La storia di un ragazzo nella tumultuosa Napoli degli anni Ottanta. Una vicenda costellata da gioie inattese, come l'arrivo della leggenda del calcio Diego Maradona, e una tragedia altrettanto inattesa. Ma il destino trama dietro le quinte e gioia e tragedia s'intrecciano, indicando la strada per il futuro di Fabietto.
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VINCITORE DI 5 PREMI DAVID DI DONATELLO: Miglior film, Miglior regia (Paolo Sorrentino), Miglior attrice non protagonista (Teresa Saponangelo), Miglior fotografia (Dario D'Antonio), David Giovani
Sarebbe stato più coerente lasciare in "pace" la Napoli degli anni '80. Sarebbe stato più corretto. Un luogo immaginario avrebbe reso più dolorosamente vero il passato dell'autore. Ma la furbizia di narrare della città "comoda" a fin troppi cinematografi annienta e tradisce i ricordi intimi per chi quegli anni li ha vissuti sulla propria anima. L'approccio noto felliniano poco si cuce sulla realtà lacerante degli ultimi anni lievi ed apparentemente felici dell'infinito teatro umano che divora la fase terminale degli unici suoi reali attori e autori, di quel popolo immenso che avrebbe poi sancito per se stesso, proprio in quegli anni, la fine di ogni suo riscatto civile. Avevamo dentro di noi Totò e De Filippo, ci siamo illusi e abbiamo gridato e pianto la nostra fine con l'anti eroe Troisi. Questa aristocratica memoria autobiografica può piacere a chi Napoli non l'ha mai vissuta. Ma la bellezza, vera o non vera, di una pellicola, non può e non deve, per scopi non affini all'Arte, tradire il vero di quel che è stato. E ancor di più, non si può far finta di gridare all'Arte volendo coprire uno dei troppi tradimenti al macrocosmo amaro che moriva per sempre nelle acque di un mare che ha il sapore torbido delle anime illuse e sognanti di un passato sempre più bello del suo futuro.
Zero empatia. Purtroppo il cinema di Sorrentino continua ad essere un cinema di pura estetica e si lascia alle spalle il contenuto. La rappresentazione dei personaggi così come di certe situazioni, è tra il caricaturale e il teatrale e questo fa sì che la visione scorra senza un vero coinvolgimento da parte dello spettatore, costretto a cercare il senso in una sceneggiatura frammentata, fatta di aneddoti di poca rilevanza ai fini del racconto generale. Storia noiosa e senza guizzi.
Forse io ho visto qualcos'altro, ma mi interessa davvero poco.
Le tematiche sottese sono assolutamente apprezzabili ed empatizzabili, però vengono narrate proprio male.
Ritmo lento, lento, lento, quasi svogliato. Due ore davvero dure da digerire.
Pensavo poi che il Napoli e Maradona fossero più presenti e permeassero di più la pellicola (anche considerandone il titolo), ma non è così per niente.
Onestamente non riesco a capire la sfilza di dieci, nove, etc. Ma si valutano solo il nome del regista o l'originalità, oppure la storia ed il modo con cui viene raccontata?
Le immagini de La grande bellezza, i corpi deformati di Youth.
Napoli e i napoletani escono una ***** da questo film. Chissà se era l'intento di Sorrentino quando ha deciso di girare questo viaggio biografico nella sua terra, dove il suo alter ego è questo ragazzino ricciolino e con l'anella al lobo che seguiamo nella sua quotidianità. Scopriamo che parentela e amici sono quanto di più maleducato e cattivo possibile, e che il più normale pare il tizio che disegna ***** sulle targhette degli appartamenti condominiali. Che risate! Poi, per dare quel tocco giusto di napoletanità, ci mettiamo un Pronto Soccorso messo a soqquadro e lo stupore per un'aggressione codarda. Ma non per l'aggressione in sé, ma perché fatta prendendo a calci con le infradito questo poveretto. Bellissima la perdita della verginità con la nave scuola (oddio, una bagnarola più che altro). Pensa gli ormoni a palla quando questa ti dice di pettinarle la spaccatura… E Maradona, la panacea di tutti i problemi partenopei: lutti, tradimenti,vessazioni e delusioni.
Non ti devi disunire Dopo Le radici sono importanti, annotiamo pure questa
Ok Paolo. Mò basta però con Maradona. C'hai rott u' cazz. (Scusate, mi sono immedesimato troppo nel contesto).
Imbarazzante, fasullo come una non-moneta che non puoi né scambiare né vendere. Sorrentino in caduta libera, media voto che non rispecchia la realtà dei fatti. Un film in cui ti chiedi fino alla fine quando inizia il film.
Si è perso il senso del film, del cinema. Ormai il regista incapace è minimalista, la fotografia estetizzante è visionaria, le sceneggiature scritte da Ron Moss sono simboliste, la musica e la recitazione non pervenuta è poco invadente, sembra che un film sia diventato un' opera d'arte astratta nella quale trovare centinaia di topoi rubati alla letteratura (a parte che i Bildungsroman hanno stufato almeno dai tempi di Moravia). Originali, inedite ed inaspettate tematiche pirandelliane e metacinema che tradisce ancora una volta il servilismo dei nostri cineasti verso l'ingombrante maestro Fellini. La critica è un domino impazzito vittima o in antitesi totale al primo tassello. Abbiamo perso!