Recensione l'uomo che cadde sulla terra regia di Nicolas Roeg Gran Bretagna 1976
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Recensione l'uomo che cadde sulla terra (1976)

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locandina del film L'UOMO CHE CADDE SULLA TERRA

Immagine tratta dal film L'UOMO CHE CADDE SULLA TERRA

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Su un pianeta agonizzante, tecnologicamente molto progredito ma già del tutto desertificato, appartenente ad un altro sistema solare, grava una siccità che sconvolge ogni vita. Un giovane scienziato sopravvissuto a quel mondo in agonia giunge sulla Terra per tentare, con un piano scientifico in grado di utilizzare le risorse terrestri, una missione salvifica del proprio habitat.
La famiglia rimane in attesa, con ansia, del suo ritorno, nel deserto, opportunamente attrezzata.
L'astronave da lui pilotata cadrà in un lago situato a 2.850 metri di altezza, nei pressi del paese Haneyville, negli Stati Uniti, dove l'extraterrestre conta inizialmente di confondersi tra la gente.

Il suo nome è Thomas Jerome Newton (interpretato dalla rockstar David Bowie), la sua costituzione fisica è somigliante a quella umana ma gli occhi sono simili a quelli di un gatto, cosa che lo costringe a sovrapporre sui bulbi oculari due morbide fibre trasparenti riproducenti il normale cristallino degli occhi umani.
L'alieno, sfruttando nove brevetti che ha con sé, idonei a creare un nuovo mercato dell'elettronica, tecnologicamente molto più evoluto del preceden-te, riesce ad impiantare con l'aiuto di un legale esperto di brevetti, una multinazionale di elettronica, la World Enterprise, che in breve tempo raggiunge livelli di produttività e penetrazione commerciale di livello mondiale, con profitti sbalorditivi.
Acquisita una ricchezza ineguagliabile, Thomas si mette in contatto con uno scienziato di valore, Nathan Bryce, cui delega il compito di progettare un'astronave in grado di ricondurlo al pianeta natio e di trasportare con essa energia conservata sotto forma di idrogeno, necessaria per sconfiggere la desertificazione del suo habitat.

Nel frattempo Thomas, guardando le televisioni terrestri, rimane sempre più coinvolto dal modo di desiderare umano cercandone l'imitazione fino al punto di veder minacciata la sua identità psicologica originaria che, in quanto estremamente diversa nella composizione dalle psicologie umane che incontra, lo fa molto soffrire.
Nella relazione con una dipendente dell'Hotel in cui alloggia, che lo cura amorevolmente, scopre l'amore umano, trova poi nel sesso e nel bere le vie principali per ottenere un soddisfacimento compensativo alla sua condizione di emarginato, di alieno, ma paga per questo un duro prezzo perché la sua personalità si dissocia sempre più profondamente da ciò che prima sentiva in modo unitario e che era legato ai ricordi vividi della famiglia. Ora prova sensi di colpa per la propria consorte e i due figli che lo attendono soffrendo nel suo pianeta di origine mentre lui a volte si diverte.
La sua enorme ricchezza attirerà anche l'attenzione dei servizi segreti, che, in una sorta di abusiva funzione antitrust decidono di indebolire il potere di Thomas uccidendo il suo legale e tenendo per molto tempo in osservazione l'alieno fino al punto da renderlo quasi cieco.
Scoperta dagli agenti CIA la sua strana origine, Thomas è ormai depresso ma riesce lo stesso a fuggire dalle loro mani. L'astronave però, che era quasi pronta per il viaggio di ritorno, viene distrutta da misteriosi personaggi presi in intrighi politici.

Riuscirà Thomas, già affetto da alcuni handicap fisici, a reagire agli attacchi della CIA e con il proprio potere economico a ricrearsi una po-sizione, tale da metterlo in condizione di approntare un nuovo progetto di viaggio di ritorno al mondo di origine? E la sua famiglia, nel pianeta natio, riuscirà ad attendere ancora a lungo il ritorno di Thomas senza con ciò perdere la propria vita a causa della siccità?

Il film vede la grande entrata in scena cinematografica della rockstar David Bowie, già noto per le sue espressioni creative - umanoidi nella canzone-video di successo Life on Mars?.
Nel film Bowie non dà alcun apporto musicale nuovo, originale, però alcuni suoi brani appaiono qua e là come il suggestivo Sense of doubt.
Il film, uscito nel 1976 è di produzione Inglese, la sceneggiatura è tratta dal libro omonimo di Walter Tevis, "The Man Who Fell To Earth" che si sofferma con un certo spessore letterario su temi di estremo interesse culturale quali la solitudine angosciosa, l'alienazione umana legata alla diversità, le pulsioni dissociative dell'Io abbinate al desiderio-passione presente nel sociale dei perdenti. Il film ricalca gli stessi temi del libro seppur da angolazioni diverse che ne moltiplicano l'interesse.

Bowie, sorprendentemente, pur rimanendo in sostanza fedele al proprio modo artistico, usuale, di esprimersi nel canto, conferisce al suo personaggio una credibilità assai efficace, frammista di mistero ed esistenzialità problematica, che ne alimenta il carisma a discapito dell'azione, fino al punto di diventare il centro del film stesso, lontano da ciò che la sceneggiatura ricercava con più insistenza intorno all'azione.
L'effetto d'insieme del film, nelle sue caratteristiche più salienti, sfugge quindi da quanto voluto dai produttori e va per proprio conto in una direzione diversa con il sostegno del pubblico colto assumendo toni quasi intellettualistici.
Da sottolineare l'ottimo finale, coerente con le problematiche esistenziali sollevate nella prima parte della narrazione, un finale che evidenzia e attua le naturali logiche di sbocco delle tensioni costruite ad arte preceden-temente, e mai legato a codici visivi convenzionali; è qualcosa che con il suo spessore psicologico del tutto originale, ben costruito, incrementa il valore culturale e filosofico del film.

Il regista Nicolas Roeg è nato a Londra nel 1928, è stato collaboratore nella spettacolare fotografia del film "Lawrence d'Arabia" (1962), è famoso per pellicole come "Sadismo" (1970), "L'inizio del cammino" (1971), "A Venezia... un dicembre rosso shocking" (1973), "Il lenzuolo viola" (1980), "Eureka" (1982), "La signora in bianco" (1985).

Roeg si distingue soprattutto per il tipo di linguaggio fotografico, sempre molto misurato, sobrio ben pertinente a una comunicazione trasparente, cristallina, che accompagna con colori e contrasti pregnanti di effetti-significato dolore-speranza sia l'azione che i dialoghi dei personaggi.
Una fotografia che riesce a fondersi con lo stile narrativo voluto dalla sceneggiatura rimanendo semplice nella composizione, essenziale, paradossalmente invisibile per il solo fatto che si sottomette al senso estetico dell'andatura lenta, acculturata dai dialoghi più che dall'immagine, così voluta e ricercata dal regista Roeg.
Predominano infatti i colori semibui della tristezza, della paura, del mistero, e anche la passione erotica soggiace a colori stinti come a voler ribadire la forte presenza nel film di un pregnante contesto di morte, dove la speranza di vita, di rinascita, è ridotta ai minimi termini.

Il film può anche essere commentato spingendosi con il pensiero oltre gli orizzonti più usuali della critica nota, osando misurarsi con altre modalità analitiche ampiamente collaudate, per certi aspetti singolari ma di estremo interesse, come ad esempio il modo onirico.
In questo senso il pianeta alieno morente di Thomas, agonizzante per sic-cità e in cui la famiglia aspetta il suo ritorno nel deserto sperando nella salvezza, potrebbe essere paragonato al pianeta Terra del futuro, e l'arrivo dell'alieno Thomas nel nostro presente potrebbe commisurarsi a un viaggio tra epoche diverse con un'astronave del tempo.
Ciò andrebbe interpretato come un tentativo dello scienziato astronauta di porre rimedio, avvalendosi dell'importazione dal futuro di una tecnologia più avanzata ben abbinata a un piano strategico generale, al destino am-bientale negativo del nostro pianeta.
Una catastrofe ecologica per il pianeta Terra del futuro di cui già oggi si possono notare i segni premonitori, come da una parte la mediocrità umana manifestata più volte nell'amministrazione del patrimonio naturalistico del globo, e dall'altra l'aumento esponenziale della popolazione che si trascina dietro il problema dell'impossibilità di garantire una crescita illimitata della biomassa umana e animale rispetto alle risorse disponibili, problema quest'ultimo che trova conferma in alcune teorie con a base l'entropia dell'energia, la sua degradazione irreversibile nel tempo che fa pensare a una impossibilità di utilizzo del sole senza limiti, teoremi sostenuti da scienziati che si occupano da diversi anni del rapporto energia solare-crescita delle biomasse.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 21/10/2011 16.52.00

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