amore che vieni, amore che vai regia di Daniele Costantini Italia 2007
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amore che vieni, amore che vai (2007)

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locandina del film AMORE CHE VIENI, AMORE CHE VAI

Titolo Originale: AMORE CHE VIENI, AMORE CHE VAI

RegiaDaniele Costantini

InterpretiFausto Paravidino, Filippo Nigro, Massimo Popolizio, Donatella Finocchiaro, Tosca D'Aquino, Claudia Zanella, Agostina Belli

Durata: h 1.41
NazionalitàItalia 2007
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 2008

•  Altri film di Daniele Costantini

Trama del film Amore che vieni, amore che vai

Lo sfondo e il contesto, sono il porto, i vicoli, le strade ed alcuni locali notturni della Genova del 1963. Tre uomini. Un contrabbandiere di origine francese, Bernard, passato dalla resistenza alla malavita marsigliese. Uomo di mondo, disincantato, vive organizzando soltanto "colpi grossi". Un giovanissimo "pappone per caso", Carlo, sognatore e indolente, tanto indolente da portarsi dietro sua madre, la signora Lina, nel serale giro di controllo delle prostitute, delle "ciccine". Un duro pastore sardo, Salvatore, membro dell’anonima sequestri, rifugiatosi a Genova per rifarsi una vita, dopo cinque anni di dura detenzione. Bernard coinvolge Carlo e Salvatore in un "colpo grosso", tanto grosso da poter cambiare la loro vita per sempre. La loro strada è attraversata da due donne: Veretta, una timida prostituta che vuole cambiare, che vuole dare una svolta alla propria vita, e per questo si unisce a Salvatore, prima suo occasionale cliente e poi suo marito; e Maritza, una giovane fiorentina, tanto affascinante quanto sfuggente, che farà perdere la testa a Carlo, ed a molti altri uomini. Il colpo va bene e male nel contempo...

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Voto Visitatori:   4,67 / 10 (3 voti)4,67Grafico
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Voti e commenti su Amore che vieni, amore che vai, 3 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

DarkRareMirko  @  09/03/2014 00:55:58
   7 / 10
Imho un film sottovalutatissimo, magari un pò strano e grottesco come molti dicono ma anche elegante, d'atmosfera e pieno di fascino.

Un pò improbabile e macchinoso nei suoi colpi di scena (ma ad ogni modo la mando di De Andrè nello script si sente), va comunque dato atto che gli attori sono ok (Paravidino magari gigioneggia più qui che in Moana, ma fa nulla) e la fotografia è riuscitissima.

Non mi ha annoiato per niente e quindi lo consiglio, sebbene possa capire che magari non a tutti piacerà (e del resto Costantini ha uno stile parateatrale tutto suo, si veda pure Fatti della banda della Magliana ad esempio).

E Claudia Zanella qui è stupenda.

favam  @  20/10/2009 09:55:39
   2 / 10
Non si salva niente in questo film se non il pezzo "Amore che vieni Amore che vai" dell'immenso Faber, il resto è una prorcheria solenne...
La storia è insulsa e non starebbe in piedi nemmeno con i pali che tenevano su i villaggi western a Cinecittà, la regia seppur a tratti rigorosa è svogliata, piatta senza il minimo controllo sugli attori che riescono a sembrare presi in blocco da una fiction brasiliana. La stessa Agostina Belli, ahimè di bello le sono rimasti solo gli splendidi occhi color smeraldo, imbruttita ed ingrassatissima è totalmente ridicola nel cercare la parlata con accento genovese, lei pur nata a Milano è vissuta lungamente a Roma e quando cerca di diventare una genovese assume una buffissima (ed assurda) cadenza lombardo/veneta; in aggiunta la sua recitazione si adegua all'infimo livello di tutti gli altri. Il protagonista poi, protettor di tre bagasce, è letteralmente assurdo anche nel "phisique du role", basso, gracile, dalla fastidiosa risata cavallina non avrebbe resistito nemmeno un minuto nei dedali dei vicoli genevesi quando correva l'anno 1963. Infine veniamo proprio a Genova il cui centro storico è catturato esattamente all'opposto di come sono riusciti, splendidamente, a fare gli inglese nel film "Genova" appunto. Daniele Costantini, con tre location messe in croce (una è anche fuori zona in quanto si tratta di Piazza Tommaseo spacciata come piazza di prostituzione quando è completamente da un'altra parte della città), riesce a far sembrare la città un...."presepe" con le prostitute assolutamente improponibili, con i protettori quasi educati, con i locali puliti, ordinati e persino invitanti e con i vicoli tirati a lucido in cui quasi quasi ci si può persino specchiare. Insomma non credo proprio sarebbe proprio piaciuto a Fabrizio De Andrè, sicuramente non è piaciuto per niente a me.
Una cosa però ho imparatao da questo film: la differenza tra pappone e magnaccia. Adesso li potrò usare differenziandoli a proposito. Un grande insegnamento!

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  31/01/2009 19:54:56
   5 / 10
"Un destino ridicolo" giace da anni negli scaffali della mia ormai voluminosa libreria, in attesa di farsi leggere, ma che dire del film? Senza spina dorsale, direi, pieno di caricature (onestamente non necessarie) e manierismi quasi teatrali... qualche sequenza ricorda il primo Bertolucci ma alla fine sembra aleggiare una strana aria glamour del Tinto Brass di "Snack bar Budapest" (ho reso l'idea?).
Il film avrebbe dovuto in qualche modo esprimere visivamente i testi delle canzoni di Faber, ma è sempre meglio lasciare spazio alla musica.
Non che il film demeriti del tutto, intendiamoci: sarà la fotografia ma qua e là non manca di un certo fascino.
Ma è un'operazione nel complesso più grottesca che spiazzante, artefatto lo spirito della stessa città ligure, senza contare la recitazione, davvero deprecabile (il protagonista che gioca a "far l'americano").
La stessa presenza della rediviva e irriconoscibile Agostina Belli è superflua e patetica.
Genova come meta (porto) di anime inquiete e migranti ci può stare, ma rischia di essere un clichè abusato nel cinema reducista più in voga.
E comunque non vorrei essere troppo severo: il film è carino e simpatico ma non lascia alcuna traccia indelebile: salvo il magnifico brano di Faber (gli sarebbe piaciuto il film?) che dà il titolo alla pellicola

  Pagina di 1  

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