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E' di questi giorni la notizia che è stato finalmente arrestato in Thailandia il pedofilo assassino di un'americana babydiva in erba.
La piccola era nota per la sua partecipazione ai concorsi di bellezza per bambine, fortemente voluta e pilotata dalla madre; in tale occasione veniva conosciuta dal losco figuro, avviandosi alla sua tragica fine.
La cosa fa rabbrividire, ovviamente, ma al contempo riflettere a fondo: sul sistema divistico/commerciale americano che alimenta questi miti; sulla frivolezza assurda delle madri, che approfittano delle figlie per dare sfogo al loro transfert narcisistico. E infine sulla pochezza del mondo maschile che, invece di limitare tanta leggerezza femminile, la subisce e addirittura la asseconda.
Ricordiamo che nell'analoga situazione del "Bellissima" viscontiano, il padre della piccola era fortemente contrario alla ricerca di notorietà, e la madre, Anna Magnani, ci provava di nascosto da lui! Ma... correva l'anno 1951, e l'autorevolezza dell'uomo di casa era ben altra!!! Peraltro la madre stessa, infine, prendeva coscienza dell'assurdità di assoggettare l'innocenza di una figlia ad un mondo senza codici morali.
La storia di "Little Miss Sunshine" è simile per molti aspetti; c'era già dunque molta materia per trarne un film di notevole rilievo (tipo "Bellissima" per l'appunto).
Al contrario nel racconto vengono a sovrapporsi una serie di altri film, di natura diversa, col risultato di sconcertare lo spettatore attento, che non si accontenti di facili risate. Perché, va detto che la commedia ha molti momenti divertenti, con battute esilaranti e personaggi curiosissimi. E questo sarebbe di per sé già un altro film, di taglio puramente comico, per fare ridere molto. Con interpreti tutti proposti come vere macchiette, ad eccezione della madre, un po' svaporata, ma ancora... nel suo. Il vecchio nonno gaudente, drogato e turpiloquente, lo zio semisuicida, omosessuale depresso, il fratello autistico, che comunica solo col block notes, il padre alla Paperino, eternamente perdente ma che tiene corsi per vincenti, e la piccola semidiva, buffa e cicciotella, formano un quadro convincente da vera commedia comico-brillante.
A questo punto si innesta però un altro film, da cult americano, on the road: il solito pellegrinaggio attraverso gli States, un "Easy Rider" senza però conclusioni tragiche. Dove il viaggio (e qui si individua un 'ulteriore valenza) assume una dimensione catartica, di purificazione collettiva per la famiglia. Come Indù nel Gange a Benares, l'eterogenea famiglia assume una nuova coscienza di sé, ricompattandosi solidalmente di fronte all'assurdo del mondo circostante, riaprendosi a nuove modalità di interrelazione.
Aggiungendosi dunque un'altra componente, di taglio psicanalitico: il viaggio visto come metafora del cambiamento e momento obbligato di crescita (vero pure questo, ma...). Dove poi si torna alla chiave comica grazie al simpatico mezzo usato per detto viaggio: un VW Transporter anni '80 (il cosiddetto Combi) tutto vetrato, simil automobile: antesignano di tutte le monovolume e delle filosofie odierne dell'auto utile. Un'idea, volendo, orecchiata dallo storico "Maggiolino tutto matto" dell'epoca dei Beatles.
Nell'insieme, dunque, una miscellanea di elementi diversi; con storie di ordinarie nevrosi raccontate a sprazzi nel modo compulsivo degli odierni video musicali, a flash. Un po' come negli smanettamenti su Internet, dove si demanda a una clickata, e a immagini fugaci in rapida successione, una (impossibile) comprensione, che pretenderebbe invece pause riflessive e tempi logici di fruizione.
Ciò detto, vanno comunque salvate alcune componenti staccate del film, valide in sé: l'aspetto comico, talora irresistibile, la fotografia del viaggio, lunga icona on the road, e la recitazione di tutti i personaggi: eccezionali, tra queste, la già citata figura dello zio mancato suicida, e del nipote autistico, che comunica solo coi foglietti. Meno, forse, il nonno, più paradossale che divertente e alla fine "seppellito" nel bagagliaio dalla allegra famiglia, come le ragazze del Circeo.
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Recensione a cura di GiorgioVillosio - aggiornata al 28/11/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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