Pietro non ha ancora quarant'anni e condivide con molti suoi coetanei una realtà che era ignota a chi aveva la stessa età vent'anni fa: è disoccupato.
Decide così di travestirsi da uomo-sandwich e di andare in giro insieme all'amico regista Luca Merloni, per filmare le reazioni della gente e contemporaneamente per trovare un'occupazione stabile.
Nasce così "Disoccupato in affitto", un docufiction girato in nove città italiane nell'estate 2010 e oggi visionabile solo in alcune sale cinematografiche.
Più di un'ora di materiale, girato con la camera a mano, poco spazio ai panorami delle città, per privilegiare le reazioni di chi via via incrocia Pietro (il regista fa un uso smodato dei primi piani proprio per isolare al massimo i punti di vista di chi appare), qualche apparizione famosa: a Roma, Pietro incontra la presentatrice Paola Saluzzi.
Man mano compaiono tanti casi umani.Si incontra la cinquantenne esodata e non più desiderabile (sul piano lavorativo); quello che fa chilometri per riuscire a guagnare il pane; chi mangia dalla Caritas; chi siede al caffè e aspetta un lavoro; chi ride, chi applaude, chi si lamenta, chi ricorda i tempi belli, chi incita, chi supporta, non manca un quasi arresto del povero Pietro per "manifestazione non autorizzata" da parte di agenti di polizia troppo ligi al dovere.
Dalle Alpi al Vesuvio il grido di dolore è sempre il medesimo: la crisi c'è e si fa sentire non solo al sud, in città come Napoli o Lecce, ma anche a Milano e Verona dove il lavoro non è mai mancato.
Pietro trova anche gente che si azzarda a promettere un'occupazione, ma si tratta come sempre di lavori precari o sottopagati che, a quaranta come a venti, non si dovrebbero accettare se si vuole una vita dignitosa e si vuole investire nel futuro.
Inutile dire che la storia di Pietro non ha un lieto fine: anche lui decide di tentare la carta estero e per questo prepara un cartello in lingua inglese, evidentemente poco convinto di riuscire nel suo intento anche fuori dai confini.
Autofinanziato, con un piccolo contributo da parte della giovane provincia sarda di Ogliastra e arricchito dalla colonna sonora gratuitamente concessa di The Niro, il documentario è arricchito da immagini che spiegano l'origine e l'evoluzione della figura dell'uomo sandwich, nata in Inghilterra in epoca vittoriana per pubblicizzare dei prodotti e successivamente divenuta simbolo di protesta sociale all'epoca della contestazione studentesca a Berkeley (San Francisco).
Ironico ed esplicativo, il documentario è un bell'esempio italiano di cinematografia rivolta al sociale, da replicare.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 05/06/2012 16.02.00
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