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Ahi malvezzo della pubblicità! Troppe volte ingannevole per attirare il pubblico, o con titoli non pertinenti, o con trailer televisivi artificiosi dove si mettono in scena immagini e testi fuorvianti.
Nel caso de "Le particelle elementari" il non sense del titolo risale comunque all'opera letteraria originale del francese Michel Houllebecq, romanzo di enorme successo commerciale, con una tiratura di oltre 300.000 copie; dove, sembra, si trattavano temi ponderosi come il fallimento del '68 e della sua libertà sessuale,con ipotesi futuribili di una procreazione artificiale pilotata dalla neo-biologia con la scomparsa dei rapporti sessuali.
Ma, come si sa, il trasferimento di un'opera letteraria in un racconto cinematografico, nella trasposizione dalla lingua scritta all'opera immaginifica per definizione, e cioè al cinema, è sempre estremamente problematica. Non impossibile, come alcuni sostengono; anzi siamo fautori di una concezione opposta, secondo la quale certi contenuti narrativi possano trovare nel cinema un palcoscenico più congeniale, guadagnandoci addirittura in termini qualitativi!
Ma perché ciò avvenga occorre che la regia abbia idee molto chiare sui temi a descrivere, e che sappia "rimasticare" a dovere la materia in oggetto facendola propria, e reinventandola come originale.
Al contrario, ne "Le particelle elementari", ci troviamo di fronte a un contesto narrativo confuso ed eterogeneo incapace di portarci in medias res, e di "posizionare" categoricamente il suo prodotto, presentato troppo commistamente alla rinfusa.
Si tratta di una commedia comico-leggera, come parrebbe dai promo televisivi, e nelle scene del povero border-line assatanato di sesso, da solo in campeggio? Quando assiste all'arrivo di compagnie di gaudenti che "rapiscono" giovani e convenzionali veline? O vorrebbe essere una storia psicanalitica dove la mancata dedizione in età infantile da parte di una madre irresponsabile nevrotizza irrimediabilmente due fratelli, rendendoli uno "frigido", anaffettivo ed autistico, e l'altro erotomane e nevrastenico? Oppure, volendola leggere in chiave didascalica, sarebbe una favoletta romantica dove due donne volute dal fato rappresentano la soluzione catartica per l'esistenza dell'uomo: "amo, dunque sono??". Anche se poi una muore, e finisce per vivere solamente nel sogno (psicotico) del principale interprete. O forse, banalmente, le due amorose vogliano rappresentare l'immagine simbolica del bisogno edipico- affettivo dei due fratelli, che con le amate dell'ultima ora (o della prima), riescono finalmente a super compensare il triste bisogno maturato nella prima infanzia? E come potrebbero, anche volendolo, sublimare l'immagine di una madre mancante con una macchietta di barbie svaporata come quella proposta nel film?
E che dire della scena sul letto di morte dove la poverina assume le sembianze grottesche della vittima sacrificale di un horror hitchcockiano?
Beh, poco da dire, di fronte a tanta confusione espressiva, tra toni del grottesco e "voglie" di espressionismo. Col pretesto aggiuntivo di motivare i fatti raccontati con motivazioni pseduo scientifiche o futurologiche di un mondo da reinventare su altre basi, al di là del sesso e delle spinte libidiche. Mentre poi, invece, il racconto si sofferma lungamente su messaggi di segno contrario, come le scene orgiastiche di gruppo dove, e non si capisce perché, i nuovi amorosi, lo psicotico e la futura paraplegica (a ruota suicida), si scatenano con piena soddisfazione e affettuosa complicità! Boh? Chi ci capisce qualcosa è bravo!
Personalmente ne usciamo con la ferma convinzione di non farci più fuorviare da pubblicità ingannevoli, infarcite di lusinghe sexy. Senza con questo togliere nulla alla bravura degli interpreti principali, che, malgrado il compito assai intricato sanno reggere la parte in modo piuttosto convincente.
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Recensione a cura di GiorgioVillosio - aggiornata al 02/05/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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