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Liberamente tratto da "Una relazione", scritto da Carlo Cassola nel 1969, il film è una storia di sesso e passione consumatasi nel periodo antecedente alla guerra d'Africa (1936).
Giovanni (Stefano Accorsi), bancario sposato e padre, rivede casualmente Maria (Maya Sansa) una sua ex fiamma dal passato alquanto vivace. Tra i due rinasce la passione, caratterizzata dall'incessante brama di possesso di lui. Ma la storia non può avere un seguito.
Questa la trama, degna di un mélo d'altri tempi, o peggio di una soap o telenovela tanto in voga ai nostri giorni.
Sicuramente sulla carta questa pellicola aveva molti elementi di interesse: la trasposizione di un lavoro di Cassola (il suo celebre "La ragazza di Bube", proposto per il grande schermo nel 1960, ha consacrato come interprete drammatica l'allora giovanissima Claudia Cardinale), la presenza di due tra i più promettenti giovani attori italiani, la regia di Carlo Mazzacurati (ricordiamo tra i suoi lungometraggi "Il toro", con Diego Abatantuono), ma purtroppo quanto promesso non è stato reso.
Il film è stentato, gli attori sembrano molto a disagio, Maya Sansa ci regala i suoi celebri sorrisi ma sembra non "sentire" il ruolo; quanto ad Accorsi non è il massimo in quanto a mimica facciale giacché la sua espressione non cambia mai a prescindere da quanto stia dicendo o da quale azione stia svolgendo.
Dopo tutto gli interpreti possono anche essere perdonati, la vicenda affronta una storia scontata: un adulterio consumato con bramosìa, la normalità della doppia vita per lui, da un lato marito irreprensibile e dall'altro amante focoso e geloso, il bisogno di sogno e normalità reale di lei, tanto da decidere di troncare la relazione quando scorge il suo amante in compagnia dell'elegante moglie e del figlioletto.
Sullo sfondo di questa squallida storia la Livorno degli anni Trenta con la sua passeggiata a mare, l'Accademia Navale, la galleria della via principale.
Coprotagonisti, il treno, sempre uguale a sè stesso come i giorni che scorrono di una esistenza senza speranze e Marco Messeri, simpatico caratterista toscano, nel ruolo del bigliettaio, a cui va dato un plauso per l'interpretazione fresca e realistica, seppur relegata a poche battute.
Splendida la canzone Le passanti che apre il film, versione italiana di Fabrizio De Andrè di Les Passantes, successo del cantautore francese Georges Brassens.
Un avvertimento: il film non deve assolutamente essere visto in una grigia giornata autunnale, finirebbe coll'intristire ulteriormente animi già depressi.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 16/11/2004
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