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Il Kim Ki-duk dei primi anni è sempre una garanzia, uno dei pochissimi cineasti in grado di essere allo stesso tempo così poetico e così cattivo, in grado di suscitare tristezza e gioia di vivere con il messaggio, forte e chiaro, che l'essere umano ha tanto bisogno di amare.
Birdcage Inn è un discreto film di Kim Ki Duk. Più consolatorio rispetto alle due opere precedenti, più aperto ad un finale più ottimista in cui i personaggi in qualche modo riescono a trovarsi, specialmente il rapporto fra le due ragazze coetanee. Tuttavia a volte Ho trovato alcune sue immagini didascaliche nel significato metaforico. Piccoli difetti di un film comunque valido.
Questa terza opera del regista è un film bellissimo: toccante, poetico, ma talvolta molto crudele.
Il grande Kim Ki-duk analizza in maniera filosofica il rapporto tra l'amore carnale e quello sentimentale, ma anche la figura della prostituta (che verrà poi vista ancora in altri film, soprattutto in Bad Guy e La Samaritana), un essere malinconico che, come i pesci che rimangono senz'acqua, è rimasta privata del rispetto da parte della gente comune. Ne esce fuori quello che è senz'ombra di dubbio la sua opera a tematica "prostituzione" che mi è piaciuto di più.
Una storia d'amicizia molto profonda e difficile, che narra l'incontro di due vite apparentemente in netto contrasto tra loro, ma che condividono in realtà molti problemi, lo stesso senso di smarrimento, di prigionia (non per niente la locanda si chiama Gabbia Per Uccelli). Come sempre, non mancano scene metaforiche, poetiche o toccanti.
Sempre l'eccezionale poetica di Kim ki-Duk e la sua grande sensibilità riescono a rendere ogni suo lavoro,anche il meno riuscito,un viaggio interiore pieno di domande ed estremamente personale.
In questo Birdcage Inn c'è tutto il Kim ki-Duk migliore; l'ennesima dimostrazione che nel suo cinema convivono profondamente amore e dolore,inimicizia ed amicizia,distacco e vicinanza,come nella vita d'altronde. Ma è anche uno dei suoi film più umani e meno crudeli,alla fine. Solo alla fine però,perché per tutta la durata di questo viaggio introspettivo di cambiamento c'è grande crudezza nel raccontare di una giovane prostituta sfruttata da tutto e tutti,anche e soprattutto da quella che poi dovrebbe essere la sua nuova famiglia. Sfruttata sessualmente,ritenuta come un oggetto dal suo pappone,umiliata: il regista coreano riprende non per la prima volta (e neanche per l'ultima) la metafora di un essere umano a cui tutti sono aggrappati come parassiti,piena di voglia di liberarsi in un grande oceano e di essere finalmente libera come quel pesce nell'acqua,al momento giusto liberato. Ma Jin-Ah la sua libertà se la conquista dopo tanta sofferenza e riesce a trovare un punto di contatto anche con chi sembra odiarla più di tutti. Difatti la diffidenza nasce dalla non conoscenza,mentre le due ragazze solo apparentemente lontanissime sono vicine,immagnii speculari l'una dell'altra; separate da una finestra o una barriera tutt'altro che insuperabile,quasi in un gioco beffardo dove l'inseguitrice diventa inseguita... Il tono lirico di molte scene raggiunge,come sempre col regista coreano,il momento emotivo più grandioso nel finale pieno di simbolismi: il basso dell'azione degradante viene inserito in un momento onirico e di grande dolcezza,il sacrificio più grande si compie per ripagare un'amicizia appena nata tra tante sofferenze...
Ma al cinema di questo regista tante parole non rendono giustizia. Meglio abbandonarsi come sempre alle sensazioni molteplici del suo stile profondo e sofferto pieno di sfaccettature,dove le parole hanno un significato solo se inserite in tutto un contesto di emozioni derivate dalla potenza dell'immagine e della sensazione. Dei suoi primi tre film questo è di certo il migliore anche perché Wild Animals è un passo falso.
Storia di contrapposizione e contrasti per Kim Ki-Duk in questo suo "Birdcage Inn".Al centro dell'attenzione due giovani ragazze;una grassottella,inibita dal sesso e fidanzata,l'altra molto bella e dedita al mestiere più antico al mondo.L'arrivo della giovane prostituta al motel gestito dai genitori della ragazza meno piacente scatenerà una serie di invidie e incomprensioni tra le due protagoniste,oltre che un'incontrollata bramosia sessuale negli individui di sesso maschile bazzicanti in zona. Gli screzi ,dapprima ravvisabili in frivole scaramucce, diventeranno sempre più ingenti,sino a sfociare in atti decisamente condannabili. Kim Ki-Duk sfrutta come consuetudine la sua poetica visivo/contenutistica per illustrare un percorso di crescita ed accettazione,dando dimostrazione di come spesso sia l'errata lettura di alcune situazioni a determinare giudizi frettolosi.E ciò che succede alle due protagoniste,dapprima divise, poi solidali nel far fronte alle difficoltà quotidiane sino a raggiungere una grado di empatia talmente elevato da convincere una di esse a riscattarsi in modo a dir poco significativo,come una sorta di sacrificio a suggello di un legame determinante un completo abbattimento delle barriere. La pellicola è forse un poco stucchevole nelle battute finali e offre uno spaccato dell'universo maschile non proprio edificante,ma Kim Ki Duk lavora con grande maestria popolando la sua "gabbia" di personaggi meravigliosamente sfaccettati,in forte contrasto con ciò che a prima vista potrebbero essere o rappresentare.
Dramma molto poetico diretto da Kim-Ki-Duk alla sua solita maniera, evidenziando nella storia l'aspetto sessuale, il rapporto d'amicizia e il disagio esistenziale oltre che all'immancabile amore universale. Triste e dolce allo stesso tempo, grandi emozioni.
Un motel anonimo e sciatto di un paesino di mare. Il martirio quotidiano di una giovane che ha scelto di fare la prostituta. Delle gabbie, dei recinti, dei vincoli che non permettono di aprire le ali. La liberazione attraverso la condivisione e la solidarietà.
"Non sei l'unica che vive di questo. Tutti noi lo facciamo."
Sprazzi di Kim Ki-Duk. Un film che comunque accusa gli anni che ha, specie nelle parte tecnica e nelle musiche.
KKD nel suo terzo film cambia di nuovo argomento, dal rapporto donna-uomo di Crocodile e quello uomo-uomo di Wild Animals passa a quello donna-donna in Birdcage Inn. Il voto però non cambia.
Terzo film di Kim Ki Duk. Una storia molto toccante e durissima. Qui, senza moralismi, ma con un occhio impietoso si descrive il conflitto fra due ragazze apparentemente molto diverse ma che poi imparano a conoscersi e a solidarizzare. Ben caratterizzati i personaggi, il film però soffre di un po' di schematismo nei simboli, specialmente perchè si intuisce presto lo sviluppo tra le due protagoniste ed il finale è un po' incerto e consolatorio (come non ti aspetteresti da lui).
Ennesimo buon film del koreano Kim, collocabile tra il drammatico, lieve, ed il sentimentale, contenuto. La protagonista è Jin-Ah, giovane e bella ragazza che si prostituisce presso un Motel a conduzione familiare, nel quale occupa una stanza e, di giorno, condivide gli spazi con i prorietari. La vita di Jin-Ah non sembra essere esattamente compatibile con quella della famigliola ospitante, almeno a giudicare dalla difficoltà di integrazione che li separa, e solitudine, discriminazione, emarginazione e violenza, spesso prevalgono. Al solito, il contesto sociale è piuttosto biasimevole ed i personaggi che lo animano ne sono inevitabilmente condizionati; parecchie scene mostrano situazioni grottesche, scabrose ed abbastanza dure, ma senza perdere quel particolare contegno poetico prettamente orientale. I difetti umani abbondano, ma contemporaneamente non manca il fiorire di altrettante virtù. Fondamentalmente ottimista, è un film sull'amicizia, la solidarietà e la dignità. Ben recitato, sceneggiato e fotografato. Consigliato.