Voto Visitatori: | 8,33 / 10 (203 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 10,00 / 10 | ||
Il film "La storia infinita" prende ispirazione dai kolossal americani di Lucas e Spielberg. La principale motivazione di questa scelta, visti gli incassi record, sembra essere di natura commerciale, ma sottende anche una sorta di rivalsa del cinema europeo nei confronti di quello hollywoodiano. Lo dimostra il fatto che il centro di produzioni cinematografiche tedesco Bavaria Film, per gli effetti speciali, costruì il blue screen più grande del mondo; scelta che ha permesso a questa megaproduzione di registrare il più grande incasso europeo di tutti i tempi, permettendo in seguito alla Neue Constantin, casa di produzione gestita da Bern Eichinger, di dare vita a numerose pellicole di successo internazionale tra cui "Il nome della rosa" (1985) ed a Wolfgang Petersen di lavorare a Hollywood per grosse produzioni ("Tempesta Perfetta", "Troy").
Il film investe quasi tutto sulla spettacolarità delle immagini e sulla visualizzazione delle fantastiche creature che abitano il regno di Fantàsia. Essendo un prodotto rivolto maggiormente ai più piccoli, si è data particolare attenzione al personaggio di Falkor, disegnato in maniera differente rispetto al romanzo di Ende; sapendo però che il film sarebbe stato fruito anche da bambini piccolissimi, probabilmente incapaci di leggere, l'espediente commerciale utilizzato da Petersen è stato quello di dare al Fortuna Drago l'aspetto di un tenero "cagnolone" di peluche amichevole e capace di infondere un senso di calore e protezione. A tal proposito non è un caso che sia stata inserita una scena in cui Atreju dorme avvolto tra le braccia di Falkor. Le scene del volo in groppa al drago sono quelle che più colpiscono e di conseguenza le preferite dai bambini, in quanto rappresentano la realizzazione dei loro più grandi desideri.Lo stratagemma commerciale ha funzionato perfettamente poiché i bambini di quel periodo che lo hanno visto ne sono rimasti affascinati, e ne portano tutt'ora un bellissimo ricordo.
Ad essere sinceri, il prodotto non fu digerito dall'autore del romanzo da cui è stato tratto. Nel 1982 Michael Ende firmò il contratto per la versione cinematografica della sua magnifica opera, ma solo in seguito si rese conto delle enormi modifiche che la produzione e il regista volevano apportare. Questo è il suo commento dopo aver visto la prima:
"Auguro la peste ai produttori. Mi hanno ingannato: quello che mi hanno fatto è una sozzura a livello umano, un tradimento a quello artistico".
Ende, infuriato, volle procedere per vie legali contro i produttori al fine di far togliere il suo nome dai i titoli di testa, ma nel 1985 perse la causa.
Già come detto in precedenza la realizzazione del film aveva ben altri scopi e, in conformità a ciò, "La Storia Infinita" si presenta come un prodotto magnifico in tutte le sue fasi di realizzazione.
Con un budget di 27 milioni di dollari, molte risorse furono investite sugli effetti speciali di cui il regista di "Seven", David Ficnher, fu uno dei tre artefici. Meravigliosi costumi, scenografia mozzafiato e fotografia eccelsa fanno da scenari, ma un particolare riconoscimento va agli autori di un'indimenticabile colonna sonora realizzata da Klaus Doldinger del gruppo jazz tedesco Passport in collaborazione con l'italiano Giorgio Moroder (compositore musicale della canzone portante di "Flashdance" del 1983, vincitrice dell'Oscar e del Golden Globe). Moroder scrisse assieme a Keith Forsey la canzone del titolo che venne interpretata da Limahl, leader del gruppo Kajagoogoo, piazzandosi immediatamente al 4° posto delle classifiche in Inghilterra e al 6° negli USA.
Nonostante il particolare valore affettivo che questo film riveste per chi scrive, si rende necessaria un'analisi oggettiva che giustificherebbe l'ira di Ende nel vedere la sua opera letteraria semplificata, modificata e troncata sul grande schermo, sminuendone l'effettivo contenuto artistico e filosofico; difatti già dai primi capitoli si può scoprire quanto diverso sia l'approccio di Ende, rispetto a quanto ci vorrebbe far credere il regista Petersen.
Si avverte il lettore che la recensione di qui in avanti contiene spoiler; si suggerisce di interrompere la lettura qualora non si sia visto il film.
Bastian
Bastian, nel romanzo, si chiama "Bastiano Baldassare Bucci" ed è un piccolo ragazzo goffo, grassoccio e triste per la morte della madre.
Privo di particolari talenti mantiene una personalità anonima e, non risultando particolarmente brillante, non riesce ad adeguarsi a un modello scolastico che privilegia solide personalità creative e spigliate. E' un incompreso anche nella vita sociale, costantemente discriminato dai compagni per le attività di gruppo e, come se non bastasse, è ignorato dal padre che vive ancora il dolore per la morte della moglie, non riuscendo, quindi, a prendersi cura del figlio.
Nel film, Bastian è magro ed è un ragazzino che ha costantemente la testa tra le nuvole, pigro e svogliato; è lui stesso che si aliena dal mondo reale. Ciò che rimane invariato nella descrizione del personaggio sono le sue uniche armi, ovvero l'amore per i libri e la fantasia, che gli consentono di sopportare meglio la sua condizione, ma sono forse anche i principali motivi per cui i coetanei lo deridono e i professori lo trattano da innocuo idiota della classe.
Il misterioso libro
Nel film Bastian riesce a sottrarre il libro all'antiquario (che si lascia derubare senza far capire d'essersene accorto), ma tale gesto viene condizionato dal dialogo tra i due, avvenuto pochi momenti prima. Sembra essere lo stesso antiquario a voler spingere il ragazzo a prendere il libro, descrivendolo come unico nel suo genere, di lettura tutt'altro che innocua e di conseguenza non adatto a lui.
Nel romanzo Bastiano, attratto da quel libro come una falena verso la fiamma, lo "ruba", ma è come se l'autore ci volesse fare intendere che è stato il libro a "chiamare" Bastiano. In entrambi i casi la vicenda si conclude con il ragazzo che si rifugia in un'aula abbandonata della scuola per iniziare a leggere.
Il libro è molto particolare in quanto è scritto con pagine verdi e bordeaux, con i capolettera miniati. Sulla copertina rosso cupo è impresso un uroboros, ovvero un disegno con serpenti che si mordono la coda, antico simbolo di completamento e di eternità, usato da molte antiche civiltà indoeuropee per indicare l'Infinito, l'eterno ciclo delle stagioni. In Ende, l'oroburos rappresenta una realtà che può essere vissuta appieno solo se viene illuminata dal sogno, dalla speranza, ma soprattutto da una fantasia che può rigenerarsi solo se riceve stimoli dalla Realtà.
Tra Avventura e Filosofia
Il carattere di complementarità tra reale e fantastico nel film è delineato da una generale empatia tra quanto accade nelle pagine e ciò che vive Bastian. Di solito nei romanzi fantastici ci sono scontri tra bene e male raffigurati da netti schieramenti. In questo romanzo si va oltre; la battaglia assume toni filosofici in quanto la lotta è tra l'Essere e il Non-Essere. Il Nulla che minaccia il regno di Fantàsia non corrisponde al male quanto al vuoto, all'assenza e di conseguenza, alla non esistenza. Il film, tramite oscure nubi e vortici, non riesce a rappresentare efficacemente questi concetti sul grande schermo, ma d'altra parte in che altro modo si poteva riprodurre il "niente", in maniera spettacolare?
Economia narrativa
Il film tutto sommato si dimostra piuttosto fedele al racconto, ma la strategia adottata da Petersen ha comportato l'omissione di alcuni personaggi, condizionando i ruoli di quelli che appaiono nello scorrere delle sequenze, come ad esempio, l'entrata in scena del Drago della Fortuna. Sul grande schermo, Falkor fa la sua comparsa in cielo tra le nuvole intento a soccorrere Atreju. Il giovane guerriero è allo stremo delle forze nella palude della tristezza ed è in grave pericolo; un tenebroso lupo al servizio del Nulla con l'incarico di eliminarlo, è sulle sue tracce ed è ormai vicino. Il Drago della Fortuna riuscirà solo per un soffio a salvare Atreju dalle grinfie di Gmork (nel romanzo Mork). In realtà nel racconto originale è Atreju che tenta di salvare Fùcur (Falkor) dalla morsa di Ygramul, un'oscura creatura multiforme del Profondo Abisso. Un intero capitolo del romanzo è dedicato a questa vicenda e si conclude con un gesto eroico da parte del giovane guerriero che gli permette di arrivare in un baleno nei pressi dell'Oracolo Meridionale, riuscendo involontariamente a liberare anche il Drago della Fortuna. Oltre a queste evidenti modifiche, possiamo notare anche una considerevole semplificazione di alcuni dialoghi "chiave"; in particolare quello tra Atreju e Morla nella palude della tristezza e l'ancor più complesso dialogo tra Atreju e Mork nella città dei fantasmi, in cui si evincono contenuti filosofici assai più profondi rispetto a ciò che viene rappresentato sul grande schermo.
I confini di Fantàsia
Il Nulla viene inteso anche come l'assenza di capacità immaginativa; uccide sia i personaggi buoni che cattivi senza fare alcuna distinzione. Senza immaginazione non si può dar vita ad alcun personaggio, positivo o negativo che sia; resta solo una realtà sciatta e degradante. Nel magico libro vengono narrate le vicissitudini di Atreju, a cui è stato dato l'arduo compito di salvare il regno di Fantàsia dalla minaccia dell'incombente Nulla. Tra mille avversità, solo e disarmato, scoprirà che il motivo per cui il suo mondo muore è legato direttamente all'Infanta Imperatrice. Ha bisogno di un nuovo nome, ma nessuno dei suoi sudditi può dargliene uno; solo un essere umano ne ha la capacità e può farlo soltanto se riuscirà a varcare i confini di Fantasia. C'è un solo grosso problema che si rivela dopo mille avventure: Fantàsia non ha confini e neanche una geografia fissa e immutabile. Solo grazie alla fede nei sogni e nella fantasia Bastiano riesce a varcare la soglia. Il piccolo lettore, nel momento in cui grida il nome della madre, riesce ad abbattere i confini dei mondi, dando origine a un nuovo regno che lui stesso edificherà attraverso i suoi desideri.
Dal mondo reale al mondo di Fantàsia
Come già anticipato, Bastiano entrerà in Fantàsia donando il nuovo nome all'Infanta Imperatrice, dando inizio alla nuova vita del Regno.
Si ritroverà a poter realizzare i suoi sogni grazie alla magia dell'Auryn a lui affidato. Tra i mille e più desideri che esprimerà, si libererà per prima cosa del suo corpo, sostituendolo con quello di un giovane ed atletico principe indiano; poi desidererà dimostrare coraggio, avere un'arma soprannaturale, volare sul drago, essere un campione di torneo cavalleresco, un grande scrittore, un benefattore, sconfiggere un nemico tremendo, essere saggio e illuminato, e così via fino all'unico desiderio proibito: sostituirsi alla stessa Imperatrice.
Bastiano non si accorgerà per tempo di un'implacabile legge che governa Fantàsia e l'Auryn: "per ogni desiderio che si realizza, si perde qualcosa dell'esistenza precedente: un ricordo".
A volte dimenticherà fatti tristi, spiacevoli, o eventi di minore importanza; pian piano però comincerà a dimenticare anche le cose belle. Solo spogliandosi poco a poco dei suoi desideri futili potrà far ritorno al mondo reale più maturo e consapevole, pronto a migliorare la sua vita e quella di chi gli sta vicino. È un cammino lento e doloroso, lontano dalle atmosfere epiche che generalmente figurano sullo schermo.
Niente gran finale in tripudio, niente battaglie o magie esorbitanti.
Gli ultimi capitoli ci mostreranno Bastiano che si priva poco alla volta di ogni suo sogno realizzato, cercando di recuperare se stesso per poter tornare alla realtà.
Quanto suddetto, nel film viene parzialmente rappresentato con pochissime scene che vedono Bastian volare con il Drago della Fortuna, nell'intento di prendersi una (virtuale) rivincita sui compagni di scuola, annunciando l'epilogo della pellicola, e tralasciando tutto il resto della storia che verrà poi proposta in due fallimentari sequel: "La Storia Infinita 2" del regista George Miller (trilogia "Mad Max") e "La Storia Infinita 3" del regista Peter Macdonald ("Rambo III").
L'Opera letteraria e la necessità commerciale
Il romanzo di Ende viene così mutilato da questa produzione cinematografica di sicuro più adatta a un pubblico infantile rispetto a quello più adulto e consapevole.
Probabilmente non si poteva fare di meglio per conciliare una trama dai molteplici aspetti filosofici e le esigenze di produzione. A tal proposito non bisogna dimenticare che nel 1984 non esistevano le computer graphic e la tecnica digitale del giorno d'oggi, e non va sottovalutato il fatto che 94 minuti di pellicola non sarebbero bastati per trasporre integralmente l'opera di Ende sul grande schermo; un lungometraggio di tre ore sarebbe risultato stancante, soprattutto se si considera il fatto che voleva essere un prodotto destinato al pubblico più giovane. L'autore si sentì oltraggiato nel vedere la sua opera trasformata e troncata in quel modo, ma, conoscendo Hollywood e le leggi del mercato, doveva immaginarsi un tale scempio e avrebbe potuto negare l'utilizzo del soggetto. Le cose non andarono così e non si può pretendere che un film costoso, e quindi desideroso di un grosso rientro commerciale, eviti compromessi.
Conclusioni
Sarebbe facile ora cadere nella tentazione di fare paragoni tra ciò che è la pagina scritta e la rappresentazione cinematografica, ma tenendo in considerazione quanto detto finora non posso condannare la scelta di una produzione che non ha mai nascosto le sue reali intenzioni. Tuttavia la reazione di Ende è comprensibile; chiunque però abbia desiderato, visto e amato questo film con gli occhi di un bambino non potrà mai considerarlo uno scempio. Se oggi molti conoscono Michael Ende, la sua storia e il suo libro, lo devono principalmente a questo film, in quanto non ha mai smesso di far sognare e "desiderare".
Fino alla venuta de "Il Signore degli Anelli" di Peter Jackson il genere fantasy non aveva mai goduto di grande stima da parte della critica, considerato da sempre un filone cinematografico di basso livello artistico e narrativo e destinato esclusivamente ad un pubblico di minori. Nonostante tutto il prodotto di Petersen ha in qualche modo infranto tali pregiudizi catturando l'attenzione della critica, sia nel bene che nel male.
Michael Ende si spegne nel 1995 all'età di 65 anni per un cancro allo stomaco. Nel giugno del 2005, proprio in Italia, nasce dalla mente creativa dell'autore e musicista Marco V. Pogliaghi e del regista teatrale Daniele Camiciotti la riproduzione di un opera teatrale del La Storia Infinita della durata complessiva di tre ore circa. Il progetto è stato supportato dallo scenografo Paolo Freddi che ha immediatamente collaborato proponendosi anche come coreografo e maestro d'armi per tutte le scene di combattimento. Tale rappresentazione è stata eseguita nel rispetto della volontà dell'autore, basandosi alla lettera sul testo integrale. La rappresentazione ha riscosso un buon successo che gli ha permesso di andare in tourneé per due anni di fila in molti teatri lombardi, con ultimo spettacolo nel Novembre del 2007 al Teatro Pax di Cinisello Balsamo (MI).
Pur avendo adorato il film di Petersen in età infantile, chi scrive non nasconde che sarebbe felice di vedere un'equa trasposizione cinematografica integrale del romanzo, completo dei personaggi e degli ambienti menzionati, proprio come avrebbe voluto il padre di quest'opera dalle indescrivibili meraviglie.
Non è facile dire se ci sarà mai un regista che vorrà accettare questa sfida, ma sperando che ciò possa avvenire in tempi non troppo lontani si può continuare a sognare.
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Recensione a cura di Fulvio Baldini aka peter-ray - aggiornata al 05/03/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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