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Due scienziati statunitensi sono interessati a uno studio approfondito sul cosiddetto uomo pesce, un essere anfibio con tratti fisionomici umani, dotato di una forza straordinaria, sopravvissuto alla sua specie in virtù di un ecosistema acquifero rimasto integro per millenni, situato in una ristrettissima zona del'Amazzonia.
L'uomo pesce è una strana creatura acquatica, dallo stato eretto, con la meccanica degli arti simili all'uomo, rivestita di squame, dotata di branchie e pinne, pregiudizialmente considerata crudele dalla polizia e dai media americani.
I due studiosi noleggiano un elegante battello dal nome Porpoise III, con a bordo tre membri di equipaggio, opportunamente attrezzato per immersioni subacquee e la cattura di pesci molto grossi.
Grazie alle informazioni scientifiche ricavate dalla precedente apparizione dell'uomo pesce, i due scienziati individuano facilmente la zona d'acqua dove la creatura anfibia potrebbe essersi rifugiata e decidono per una immersione esplorativa. Uno dei due studiosi si immerge ma viene a un certo punto aggredito dall'uomo pesce e, solo dopo una furiosa lotta, riesce a divincolarsi risalendo a bordo salvo ma ferito a un braccio.
Per catturare la creatura anfibia il team di scienziati decide di far esplodere pacchi di dinamite galleggiante, disposti in più punti dello specchio d'acqua. L'operazione riesce e il corpo della creatura viene a galla privo di sensi ma ancora in vita.
L'uomo pesce viene portato in un acquario dove rinviene grazie a un trattamento sulle branchie simile a quello adottato per i grossi pesci moribondi ma, una volta ristabilitosi diventa un pericolo pubblico e riesce a fuggire seminando il terrore. Ripreso viene incatenato e relegato in una vasca studio.
Gli vengono poi effettuati dei test per capire le caratteristiche del suo cervello e quanto grandi siano le sue capacità logiche di apprendimento. Durante uno di questi test scientifici effettuati da una scienziata l'uomo pesce, invaghitosi della bellezza fisica della donna, trova la forza per liberarsi dalle catene e fuggire.
La creatura anfibia spierà di nascosto alcuni comportamenti privati della donna, giungendo anche a contemplarla nei suoi atteggiamenti più intimi; il suo invaghimento sensuale diverrà tale da portarlo istintivamente a rapirla; lo farà durante una festa mondana notturna.
La polizia riuscirà a salvare la donna e a catturare l'uomo pesce, consegnandolo agli scienziati per uno studio più sereno, privo di sofferenze, sprigionante qualche forma di empatia comunicativa tra l'uomo e la sua psiche primitiva? O verrà ucciso perché considerato troppo pericoloso?
"La vendetta del mostro" è un film sul tema della diversità che prosegue la originale serie di fantascienza degli anni '50 caratterizzata dall'incontro fra due generi differenti: da una parte il melodramma dall'altra la science fiction più originaria: quella asciutta e concentrata sull'amore per il mistero più che sull'erotismo tra sessi diversi.
Il film è stato prodotto in USA nel 1955, con la regia di Jack Arnold, e girato in 3D. È il seguito del più celebre "Il mostro della laguna nera", diretto sempre da Arnold nel 1954. In Italia il film stranamente uscì solo quattro anni dopo; venne distribuito dall'Universal International nel 1959.
La figura dell'alieno viene intesa da Arnold come simbolo di una questione legata all'istinto animale insoddisfatto, problematica presente nell'uomo civile occidentale, una sorta di compressione oscura della pulsione vitale, caratterizzata da una forte inquietudine esistenziale e sociale, segno di sintomi legati a un disagio della civiltà non del tutto cosciente.
L'alieno è la proiezione di una parte di sé ritenuta straniera, un rigetto inconsapevole di un proprio male verso l'esterno, il prodotto di una non riuscita soddisfazione legata alla sfera inconscia primaria, che spesso si evidenzia con il razzismo e la xenofobia tendenti a compensare per spostamento certi mancati appagamenti basilari per un vivere più intenso.
Il mostro allora è un'istanza fantasmatica che gioca nell'economia psichica dei desideri umani un ruolo di volta in volta diverso apparendo in alcuni casi, da un punto di vista psicanalitico, come figura che condensa in un'unica immagine contesti conflittuali profondi che aspirano a una scarica motoria liberatrice, a uno sfogo pulsionale contro l'altro esterno non inteso come specchio del proprio sé inconscio. In altri casi è invece figura sostitutiva, di spostamento, rispetto a problematiche mortificanti che si vogliono relegare nella rimozione attribuendone all'altro, alieno, le responsabilità più legate alla loro origine formativa.
L'attrazione del mostro della laguna per la bella scienziata ittiologa rappresenta il ritorno inconscio di un istinto animale atavico che nella civiltà occidentale, nonostante i progressi civili, non accenna a placarsi. Esso pone la questione della presenza di una civiltà malata, affetta da un assopimento dell'istinto, in contesti sociali troppo poco espressivi e perciò proprio per questo in grado di deprimere ulteriormente diverse sfere pulsionali.
Un occidente quindi ancora molto mistificatorio, lontano dall'aver inteso lo straniero che giace rimosso nell'inconscio, distante dalla comprensione di quella parte di sé preconscia, viva e sempre attuale, che agisce nel quotidiano distorta nelle sue forme più primitive perché compressa dalle pulsioni civili conquistate a fatica nel tempo, destinata a suscitare, proprio perché negata, passioni travolgenti a volte indicibili o lontane da ogni morale acquisita.
Il mostro come altro Io proveniente per proiezione umana dall'interno inconscio, intona un rapporto con il proprio sé che seppur segnato dalla stranianza abbozza una soluzione violenta al proprio disagio.
Il mostro della laguna che rapisce la donna può andare incontro ipoteticamente a tre scioglimenti del finale.
Prima ipotesi: la creatura viene trovata e uccisa, in tal caso ciò rappresenterebbe l'avvenuto rapporto erotico con la donna e il conseguente spegnimento e morte di ogni tipo di desiderio.
Seconda ipotesi: il mostro viene catturato e la donna liberata, in tal caso ciò equivarrebbe a una sublimazione nel civile del desiderio, le cui energie rimesse in gioco vengono spostate verso l'alto, ad esempio nello studio dell'essere anfibio, quindi nella direzione di un incremento del civile più noto.
Terza ipotesi: la donna viene liberata e il mostro riesce a fuggire. Qui si presenta allora una soluzione molto parziale del problema perché la creatura, ritornando liberamente in circolazione, fa pensare che le vicende del suo desiderio erotico sono state fallimentari, che egli non ha trovato alcuna soddisfazione, e che le sue pulsioni desideranti non sono state sublimate attraverso la cultura del civile.
Nella terza ipotesi, al desiderio erotico rimasto del tutto insoddisfatto, non rimane che rifugiarsi nella follia, nella fuga, nella asocialità e nel rifiuto di ogni integrazione comunitaria, perché l'investimento libidico subisce uno spostamento, passa dall'oggetto causa, che aveva provocato la pulsione erotica, al proprio Io. Quest'ultimo - sovrainvestito, dominato dalla pulsione sessuale insoddisfatta, accecato dalla libido riversata su di sé - si scinde in due parti che portano alla paralisi della razionalità e della ragione sociale, allontanando velocemente l'Io desiderante dalle istituzioni e dall'ordine costituito.
Da sottolineare nel film l'esordio di Clint Eastwood, che fa l'assistente al primario nel prestigioso laboratorio addetto allo studio del comportamento animale.
E' un attore giovanissimo, di 22 anni, completamente irriconoscibile se non si sa prima chi è. Gira una sequenza di un minuto circa con molta sicurezza e freddezza espressiva, sollevando in quella scena un divertente quesito sulla scomparsa-scherzo di un topolino bianco da esperimenti.
L'animale era situato, insieme ad altri topi, in una gabbietta di ferro insieme a un gatto; Clint, contrariamente a una tesi scientifica sul comportamento degli animali in gabbia di diversa specie, che sosteneva come le bestiole tra loro, in una situazione simile diventano tolleranti e pacifici, riteneva che il topolino poteva essere stato divorato dal gatto, ma poi se lo ritrova nella tasca sinistra del suo camice bianco.
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 26/01/2011 16.41.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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