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Per Harry Potter arriva il sesto anno nella scuola di magia di Hogwarts. Dopo aver affrontato Voldemort al Ministero della Magia, adesso nessuno dubita più delle sue affermazioni e, in conseguenza di una profezia, viene ormai considerato "Il Prescelto", colui che, forse, sarà in grado di uccidere il mago più oscuro di tutti i tempi. Albus Silente guiderà il giovane mago alla scoperta di preziosi ricordi legati al passato di Lord Voldermort, permettendogli di capire come sia arrivato a diventare ciò che ora è. Nel frattempo Harry dovrà scoprire cosa nasconde Draco Malfoy, sempre più ombroso e defilato nella vita di Hogwarts, e indagare sul suo rapporto con il professor Piton, stranamente troppo interessato a proteggere il ragazzo: il sospetto è che dietro ci sia sempre Voldemort.
C'è voluta molta pazienza da parte del pubblico per l'uscita per il sesto capitolo cinematografico dell'ormai leggendaria saga di Harry Potter. La Warner ha agito a scopo puramente e spudoratamente commerciale, facendo slittare l'uscita del film da Novembre 2008 a Luglio 2009, con la semplice giustificazione di incrementare gli incassi estivi, visto il successo mondiale de Il Cavaliere Oscuro l'estate appena passata. C'è anche da ritenere che, nonostante le basse aspettative, il più modesto e ancora per poco sconosciuto Twilight sarebbe uscito negli stessi giorni, e l'ingresso trionfale del fantasy avrebbe dovuto dividere un po' il pubblico. Quindi, puntando sul fattore attesa e su un pubblico sicuro di fan, della saga cartacea (spesso sdegnosa e spaventata per la resa ma comunque presente) quanto dei più immediati e ignari ammiratori della pellicola, non è stato poi così tragico rimandare l'evento di sei mesi.
L'attesa prolungata ha amplificato le aspettative, che possono dirsi equamente soddisfatte e deluse. Partendo dal presupposto che lo stesso Steve Kloves, già autore di quattro sceneggiature dei cinque episodi precedenti, ha definito la storia del sesto libro della saga come la più riuscita ma la meno adatta alla trasposizione cinematografica, possiamo immaginare che ci siano state delle difficoltà. Nel quinto episodio, Harry Potter e l'Ordine della Fenice, si è potuta ammirare l'efficacia della regia di Daniel Yates con la sceneggiatura di Michael Goldenberg (Contact, Peter Pan), esauriente e lineare, sia nella successione di eventi che nell'attenzione ai dettagli importanti. In questo episodio ritorna Kloves, ormai esperto conoscitore delle vicende del giovane mago, ma lungi dalla linearità e dalla scorrevolezza. Ogni episodio, escludendo appunto il quinto, prende infatti una piega esageratamente ingarbugliata in cui le informazioni presenti nel libro assumono e perdono importanza solo in base alla coscienza dello sceneggiatore e molto spesso del profitto del produttore, e non, come invece dovrebbe essere, in base all'importanza della storia, dell'episodio quanto della saga nel suo complesso.
L'efficacia della sceneggiatura di Goldenberg rimane perciò un miraggio. Chi ha avuto il piacere di leggerne i libri sa quanti dettagli e quanti percorsi l'autrice Rowling abbia disseminato, ed è obiettivamente arduo condensare in due ore un'avventura complessa e ampiamente articolata. La questione però rimane: ci vuole il guizzo giusto per decidere cosa tralasciare e cosa mettere in evidenza, cercando di rendere scorrevole la successione di avvenimenti, il tutto senza sconvolgere troppo la fonte originale. Kloves ha fatto un mix in cui alcuni eventi vengono anticipati ed altri accantonati del tutto, amplificando il carattere psicologico di alcuni passaggi e marcando volutamente gli sketch comici, diversi nelle azioni ma identici nei significati presenti nel libro, e rimodellando il fattore sentimentale che ruota intorno alle vite dei protagonisti. Nel complesso si può ritrovare la vicenda scritta da J.K. Rowling, ma nei singoli avvenimenti si notano delle iniziative dettate dal problema di sintetizzare e involontariamente poco chiare. Si potrebbe rendere la cosa in questi termini: un ritratto che tenta di immortalare un viso riuscendo da lontano ad essere verosimile, ma menzognero se esposto ad uno sguardo più attento ai dettagli.
Le scene, infatti, prese sigolarmente, risultano efficaci. La sfumatura gotica viene accentuata enormemente a vantaggio della caratterizzazione di Voldemort nei flashback sul suo passato. Il bambino Voldemort è straordinariamente realistico nella sua solitudine e nella sua austerità, così come la sua versione adolescente è giustamente dosata nel carisma e nell'ambiguità. Un ottimo impatto emotivo si può riscontrare anche nelle scene d'azione, merito indiscusso degli effetti speciali: un ponte londinese che oscilla fino a spezzarsi e il fuoco sprigionato dalla bacchetta di Silente per liberare Harry Potter dagli Inferi, dividendosi in due sulle acque scure di una sinistra caverna, sono tra le più spettacolari. Gli sketch comici appaiono abbastanza divertenti, grazie alla bravura di giovani attori alla mercè di originali trovate da impatto immediato.
Non manca nemmeno il pathos tragico che, nel riportare uno degli eventi più drammatici dell'intera saga, la morte di Albus Silente, coinvolge lo spettatore grazie ad un buon connubio tra musica e atmosfera cupa. Prendendo invece la vicenda nel complesso non si può non notare un eccessivo ingarbugliamento degli eventi, sicuramente numerosi ma raffazzonati alla meglio in una successione liberamente riassemblata e a tratti poco chiara. Come accennato in precedenza, la libera scelta di cosa omettere e di cosa sottolineare ha danneggiato in determinati momenti la comprensibilità di alcuni passaggi, vitali nella connessione coi precedenti episodi e con l'atto finale della saga. Due passaggi importanti fra gli altri: la casa di Sirius Black, ereditata da Harry Potter, che assumerà un ruolo decisivo nell'avventura seguente, e i personaggi Bill Weasley e Fleur DeLacour, assenti ma di rilievo per gli avvenimenti futuri.
La vicenda avanza verso l'età adulta del protagonista, anche i problemi cambiano, come pure le responsabilità che gravano sulla coscienza. Le decisioni, ferme e consapevoli, quanto i sentimenti, prendono il sopravvento sulle paure e sui giochi, determinando una nuova sfaccettatura nella caratterizzazione di Harry Potter. Scoprire le origini di colui che ha ucciso i suoi genitori lo porterà alla comprensione e all'empatia verso la condizione desolante che ha portato un ragazzo a divenire Voldemort. Questa è la tematica chiave della vicenda. Nel film non emerge come dovrebbe, così come la scoperta di una nuova coscienza di sé, indipendente e risoluta, non riesce ad esprimersi. L'interessante risvolto sentimentale è ridotto ai soli scopi promozionali, tant'è che ogni fase originale d'innamoramento è totalmente abbandonata, probabilmente perché poco "sensazionale" secondo i canoni della grande produzione cinematografica. Delle numerose tematiche affrontate con creatività nel sesto libro vi è solo un mero accenno, riducendo la substantia all'eroismo del protagonista. Ciò che inizia ad essere un prodotto negli intenti riservato più agli adulti che ai bambini, si smentisce nella resa vanificando ogni speranza di profondità che non sia scontata.
Nonostante questo il cast, più che collaudato, agevola la buona riuscita. Una menzione particolare va a Tom Felton, interprete di Draco Malfoy, il quale rende verosimilmente drammatico il ruolo ambiguo del personaggio, la cui malvagità è dovuta essenzialmente alla paura. Il protagonista Daniel Radcliffe, bravo ma sempre vagamente statico e contenuto, in quest'ultima performance sembra slegarsi maggiormente dalla serietà eccessiva che si avvertiva negli altri episodi, riuscendo a gestire credibilmente anche le scene più leggere, punto di forza invece di Rupert Grint, interprete di Ron Weasley. A fianco ad un'impeccabile Emma Watson, che impersona Hermione Granger, troviamo un'acerba Bonnie Wright, sempre meno convincente nei panni della frizzante e seducente Ginny Weasley. Più che la bella quindicenne, sorella di Ron, sembra una bambina da spot televisivo, candida, adorabile e decisamente poco energica.
La regia di Yates, testata nell'episodio precedente, si lascia ancora guidare dai consigli della scrittrice e trova un buon feeling col nuovo sceneggiatore. Le scene arrivano a suscitare le giuste emozioni negli spettatori, che possono osservare un buon ritmo nell'alternanza dei cambi di scena, compensando il confusionario remix della trama, responsabilità dello sceneggiatore.
La fotografia di Bruno Delbonnel, già direttore della fotografia in Across the Universe, è lodevole per la volontà di mettere in evidenza particolari e angolature poco utilizzate nel genere fantasy, spesso più avvezzi alle panoramiche e a posizionamenti coreografici, prediligendo un taglio più vicino alla caratterizzazione intimista. I colori variano dal nero al grigio, passando per il blu scuro, nelle scene d'azione e di maggiore suspance, rivolti a mettere in evidenza l'atmosfera dark in cui il protagonista si muove per scoprire e conoscere il passato e le debolezze di Lord Voldemort; mentre le tinte calde dominano la scena nei momenti in cui si tende a mettere in evidenza l'emozione e i legami del protagonista.
Di sicuro impatto visivo, il sesto capitolo della saga di Harry Potter non soddisfa le aspettative tanto corteggiate del pubblico, mantenendo un buon livello di qualità senza riuscire però ad emergere come prodotto di interesse generale né, tanto meno, come evoluzione cinematografica della storia.
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Recensione a cura di ele*noir - aggiornata al 22/07/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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