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Pieno di citazioni artistiche, chiuso, intellettuale, compiaciuto, estetico, il cinema di Greenaway non dà l'idea di voler narrare ma solo di mostrarsi. D'altro canto, lo stesso Greenaway dichiara che il suo interesse primo è portare al cinema 'l'estetica dell'arte' e l'arte non fornisce spiegazione di sè, si mostra attraverso i suoi codici. Il ventre dell'architetto è il suo terzo film, cromaticamente anomalo rispetto al resto della sua produzione e certamente il più semplice, forse perchè alle prese con la più concreta delle arti visive: L'architettura.
La cosa divertente, tipica dell'umorismo greenawaiano, è che il film ruota intorno alla figura di Ethienne Louis Boullèe, architetto visionario dell'illuminismo, che non costruì praticamente nulla e la cui opera più famosa (sulla carta) è il Cenotafio per Newton, un edificio sferico, la figura in assoluto meno architettonica, svincolata dal reticolo cartesiano.
Stourley Kracklite, architetto americano ammiratore di Boullèe, con il quale condivide il fatto di essere fondamentelmente un teorico, si reca a Roma con la moglie Louisa per realizzare il suo sogno: Una mostra per l'architetto visionario. L'entusiasmo di Kracklite è alle stelle, la mostra realizza il sogno di una vita, ma fin da subito iniziano a mutare le cose fuori e dentro lui. E' assalito da tremendi dolori al ventre che diventano presto un' ossessione, che lo spingono a fotocopiarselo, a fotocopiare ventri di statue, e sulle fotocopie cercare di studiare il suo male, di disegnarlo. Si studia attraverso la propria riproducibilità e, al contempo, la
riproducibilità dell'arte come una sorta di specchio, cercando l'origine del male che lo divora.
La moglie Louisa, incinta di Kracklite da cui si sente abbandonata, si avvicina a Casparian, un giovane architetto ambizioso che la corteggia e che cerca, riuscendoci, di sotrarre fondi alla mostra. Intanto Kracklite scrive a Boullèe, a cui confida i propri dolori, i tradimenti della moglie e l'incomprensione da cui si sente circondato. Solo Ethienne lo può capire.
Scrive: "Caro Ethienne, non mi piacciono i dottori, ti mettono sempre in stato di inferiorità. Quando ti hanno palpato le parti intime, sentito l'alito, tastato la lingua, come fai a parlargli da pari a pari? (...) Firmato: Stourley Kracklite (architetto).
Kracklite si avvicina alla morte, il suo ventre contiene un terribile cancro intestiale; quello di Louisa contiene il suo proseguo naturale, un figlio, la vita.
Ventri, oscure semisfere del nostro corpo, centri del nostro equilibrio, che possono contenere, con la stessa corporea naturalezza, la vita o la morte.
La parabola di Kracklite, estromesso dalla mostra, privato della moglie, con pochi mesi di vita si conclude con il suo suicidio (annunciato da una sequenza all'inizio del film). Nella posa di un Cristo crocifisso si getta dalle finestre del Vittoriano, all'interno del quale la moglie innaugura quello che fù il suo sogno, è da alla luce il figlio.
Greenaway, che ha grande attenzione per l'arte e i suoi codici, costruisce il film attraverso questi e il suo linguaggio è estetico prima che narrativo perchè la sua comprensione deve avvenire attraverso il linguaggio dell'arte visiva che è fatta di forme, colori, vettori, simboli e non di parole.
Riguardo a sfere e semisfere che attraversano incessanti tutto il film, Arnheim scrive: "Quando un edificio intero assume configurazione sferica ciò rappresenta la massima sfida possibile, escluso il volo, alla legge di gravità. (...) con umore esaltato E.L. Boullèe disegna nel 1784 un Cenotafio per Newton (...) In quella costruzione visionaria i visitatori dovevano sentirsi del tutto distaccati rispetto alla loro consueta struttura spaziale. E' caratteristico delle configurazioni rotonde il fatto che tali strutture sferiche appaiano quasi inaccesibili." (R. Arnheim "Il potere del centro").
Quella di Boullèe era una sfida mai realizzata contro la materia, quella di Kracklite è una sfida alla materialità e il sognatore, l'artista, è sconfitto di fronte ad un mondo che aprofitta dei suoi sogni per guadagno. Un mondo materiale che specula sugli ideali lo uccide ancor prima del suo male. Non sarà l'espressione di un talento a consegnarlo alla Storia ma la sua discendenza, un elemento fisico.
Contrapposta all'idea centrica suggerita da sfere, semisfere e ventri Greenaway trasforma Roma (a sua volta storico centro del mondo) nella gigantesca scenografia che di fatto è, proponendoci statue e monumenti attraverso perfette, stupende simmetrie dai colori terrosi, realizzando visivamente la loro concretezza: cose fatte per restare, simboli che hanno attraversato i secoli, testimoni del tempo che ricordano all'uomo, con la loro imponenza, la sua mortalità. Non a caso le tre strutture principali del film, Cenotafio per Newton, Pantheon e monumento a Vittorio Emanuele II parlano di morte.
Forse l'estetica di Greenaway può anche ritenersi a volte esagerata ma le suggestioni che riesce a creare attraverso la sua ricerca di 'sintesi visiva', il suo gusto pittorico nel distribuire le figure nello spazio meritano uno sguardo e un pensiero.
Meravigliose musiche di Wim Mertens e Glenn Branca.
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Recensione a cura di Kater - aggiornata al 19/04/2005
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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