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Sulla carta, è un film riuscitissimo: come abbinare la commedia inglese all'invettiva sociale à la Ken Loach (con qualche vaga reminescenza del più bel film di Alan Parker, "The commitments" che però parlava dell'Irlanda). Il risultato è altrettanto esilarante: come in certi romanzi di Nick Hornby, uno spaccato proletario davvero gustoso, dove brilla come sempre l'ineffabile Carlyle (la Faccia Qualunque più espressiva del cinema contemporaneo...) e una serie di altrettanto abili caratteristi: davanti allo strip dei turbolenti operai, anche l'omosessualità diventa una forma affettiva come le altre, e non motivo di scandalo, come del resto è giusto che sia. L'unico dubbio riguarda il vettore che ha consolidato il successo meritato di questo film: una "moda" che ogni volta fastidiosamente rischia di citare proprio Full Monty, fino a rischiare la parodia del Marketing più realistico