Recensione warrior regia di Gavin O'Connor USA 2011
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Recensione warrior (2011)

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locandina del film WARRIOR

Immagine tratta dal film WARRIOR

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Tommy Conlon (Tom Hardy), ex-marine, torna a casa dal padre Paddy (Nick Nolte), suo allenatore ai tempi di una promettente carriera giovanile nella lotta, per chiedergli di allenarlo di nuovo in vista di Sparta, un importante torneo di Mixed Martial Arts che mette in palio una borsa di cinque milioni di dollari.
Il rancore di Tommy nei confronti di Paddy – che con i suoi problemi di alcolismo aveva costretto Tommy e sua madre ad una disperata fuga da casa anni prima – è pari solo a quello nei confronti del fratello Brendan (Joel Edgerton), ritenuto colpevole di averlo abbandonato al suo destino per restare con la sua ragazza, Tess (Jennifer Morrison).
Brendan, che nel frattempo si è costruito una famiglia con Tess e lavora come professore di fisica, decide di tornare sul ring degli incontri clandestini per evitare il pignoramento della casa.
Quando Brendan riesce ad iscriversi a Sparta e ad avanzare nel torneo contro ogni aspettativa, la resa dei conti tra i due fratelli diviene inevitabile, mentre Paddy cerca disperatamente un'ultima occasione di redenzione e le sorprendenti motivazioni d Tommy vengono finalmente alla luce.

A volte è più semplice definire un film per quello che non è: "Warrior" non è un film sulle arti marziali e non è un film sul riscatto sociale attraverso lo sport, genere tanto caro al cinema americano che, pur riuscendo ancora a generare ottimi prodotti come "The Fighter", ha detto da tempo tutto quello che aveva da dire. Per quanto sorprendenti queste affermazioni possano sembrare, una volta visto il film si capisce che Gavin O'Connor ha continuato nello stesso solco di "Pride and Glory" (2008): l'esplorazione delle dinamiche familiare in condizioni estremamente particolari, mascherando il tutto da film di genere.
Il film con Ed Norton e Colin Farrell era una storia di corruzione che dilaniava una famiglia di poliziotti, "Warrior" è la drammatica storia delle vite parallele di due fratelli segnati da un padre alcolista e violento, che si ritrovano faccia  a faccia dopo tanti anni su un ring dal quale nessuno può uscire sconfitto.

La prova che "Warrior" non sia il film che sembra e che non appartenga al genere che prende in prestito per raccontare la storia dei fratelli Conlon è nella sequenza di allenamento. Dai tempi della fanfara di Bill Conti che accompagnava Rocky per le strade di Philadelphia, l'immancabile "training montage" serve a comprimere la ripetitività degli allenamenti del protagonista in un'unica, epica, scena, possibilmente inserendo anche l'allenamento dell'avversario da battere (chi non ricorda il doping di stato di Ivan Drago mentre Rocky gelava nella neve sovietica?) e soprattutto a creare la giusta atmosfera per lo scontro finale.
In "Warrior", O'Connor opta per un insolito split screen più necessario che utile, quasi un intermezzo, un corpo estraneo che separa due metà del film, assolutamente inefficace quanto a carica emotiva, ma comodo per giustificare la presenza di Brendan ad un torneo assolutamente non alla sua portata.

Al contrario di "Pride and Glory", in cui i protagonisti sono chiaramente divisi in heroes and villains e si ricade troppo presto nei clichè del genere, "Warrior" apre una prospettiva nuova su un film di questo tipo: il doppio protagonista (escludendo, ovviamente, il capolavoro trash "Double Impact" con Jean-Claude Van Damme).
La storia di Brendan, costretto a tornare sul ring per pagare il mutuo, è la classica storia sulla forza di volontà e sulla determinazione, mentre quella di Tommy è una storia più cupa, più violenta, alla quale ci si scopre legati più istintivamente che razionalmente. Al climax del torneo, dunque, lo spettatore arriva diviso in due: emotivamente coinvolto ed affascinato da Tommy, logicamente preoccupato per il mutuo di Brendan.
Dal punto di vista narrativo, il torneo ad eliminazione scandisce l'ultima parte del film in maniera efficace, molto più che se i protagonisti dovessero affrontare un unico, risolutivo incontro. C'è tempo per abbozzare la figura di altri lottatori, così da non focalizzare tutto sull'eventuale scontro tra fratelli, che peraltro non viene dato mai per scontato, essendo Brendan sempre sfavorito e costretto ad incontri durissimi e Tommy rapido e letale ma ai limiti del regolamento.

La sceneggiatura tenta di mantenere un equilibrio tra i due protagonisti ponendoli in continua antitesi: Brendan che ha saputo costruirsi una vita ed è incline alla riconciliazione, Tommy che è rimasto schiacciato dal passato e vive di rancore. Uno costretto a combattere, uno che non vede l'ora di farlo. In comune hanno uno scopo nobile ed altruistico per partecipare al torneo, più un padre al quale non possono più concedere altre possibilità di redenzione.

La strada che porta Brendan a salire sul ring di Sparta è mostrata in dettaglio nella prima parte del film: la famiglia, la scuola, gli affetti del personaggio di Joel Edgerton sono il polo emotivamente positivo di "Warrior, il patrimonio che Brendan deve proteggere sul ring.
Al contrario, la storia di Tommy è proposta in maniera frammentaria ed ellittica, raccontata da altre persone o lasciata evincere dalle poche parole che sfuggono al suo rabbioso mutismo.
Le due strade che O'Connor sceglie per far funzionare i personaggi sono perfettamente complementari e necessarie alla riuscita del film:  se Brendan fosse l'unico protagonista del film, "Warrior" sarebbe altro, e sarebbe ben poca cosa. Mentre, sebbene Tommy sia il cuore pulsante del film, la sua figura è davvero troppo estrema per essere amata senza riserve ed è attraverso il legame familiare – seppur rinnegato - con Brendan (e con Paddy) che O'Connor guida lo spettatore nel mondo di Tommy, prima di lasciarlo con l'interrogativo più crudele: per quale fratello fare il tifo?

Da sottolineare – su tutte – la prova di Tom Hardy, già apprezzato in "Inception": il suo Tommy è un concentrato di risentimento e pugni, spaventoso, ridotto quasi ad uno stato ferino, un personaggio maledetto che entra di diritto nella storia del cinema. Incattivito e pericoloso, eppure capace di altruismo e dolcezza, violento e letale sul ring, ma anche eroico: Tommy rende "Warrior" il film eccezionale che è.
L'interpretazione di Joel Edgerton è solo in apparenza più semplice: Brendan è un personaggio positivo, più derivativo e certamente dall'arco narrativo improbabile, che Edgerton riesce a rendere credibile e coerente.

La figura di Paddy Conlon è la manifestazione fisica di un ingombrante passato, che nel corso del film i due protagonisti devono affrontare. Il modo in cui Paddy si eclissa gradualmente ed infine si congeda può sembrare una leggerezza di sceneggiatura, ma è una metafora di quello che accade a Tommy e Brendan nel finale.
Nick Nolte è semplicemente perfetto: pentito, addolorato, abbandonato, fisicamente minaccioso nonostante l'età: il passato violento di Paddy è scolpito nel suo volto e nella sua stazza, non c'è bisogno di flashback o di indulgenze narrative. La vita che Brendan e Tommy hanno dovuto affrontare con Paddy è tutta nell'interpretazione di Nolte, come una scia, un'ombra che Nolte riesce a conferire al personaggio.

Un raro insieme di scelte perfette nel casting, di maturità nella sceneggiatura, di originalità nello stile e scelte azzeccate in produzione (una su tutte la decadente Atlantic City invece di Las Vegas come location per il torneo): "Warrior" è senza dubbio uno dei film dell'anno.

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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 02/11/2011 15.15.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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