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"Le cifre ci hanno disumanizzati. Prendendo il caffellatte alla mattina leggiamo che nel Vietnam sono morti 40.000 americani. [...]
Un'equazione: 40.000 giovani morti = 3.000 tonnellate di carne e ossa, 250.000 chilogrammi di materia cerebrale, 190.000 litri di sangue, 1.840.000 anni di vita che non saranno mai vissuti, 100.000 bambini che non nasceranno mai.
Urliamo di terrore la notte sognando la guerra? No. Non entra nei nostri sogni perché non entra nei nostri pensieri; e non entra nei nostri pensieri perché non ce ne curiamo. [...] Che dire dei 300.000 feriti? Chi sa dove sono? Che cosa provano? Quanti di loro hanno perso le braccia, le gambe, le orecchie, il naso, la bocca, la faccia o il pene? Quanti di loro sono sordi, muti o ciechi, o tutte e tre le cose insieme? Quanti di loro sono stati amputati di un arto, o di due, di tre, o di quattro? Quanti resteranno immobili per tutto il resto della loro vita? Quanti di loro vegetano senza speranza aspettando in silenzio la fine dei loro giorni in piccole, oscure e appartate stanze?"
("E Johnny prese il fucile", aggiunta del 1970 - Dalton Trumbo)
Trumbo esordisce alla regia con questa opera nel 1971 all'età di 66 anni, e questo rimarrà il solo film da lui girato come regista. Trumbo è stato uno stimato sceneggiatore di Hollywood, firmando sceneggiature come "Spartacus" e "Papillon" e il soggetto di "Vacanze Romane".
Durante il maccartismo, fu arrestato e condannato a undici mesi di reclusione per resistenza all'operato del Congresso, per il suo rifiuto di testimoniare e di dare informazioni circa la sua presunta appartenenza al Partito Comunista Americano. Di conseguenza finì sulla lista nera di Hollywood e si trovò molte porte chiuse in faccia; fu costretto a lavorare sotto pseudonimo o non accreditato.
Più che comunista, Trumbo fu sicuramente antifascista e soprattutto antimilitarista. L'idea per "E Johnny prese il fucile" gli venne dopo aver letto un articolo di cronaca che narrava di un ufficiale britannico orribilmente sfigurato e mutilato durante la Prima Guerra Mondiale. scrisse così il romanzo "E Johnny prese il fucile", che vinse anche il National Book Award, fu scritto nel 1939, cioè poco prima che iniziasse la Seconda Guerra Mondiale. Più di trent'anni dopo il romanzo, Trumbo realizza il film omonimo.
Come può essere facilmente intuibile, il film è molto fedele al libro: nel libro il punto di vista è esclusivamente quello di Johnny dopo l'incidente; nel film invece, essendo impossibile rendere l'idea, il punto di vista di Johnny è espresso dalla sua voce interiore, ma nella stanza in cui è ricoverato, la telecamera offre un punto di vista oggettivo. Il povero Johnny mutilato è sempre mostrato coperto da un lenzuolo e con una maschera sul viso; Trumbo non vuole colpire lo spettatore con immagini forti, la storia è già di per sé agghiacciante e sconvolgente. La pellicola si svolge quindi su due livelli: la realtà presente è fotografata in bianco e nero, mentre i ricordi e i sogni sono a colori.
Il film si apre subito con il povero Johnny nel letto d'ospedale che, incapace di qualunque altra attività, comincia a pensare e ricordare. Questa struttura narrativa ricalca perfettamente quella del libro. Johnny comincia così a ricordare piccoli stralci dalle sua giovane vita, senza un ordine cronologico: ricorda l'ultima notte prima di partire per il fronte, in quella notte fece per la prima volta l'amore con la sua ragazza che lo implorava di non partire; ricorda poi di quando morì suo padre; ricorda persino di quando, da ragazzo, perse la canna da pesca di suo padre, canna da pesca che era l'unica cosa non modesta, nella vita del padre. I ricordi sono i ricordi di una vita semplice ma piacevole e tranquilla, una vita normale, tutto quello che Johnny non potrà più avere perché, poco per volta, realizza di essere senza gambe, braccia, occhi, naso, bocca, orecchie. Un pezzo di carne macellata ma ancora viva e pensante nonostante il parere dei medici.
Oltre ai ricordi, ci sono i sogni. Johnny sogna due incontri con un Gesù abbastanza atipico. Nel primo, Gesù durante una partita di blackjack, prevede la morte di tutti i suoi commilitoni ma non dice nulla sulla dipartita di Johnny. Nel secondo, Gesù sta costruendo delle croci di legno per i caduti (qui il paragone simbolico è fin troppo esplicito) e Johnny lo interroga sul come distinguere, nella sua condizione, i sogni dalla realtà.
Il tempo passa e Johnny cerca di tenerne il conto, cercando di percepire con la fronte il calore del sole ma serve a poco, perché ha cominciato a contare da un giorno qualunque e non può quindi sapere da quanto tempo si trovi in ospedale. Il giorno di Natale, un'infermiera decide di fare gli auguri al povero ragazzo mutilato e così con il dito gli scrive sul petto 'Merry Christmas'. È la prima comunicazione di Johnny dopo l'incidente. Comunicazione passiva perché lui può solo annuire per far intendere di avere capito. Durante un sogno Johnny ricorda di conoscere il codice morse ed intuisce di poter comunicare con quello tramite l'unica parte del corpo che può muovere: la testa. Comincia cosi a trasmettere ininterrottamente un 'S.O.S'. Questo suo disperato tentativo di comunicare dura per giorni, settimane, forse mesi. Finalmente qualcuno intuisce che quei movimenti non sono degli spasmi muscolari ma bensì una accanita richiesta d'aiuto. Qualcuno gli risponde e Johnny chiede di essere lasciato libero, di essere messo su carro e di essere mostrato a tutti come esempio degli orrori della guerra. Vorrebbe insomma diventare una specie di attrazione da circo. La sua richiesta non può essere esaudita e allora Johnny chiede disperatamente di essere ucciso. Nemmeno questa richiesta può trovare accoglimento.
Il finale è agghiacciante: il povero Johnny, per decisione dei medici, è destinato a rimanere in quello stato di non-vita e di non-morte fino alla fine dei suoi giorni, per giunta chiuso in una buia stanza d'ospedale. Fine pena mai.
Questo non è solamente un film antimilitarista; le tematiche sono molte.
L'accusa ai medici è durissima: Johnny è mantenuto in vita per essere studiato, una cavia al servizio del progresso. Gli studi su di lui serviranno per curare gli altri feriti, che saranno quindi rapidamente pronti per tornare al fronte.
Poi c'è la rappresentazione di come il potere occulti i suoi orrori: Johnny deve stare appunto rinchiuso in una stanza buia.
Ci sarebbe anche il tema dell'eutanasia, affrontato nel finale in cui l'infermiera decide di porre fine alle sofferenze di Johnny ma viene fermata.
Altra tematica presente è quella religiosa, incarnata dai due incontri con Gesù e il prete nel finale.
Il film è in definitiva una grande parabola antimilitarista, al di là di ogni ideologia. Contro tutte le guerre. Un vero inno alla vita.
Trumbo scrive nel suo libro:
"Ma i morti cosa dicono? Ne è mai tornato indietro uno uno solo dei milioni che sono stati uccisi ne è mai tornato indietro uno a dire perdio sono contento di essere morto perché la morte è sempre meglio del disonore? Hanno detto sono contento di essere morto per salvare la democrazia nel mondo? Hanno detto preferisco la morte piuttosto che perdere la libertà?[...] Solo i morti sanno se vale la pena o no di morire per tutte quelle cose di cui la gente parla. E i morti non possono parlare.[...] Se un uomo dice la morte piuttosto del disonore o è un fesso o è un bugiardo perché lui non sa cosa sia la morte. Non è in grado di giudicare. Conosce soltanto la vita. Non ne sa niente della morte.[...] E tutti quelli che sono morti per assicurare al mondo l'esistenza di parole senza significato che cosa provarono un momento prima di morire?[...] Se la cosa per cui combattevano era abbastanza importante da essere pronti a morire per essa allora doveva essere anche abbastanza importante perché il loro ultimo pensiero prima di morire fosse rivolto ad essa. Era logico. La vita è terribilmente importante perciò se l'hai data via per qualcosa negli ultimi minuti che ti restano penserai con tutte le tue forze alla cosa per la quale l'hai tradita.[...]
Sono morti con un solo unico pensiero in testa che era voglio vivere voglio vivere voglio vivere. Lui lo sapeva bene. Lui era la cosa più vicina ad un morto che ci fosse sulla terra. Lui era un uomo morto con la mente che sapeva ancora pensare."
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Recensione a cura di Compagneros - aggiornata al 12/05/2010
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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