Voto Visitatori: | 7,99 / 10 (40 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 9,00 / 10 | ||
Apu, o agente 233, e agente 633 sono due poliziotti che vivono dei tormenti amorosi a causa dell'abbandono delle loro rispettive donne.
Degli incontri sfuggevoli cambieranno considerevolmente la loro vita e il loro modo di vedere l'amore.
Primo film di esportazione di Wong Kar-Wai, questo "Hong Kong express" è una grande pellicola sull'amore e su come ci si rapporta ad esso, privo di fronzoli, stucchevolezze o banalità che di solito contrassegnano il tema in questione, soprattutto cinematograficamente parlando. Con due episodi separati, ma in realtà uniti da una sottile linea di continuità (ciascun personaggio sfiora l'altro anche se per qualche secondo, con un unico vero punto di contatto che è il proprietario di una specie di fast food ambulante), il regista riesce a trasmetterci tutto il dolore e la solitudine che si possono provare dopo un abbandono e soprattutto tutta l'euforia e l'estasi che si possono provare, invece, quando ci si innamora di una nuova persona. Cosa ancora più interessante è la poetica e l'estetica degli oggetti, da sempre chiodo fisso del regista, che qui vengono descritti e mostrati come degli elementi dotati di vita e importanti per l'umore dei loro possessori. Con strofinacci che piangono (in realtà gocciolano), scatolette di ananas che stanno per scadere (Abu ha deciso che smetterà di pensare alla donna che l'ha lasciato quando scadranno tutte le sue scatolette di ananas il giorno del suo compleanno), infradito che galleggiano per la casa, peluche intristiti dalla partenza della donna amata e via dicendo, i due protagonisti maschili risalgono la china della loro sofferenza trovando conforto non solo nelle cose che li circondano, ma anche e soprattutto nell'interesse verso altre due figure femminili davvero molto particolari e intriganti.
Il primo episodio è incentrato sul poliziotto Abu (Takeshi Kaneshiro) che dopo aver fatto indigestione di scatolette di ananas nell'intento di dimenticare la sua ex-fidanzata, incontrerà per caso un'enigmatica donna dalla parrucca bionda (Brigitte Lin) con la quale passerà una notte in hotel, con lei che dormirà tutto il tempo e lui che si ingozzerà di cibo guardando la tv. La donna, in realtà immischiata in affari loschi, sarà l'appiglio a cui Abu si aggrapperà per smettere di soffrire per amore.
Il secondo episodio vede come protagonista l'agente 633 (uno straordinario Tony Leung), abbandonato dalla sua amante (Valerie Chow) per la quale comprava sempre delle prelibatezze al fast food ambulante, dal quale si recherà in seguito solo per del caffè freddo. Qui farà la conoscenza di Amei, cugina del proprietario (l'espressiva Faye Wong che canta anche le canzoni della colonna sonora), una ragazza che si innamorerà all'istante di lui e che si intrufolerà nel suo appartamento per renderlo più vivibile mettendolo in ordine e ornandolo con oggetti migliori. L'uomo, del tutto assorbito dal dolore della sua perdita, non si renderà conto dei cambiamenti nel suo appartamento, fino a quando non sarà inevitabile accorgersene.
Il secondo è l'episodio che colpisce di più per recitazione, regia e sensazioni trasmesse. Con il massiccio utilizzo della camera a mano il regista ci trasmette tutta l'instabilità emotiva di questi personaggi che contano molto di più delle storie che vengono raccontate e che si isolano dal resto del "mondo", proprio perché assorbiti dal loro mondo interiore (mentre loro vengono ripresi in ralenti, tutta Hong Kong alle loro spalle si muove a velocità accelerata, un contrasto straordinario che ci comunica il distacco tra la frenesia del mondo che si muove e l'apatia dei sentimenti dopo l'abbandono della persona amata o dopo il rifiuto di un nuovo amore).
La particolarità di queste piccole grandi storie d'amore sta nel fatto che i protagonisti non riescono mai ad avere gli stessi tempi; quando uno è innamorato dell'altro, quell'altro è ancora innamorato di qualcun altro e così fino alla fine quando finalmente il destino riuscirà a portare a termine il suo lavoro. Altra grande protagonista di questa pellicola è Hong Kong, una metropoli nella quale è molto facile "perdersi", nonostante ne vengano mostrati di rado gli spazi aperti, lasciando ai corridoi stretti e angusti degli appartamenti o del fast food ambulante il compito di comunicarci tutti i dissidi interiori e i sentimenti di questi protagonisti che vengono sviscerati in ogni loro singolo pensiero (grazie anche ad una funzionalissima voce narrante). Una città che è una vera e propria metropoli dove il caos la fa da padrone, oltre alla commistione di culture e di nazionalità (l'occidentalizzazione è raccontata tramite una stupenda colonna sonora incentrata su brani come "California Dreamin'" dei Mamas and Papas, o "Dreams" dei Cranberries o "What a difference a day makes" di Dinah Washington, tutti ossessivamente ripetuti).
Quello che fa di "Hong Kong express" un grande film è proprio lo stile formale e narrativo, oltre alla grande comunicatività di ogni singolo fotogramma che ci trasmette una marea inarrestabile di emozioni e sensazioni facendoci empatizzare con ciascun personaggio che si muove si questa scacchiera che è l'amore. Uno stile inconfondibile che ha fatto di Wong Kar-Wai il grande regista che noi tutti amiamo e apprezziamo.
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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 09/03/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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