassalto in una vasca da bagno piena d'acqua, nel suo appartamento d'hotel (John abita nella stanza n° 614, in riferimento - forse - a Giovanni 6.14: "Ora quegli uomini visto il prodigio fatto da Gesù dicevano: questo è davvero il profeta che ha da venire al mondo" come fosse un novello messia), vicino al cadavere di una donna.
Accusato e ricercato dalla polizia per degli efferati crimini che non ricorda di aver commesso, neanche in grado di ricordare il suo nome, nel tentativo di ridare forma ai suoi ricordi e di riprendere possesso della sua vita, scoprirà che niente di ciò che sembra in realtà è, e che la vita come la conosce altro non è che un labirinto a forma di spirale, un gigantesto esperimento, nel quale si muove come una cavia in trappola.
A coadiuvarlo nella sua ricerca della verità ci saranno la presunta moglie (Jennifer Connelly), un commissario di polizia (William Hurt) insofferente e disincantato (che dapprima cercherà di arrestarlo, e col passar del tempo si farà convincere anche lui dal fatto che fondamentalmente, in quella città, qualcosa non va), il dottore (Kiefer Sutherland) che si è suo malgrado alleato con gli stranieri, perché il solo ad essere in grado di mescolare i ricordi e le esperienze delle persone in cocktail mnemonici sempre nuovi, ed un ex commissario di polizia, convinto come Murdoch che sia tutta una farsa, ma che reagirà agli eventi in maniera radicalmente differente.

Tutto nel film è calcolato per far perdere ogni punto di riferimento allo spettatore, l'inesistenza del giorno in una storia che sembra girata in tempo reale, l'architettura della città che cambia in continuazione, edifici e abbigliamento che sembrano al di fuori di ogni tempo, o meglio sembrano un mix di varie epoche, personaggi che cambiano fisionomia (il portiere dell'albergo dove abita Murdoch che da prima è un bianco, poi subito dopo nero, per poi ritrovare il solito personaggio che lavora da 25 anni all'edicola), e i pochi che cominciano a rendersi conto che qualche cosa non va che vengono trattati come squilibrati dal resto della popolazione.
Il regista cerca di farci perdere ogni appiglio sicuro nella narrazione della storia, e ci porta in giro per la città scura come fossimo bendati, facendoci intravedere scorci di paesaggio, senza che mai riusciamo a farcene un quadro completo.

Proyas mixa sapientemente una città che è un ibrido tra il retrò avveniristico di "Metropolis" e la buia e claustrofobica city di "The Crow" (sua precedente ma non ancora matura pellicola) seminando qua e la spunti "escheriani".
Ci mostra la città come entità viva, che cambia, respira, si contorce, si evolve intorno ai personaggi.

E' la tensione costante che ci tiene vivo l'interesse, nonchè quel senso di "sbagliato" e "disturbante" che i vari elementi della storia ci infondono. In una storia che rasenta il nichilismo ma che man mano che prende forma ci dirotta verso un pessimismo che ammette redenzione.
Sarà proprio il protagonista, alla fine, con la sola forza della mente, a mettere in crisi un sistema che fino a quel momento non ha ammesso incrinature.
Egli ci porterà verso il finale moralistico (da intendere come morale da favola nera) per il quale con le proprie forze, forse non è possibile risolvere tutti i problemi, ma magari solo il proprio destino.

Gli stranieri (tra cui ricordo Mr. Hand, quel Brendan o'Brian che fu Riff Raff in "Rocky Horror Picture Show") ricordano molto, nelle loro fattezze, dei vampiri (strizzando l'occhio ai cenobiti di Hellraiser) che invece di sangue si nutrono delle esperienze e dei ricordi degli umani. Come i vampiri non sopportano la luce del giorno, e non sopportano neanche l'acqua (forse perché ambedue sono gli elementi da cui la vita prende forma?).
Cosa fanno?
Perché ci usano come cavie?
Stanno morendo, soffocati e consumati dalla mancanza di individualismo (riferimenti socio-politici?). Strozzati da un ragionare, un ricordare ed un reagire che è collettivo.
Cercano di restare in vita, e per farlo devono scoprire cos'è che ci rende umani, approcciandosi al problema in maniera alquanto approssimativa, riducendo ad una serie di nozioni ed insegnamenti ricavati dai ricordi tutto il nostro essere.
Sarà lo stesso Murdoch a dir loro che hanno cercato, per capire la natura umana, nel posto sbagliato (indicandosi la testa), ma non dando la soluzione esatta (anche se possiamo intuirla durante tutto il film) a questo problema, lasciandoci liberi di scegliere la nostra soluzione.

I paragoni con "The Matrix" e "The Thruman Show" sono scontati (per l'argomento trattato, e con "The Matrix", per la forma). Mi limiterò solo a ricordare che "Dark city" è antecedente i sopracitati.
Poi ognuno tragga le proprie conclusioni.

Sicuramente da rivalutare.

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Recensione a cura di kaiser soze - aggiornata al 09/01/2006

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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