au hasard balthazar regia di Robert Bresson Francia 1966
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au hasard balthazar (1966)

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locandina del film AU HASARD BALTHAZAR

Titolo Originale: AU HASARD BALTHAZAR

RegiaRobert Bresson

InterpretiAnne Wiazemsky, François Lafarge, Philippe Asselin

Durata: h 1.31
NazionalitàFrancia 1966
Generedrammatico
Al cinema nel Marzo 1966

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Trama del film Au hasard balthazar

Il personaggio del titolo è un asino, testimone involontario e imparziale delle tragice vicende di Marie, "ragazza selvaggia" in un paesino rurale della Francia, oggetto di attenzioni morbose e violenze. Anche il somaro vive un personale calvario che culmina con la morte.

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Voto Visitatori:   8,77 / 10 (24 voti)8,77Grafico
Voto Recensore:   9,50 / 10  9,50
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Voti e commenti su Au hasard balthazar, 24 opinioni inserite

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stratoZ  @  14/10/2024 12:40:30
   10 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Struggente capolavoro di Bresson, personalmente è il film che più mi piace dell'autore, direi che lo adoro nonostante mi fa un male cane ad ogni visione, lo trovo il film in cui riesce a far coesistere nella maniera più efficace la sua poetica minimalista con un fortissimo sentimento e una disillusa riflessione sulla condizione umana, il modo poetico con cui narra le vicende, anzi le definirei tranquillamente disgrazie di Balthazar e in parallelo di Marie mi fa letteralmente piangere.

Bresson ci risparmia solo nei primissimi minuti, quelli dell'infanzia, in cui vi è questo asinello tenerissimo che viene adottato da una famiglia del posto, con lui vi sarà pure Marie che gli si affeziona molto, ma l'infanzia dura poco, neanche il tempo di metabolizzarla e vi è lo stacco che ci porta alla vita da adulti fatta di frustrate e violenze subite, è qui che inizia il calvario di Balthazar, un viaggio infernale ambientato nel contesto della vita di campagna che funge da metafora dell'uomo, Balthazar, come Marie è una vittima degli eventi, entrambi vengono stremati dalla vita e cosa più triste, non riescono mai a venirne fuori, una delle sensazioni più opprimenti che il film mi ha trasmesso è come sia Balthazar che Marie non riescano mai ad essere completamente liberi, a causa della condizione in cui sono nati, Bresson sembra distruggere ogni barlume di speranza, condannando i due ad una vita di sofferenza solo perché nati in quel determinato contesto, senza possibilità di rivalsa, il primo si porta il fardello della sua stessa esistenza, è un animale da soma che subisce costantemente le angherie, certe volte anche per puro piacere, dell'uomo che sfoga tutta la più crudele violenza sull'animale, consapevole che non avrà conseguenze, soffrirà in silenzio e basta, Marie invece è condizionata da diversi eventi, sia dalla natura violenta dei suoi coetanei da cui subirà continue molestie, sia dai fardelli del passato come possono essere i debiti del padre e le pressioni per rimanere in un luogo in cui non si trova bene, insomma la libertà sembra essere limitata sia dal versante familiare che da quello prettamente sociale, vi è anche una critica non troppo velata al bigottismo dell'epoca con Marie che sente come il suo valore di donna sminuito per l'essere stata molestata, sensazione sbagliata nata comunque dal contesto in cui è cresciuta, soltanto nel finale dopo l'ennesimo atto esagerato Marie deciderà di tagliare la corda una volta per tutte, abbandonando per l'ennesima volta Balthazar, ora in completa solitudine dato che Marie era stata l'unica persona ad averlo trattato con riguardo, una parte della struggenza deriva anche dal rapporto tra loro due, legati da bambini, riescono ad incontrarsi soltanto saltuariamente nella vita adulta di entrambi, vi saranno momenti di avvicinamento in ricordo delle sensazioni gioiose dell'infanzia, piccole oasi di conforto che renderanno però ancora più doloroso il ritorno alla vita da adulti, distanti, le vite dei due si sfiorano ma poi vanno nuovamente alla deriva a causa delle vicissitudini.

Il finale è di una poeticità unica, con la silenziosa e discreta morte di Balthazar, causato ancora una volta dall'uomo che lo utilizza, nuovamente solo come un mezzo per la sua convenienza, colpito da un proiettile e sanguinante, con quel progressivo accasciarsi dell'animale e il gregge di pecore, come durante la sua nascita, che lo circonda, che potrebbe essere una metafora visiva con queste pecore che possono sembrare nuvole, o essere di un bianco paradisiaco, come un'onda di purezza, mi ha profondamente spezzato il cuore.

La regia di Bresson è straordinaria, applica il suo stile minimale, qui leggermente, ma proprio leggermente, sporcato da una carica emotiva che diventa devastante, valorizza l'ambientazione contadina con una componente visiva che può ricordare alcune opere neorealiste, allo stesso tempo scava nell'essenziale, riutilizza, come nelle sue precedenti opere, abilmente il fuoricampo risparmiandoci la vista delle violenze subite da Balthazar ma anche da Marie, usando il montaggio ellittico per narrare gli episodi di vita con costanza ma dando un forte senso di progressione a tutto il male che viene fatto, ma quello che viene più ricordato, è quell'inquadratura degli occhi di Balthazar sofferenti, dopo ogni scena in cui è coinvolto personalmente o è solo spettatore dell'ennesima violenza, Balthazar è l'innocenza, è un oggetto dove l'uomo scarica tutta la sua perfidia, sapendo che non avrà conseguenze, Balthazar assume anche un significato cristologico nel suo prendersi le colpe e sofferenze umane, ma questo non basta, la morte ancora una volta viene vista come liberazione nella sua silenziosa dignità, Bresson ha semplicemente realizzato uno dei più emozionanti e tristi trattati sulla natura umana.

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