agente lemmy caution: missione alphaville regia di Jean-Luc Godard Francia 1965
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agente lemmy caution: missione alphaville (1965)

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locandina del film AGENTE LEMMY CAUTION: MISSIONE ALPHAVILLE

Titolo Originale: ALPHAVILLE: UNE ÉTRANGE AVENTURE DE LEMMY CAUTION

RegiaJean-Luc Godard

InterpretiEddie Constantine, Anna Karina, Akim Tamiroff, Howard Vernon

Durata: h 1.38
NazionalitàFrancia 1965
Generefantascienza
Al cinema nel Gennaio 1965

•  Altri film di Jean-Luc Godard

Trama del film Agente lemmy caution: missione alphaville

L'agente Lemmy Caution deve compiere un'indagine ad Alphaville, città del futuro dominata dai computer in cui i sentimenti sono eliminati e si parla una sorta di Neolingua.

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Voti e commenti su Agente lemmy caution: missione alphaville, 12 opinioni inserite

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Skodde  @  15/05/2020 08:47:45
   7 / 10
prima parte eccessivamente lenta, si riscatta nel finale.
ovviamente il film e' parecchio debitore di 1984, le atmosfere sono buone e l'attore protagonista convincente.
ho trovato parecchio fastidiosa la voce del mega-computer durante tutto il film,comunque a mio parere il voto e' piu' che sufficente.

DankoCardi  @  17/11/2019 13:46:13
   6 / 10
Deve molto all'Orwelliano "1984" questa bizzarra produzione francese. Erano gli anni '60 e si sperimentava, ma con quello che si poteva; anche in questo caso ci troviamo davanti alla retro-fantascienza ovvero il film è ambientato nel futuro ma la rappresentazione e la tecnologia sono quelle dell'epoca in cui è stato realizzato. In quegli anni gli edifici futuristici abbondavano quindi Godard si affretta a girarlo in palazzi ultramoderni con scale a spirale e porte automatiche ma per il resto l'aria del 2000 non si respira molto. Tuttavia la pellicola intende essere più di spionaggio che di fantascienza ma anche in questo caso ci troviamo davanti una infinità di dialoghi grazie ai quali si scopre la distopicità della trama (un computer che controlla gli individui impedendogli qualsiasi sentimento). Le scene sono volutamente lapidarie ed alcuni avvenimenti del tutto paradossali il chè porta l'opera ad un livello più metafisico che concreto. Insomma chi cerca un film di fantascienza o di spionaggio in senso stretto magari rimarrà deluso, stante anche la quasi totale assenza di ritmo. Classifichiamolo come un noir diverso ma senza infamia e senza lode.

76mm  @  28/01/2016 13:26:26
   4½ / 10
Una delle pellicole peggio invecchiate della sterminata filmografia di Godard.
Il connubio fantascienza-spionaggio poteva essere interessante sulla carta, ma ovviamente JLG non poteva limitarsi a fare un film di genere...qui è tutto pretestuoso (la trama, l'ambientazione, i dialoghi...) e finalizzato solo alle ardite (forse per l'epoca) sperimentazioni visive e sonore del regista, che oggi appaiono irrimediabilmente datate.
Ciò che avviene di concreto nel film può essere riassunto, senza tralasciare i particolari, in una manciata di righe...il film però dura oltre 90 minuti (che sembrano almeno il doppio)
Il resto è un'accozzaglia confusa di citazioni letterarie (orwell, nietsche, pascal tanto per citarne alcune ), spesso fuori contesto e comunque irricevibili per chi non ha una conoscenza letteraria enciclopedica, improvvise ed insensate apparizioni di formule matematiche, segnalazioni di direzione, luci che si accendono e si spengono, forme luminose che pulsano, lampadine che ondeggiano, spie luminose, sequenze girate usando il negativo della pellicola e altre amenità con le quali il regista si sarà divertito moltissimo ma io meno.
Il messaggio di fondo era già obsoleto per l'epoca e il lieto fine è di una banalità sconcertante, a meno che non ci si voglia impegnare per scovare i mille sottotesti e significati nascosti che sicuramente qualche esegeta avrà colto ma non io.
Salvo solo,

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER, scene particolarmente efficaci che però non fanno altro che far aumentare il rimpianto per quello che questo film, e l'opera omnia di JLG in generale (a mio modesto parere ovviamente) avrebbe potuto essere con meno supponenza e più rispetto per chi poi i film li va a vedere.

impanicato  @  21/11/2014 23:27:12
   7½ / 10
Il primo periodo di Godard é ricco di opere di alto livello: "Il disprezzo", "All'ultimo respiro", "Questa é la mia vita" e qualche altro. Questo ne é un altro esempio.
In questo film vuole sperimentare il genere fantascientifico, inserendo anche una spy story con un attore chiave del genere: Eddie Constantine, che si diverte nel prendere in giro il proprio personaggio.
La pellicola potrebbe avere diverse chiavi di lettura: potrebbe essere un attacco nei confronti di un mondo tecnocratico, dove tutto é regolato dalla tecnologia, anche le parole ed pensieri, ormai omologati. Potrebbe essere un attacco alle religioni, con la finale morte di Dio che rende tutti i cittadini di Alphaville degli zombie disorientati. Potrebbe anche esserci un collegamento personale tra il termine del matrimonio con Anna Karina e l'inizio di un amore raccontato sul finale.
Ambientato in una Parigi in costante evoluzione con i suoi scenari freddi e asettici, Alphaville rappresenta la freddezza con cui l'uomo progredisce lasciando indietro chi non vuole seguire quest'onda.
Fotografia eccezionale, ho amato le riprese serali ed i riflessi della luce sui volti degli attori.
Buona la prova di Constantine, eccezionale quella di Anna Karina, diva della Nuovelle Vague, al cui fascino é difficile resistervi.

vieste84  @  12/10/2013 14:40:13
   5 / 10
Ennesimo film distopico, fatto pure male ed un po noioso. Per fatto male intendo che le scene non hanno un montaggio chiaro, tipo quando combatte non si capisce nulla, son fatte meglio le s*****ttate di bud spencer e terence hill.
Credo cmq che questo sia proprio lo stile di Godard, perchè nel suo primo film addirittura Belmondo spara ad un poliziotto in una scena davvero risibile dal punto di vista tecnico

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  21/04/2013 22:59:39
   8 / 10
Alphaville non solo è un tipico film alla Godard (dove si trattano i temi tipici dei primi suoi film degli anni '60) ma anche una piacevolissima e interessante opera che coinvolge e appaga l'amante del cinema.
Stavolta Godard ha voluto omaggiare a modo suo i film di genere noir, thriller e fantascientifico, tipici della cinematografia americana degli anni 40-50. Ovviamente "a modo suo", prima di tutto perché utilizza i richiami ai classici di genere per creare l'atmosfera, il quadro, il contesto, nel quale invece agiscono personaggi e si svolgono vicende tipicamente godardiane. L'uso degli stilemi di genere, quindi, è personalizzato e creativo. Non sono semplici citazioni ma vere e proprie rielaborazioni. Colpisce soprattutto come Godard sia riuscito a filmare il presente, facendolo passare per un futuro distopico. Ha usato inquadrature notturne di città, periferie anonime, palazzi modernisti a vetri tutti illuminati, poi anonimi e asettici interni geometrici, corridoi infiniti con tante porte, ampie scale a chiocciola. Inoltre ha cercato di manovrare la mdp in modo distaccato, muoverla in lunghe carrellate orizzontali o verticali, inquadrare da punti insoliti, per dare all'ordinario un aspetto estraniante. La colonna sonora (con lo stesso scarno e insistente motivo che sottofonda tutte le immagini) crea invece un'atmosfera decisamente inquietante. Con poche pennellate è riuscito tramite il presente a disegnare un mondo futuro freddo, impietoso, disumano. Geniale poi l'invenzione di un computer onniscente, panlogico, che controlla e punisce ogni deviazione. Il concetto è ripreso da "1984" di Orwell, ma Godard ne dà una sua libera interpretazione, originale nella creazione di questa voce metallica e annaspante, sempre presente e che interroga e parla quasi sempre in maniera filosofica.
Come succede nei film di Godard, i personaggi e la trama in genere non sono da prendersi sul serio. Anche qui, Lemmy Caution è più che altro un personaggio e basta, con il suo continuo accendersi la sigaretta, il trench, il fare distaccato e malinconico, la prontezza di riflessi, la pistola infallibile. Non ci si deve meravigliare quindi della facilità con cui se la cava e con cui alla fine riesce a sabotare Alpha60, il cervellone-grande fratello di Alphaville. E' solo un film, ovviamente.
Però dietro le scene di genere c'è una continua discussione sulla libertà umana, sulla superiorità dell'arte e della poesia nei confronti della logica e dell'ordine, dell'originalità individuale sull'omologazione. Il film è poi, come al solito, una riflessione sulla natura dell'amore, sul legame fra uomo e donna. E qui entrano in scena le tante scene in cui si inquadra in primo piano Anna Karina, la splendida Anna Karina. Molto espressiva, veramente brava, non c'è che dire. Impeccabile e professionale anche l'interpretazione di Eddie Constantine.
Questo film mi è piaciuto molto.

Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf  @  31/01/2011 13:55:03
   8 / 10
Tra i film di Godard che ho visto, questo è senza dubbio uno dei più semplici e al tempo stesso tra i più riusciti del regista.
Se pochi anni prima con film come "Une femme est une femme" o "A bout de souffle" aveva rivoluzionato i generi, "Alphaville" si presta come chiaro omaggio - e dunque come superamento - di uno, anzi di due, generi: science fiction e noir.
Il film come dicevo è insolitamente semplice(ma non per questo meno interessante)rispetto agli altri del regista: si tratta molto acutamente di una critica allo strutturalismo, fenomeno culturale che andava sempre più diffondendosi negli anni '60 di cui lo stesso Godard probabilmente faceva parte(pur avendo in più occasioni smentito questo accostamento), come dimostrerà in alcuni film.
Numrosi sono gli omaggi al cinema del passato, come a Metropolis di Lang(un regista molto amato da Godard, tanto da averlo eletto rappresentante del cinema classico in Le Mépris, altro grandissimo film)e ai film con H. Bogart, e in questo senso è ammirabile la scelta di un curatissimo b/n e di ambientazioni facenti parte dell'immaginario cinematografico degli anni '40, ad esempio.
L'agente Lemmy Caution, in missione ad Alphaville, si trova parte di un sistema dominato dalla sola logica, dove non vi è spazio per i sentimenti e infatti parole come "amore", "tenerezza" o "coscienza" sono state letteralmente cancellate dal dizionario corrente(tra l'altro chiamato Bibbia, in riferimento alla sacralità, all'indiscutibilità di quel che vi è scritto, che è canonico) e tutto è tenuto sotto controllo. Coloro i quali cedono a sentimentalismi o ad una qualsiasi manifestazione di emozioni sono immediatamente condannati a morte ed eliminati come "difetti del sistema" in esibizioni pubbliche.
Lemmy Caution conoscerà Natasha Von Braun(interpretata dalla bellissima Anna Karina, musa e moglie di Godard), figlia dello scienziato che comanda il computer principale(Alpha 60, che sarà una probabile ispirazione per HAL9000 3 anni dopo), di cui si innamorerà e che tenterà in tutti modi di salvare dalla fallacia del sistema, basato sulla sola logica.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  20/12/2010 23:45:59
   6½ / 10
L'ombra di 1984 aleggia sull'Alphaville di Godard, che modella a proprio piacimento destrutturando il genere fantascienza ed introducendo forti elementi noir a cominciare dal personaggio di Lemmy Caution, giubbotto e cappello alla Marlowe, interpetato dallo stupendo viso di pietra di Constantine. E' un film di tenebre e luci che si alternano e non solo fotograficamente e uno dei pochi che sono riuscito ad apprezzare in parte di Godard.

BlackNight90  @  21/03/2010 18:07:55
   8 / 10
Insolita commistione tra fantascienza e noir, molto bella però per il modo, anche un po' parodistico, in cui Godard rappresenta questo futuro regime tecnocratico, una distopia angosciante, ma che in fondo ha in sè qualche elemento profetico: non c'è forse anche oggi una stagnazione dei sentimenti, un impoverimento dell'immaginazione quotidiana, a vantaggio di pensieri e forme di comuncare (ad es. gli sms) sempre più rapidi e meccanici, non stiamo andando verso la programmazione di tutto?
In una società in cui provare sentimenti o fuggire nell'irrazionalità è causa di condanna a morte, in cui si è dimenticata la poesia, è fondamentale allora la figura di Natascha, la bellissima Anna Karina, che grazie all'agente Lemmy riuscirà a riscoprire quel sentimento così semplice e così fondamentale, quello che differenzia gli umani dalle macchine, quello suggellato dalle due parole finali di Ferro3.
Una riflessione semplice ma affascinante di Godard, che ne approffitta per sperimentare come suo solito, giocando moltissimo su luci pulsanti che si alternano velocemente a ombre profonde, in continuazione.
Un bel film, penalizzato solo dal modo quasi casuale e poco vivace con cui si dipana la storia. Bravo comunque Godard, che quell'anno girò anche 'Pierrot le fou'.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  24/10/2009 13:06:51
   8½ / 10
Un volteggiare di versi, abbagli e suoni, tra spy-story, noir, fantascienza e quant’altro. Un occhio pulsante, una voce cavernosa. Una dio macchina Alpha che vieta il sentimento e che porta via l’anima.
Una galassia di frasi sussurrate, di luci e ombre che s’alternano. Quasi una lampadina che sta cessando d’illuminare.

Alphaville somiglia al nostro mondo, inaridito da un’assidua corsa alla ricerca di quel nucleo irraggiungibile che rappresenta la perfezione tecnologica, per arrivare ad avvicinarci e ad affidarci ad un dio terreno che probabilmente non riusciremmo noi stessi a governare.
Stiamo lentamente viaggiando anche noi verso questa strana galassia, e ci stiamo perdendo, e Godard questo lo aveva capito.

mr_3_7  @  12/03/2008 15:44:21
   5½ / 10
Una spy-story in un classico contesto science-fiction, formula allora ancora piuttosto inedita, condita da intellettualismi filosofici, politici e letterari. Ognuno di questi aspetti è buono in sé ma l'insieme, pur avvalendosi di buone interpretazioni, non mi convince affatto. L'idea base è quella dell'episodio di rogopag (ancora peggiore): si mette insieme Orwell e Chandler in una struttura narrativa tutto sommato debole: la circolarità dell'azione genera un senso di smarrimento nello spettatore, la sentenze della voce fuori campo di Alpha 60 irritano più che far riflettere, i momenti di tensione reale sono veramente pochi e tutto sembra accadere senza una causa apparente né studiata. La sceneggiatura, carica comunque di riflessioni e spunti interessanti, vale più del film.

Crimson  @  03/01/2008 22:35:03
   8½ / 10
Stato di grazia di Godard: non a caso questo gran film si colloca cronologicamente tra quelli che reputo i suoi capolavori ('bande a part' e 'pierrot le fou', ma anche 'une femme marièe' che invece mi manca).
Non lo definirei un film di fantascienza: il regista rimodella questo genere (che peraltro non amava) a suo piacimento, con un personaggio che già s'era fatto una nomea in film di serie b, chiamando lo stesso attore che qui della propria maschera severa ne fà una sorta di parodia.
Alphaville non è altro che il ritratto della ipertecnologica società moderna. L'indagine non si concentra minimamente sulle persone perchè ormai sono omologate tra loro, descriverne una corrisponderebbe a descriverle tutte, certo in un atteggiamento volutamente provocatorio e non così conforme alla realtà, ma dopotutto è un film distopico che rovescia la realtà per questo, altrimenti di fantascienza - seppur con le dovute limitazioni come già scritto - non si tratterebbe. La riflessione invece si concentra sul cervello elettronico da cui dipende tutta la città: morto alpha60 tutti quanti gli abitanti perderebbero l'orientamento. Una sorta di d.i.o. ipertecnologico, la sostanza non cambia: è l'annullamento totale dei sentimenti, della coscienza. Tale è una riflessione del tutto personale: non credo che a Godard premesse minimamente una allusione mistica, quanto ciò che poi è evidente, ossia l'influenza della macchina sull'uomo, o più precisamente, della razionalità sulle pulsioni più profonde. I traditori (coloro che 'peccano' di irrazionalità) sono uccisi in strani rituali e pugnalati da concubine nelle piscine (in una delle scene clou). L'indagine dello strano agente segreto non è ovviamente la sola chiave di lettura per approfondire il nucleo del film: c'è anche un persistente ricorso a luci e ombre, simbolicamente l'oscillazione labile tra recupero e obnubilamento.
Anna Karina, magica come al solito, anch'ella nel suo momento di grazia di donna e attrice, protagonista del recupero del proprio sentimento. Che precorra forse la replicante di Blade Runner (?), anche se a differenza di quest'ultima recupera qualcosa di cui era già in possesso in passato, proprio come metaforicamente l'uomo nella società moderna potrebbe fare.
La scena in cui legge i passi del romanzo e s'illumina girando attorno alla candela è per me una delle più belle di tutto il cinema di Godard.

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