Recensione full monty - squattrinati organizzati regia di Peter Cattaneo Gran Bretagna 1997
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Recensione full monty - squattrinati organizzati (1997)

Voto Visitatori:   7,28 / 10 (81 voti)7,28Grafico
Migliore colonna sonora
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Migliore colonna sonora
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
Miglior film straniero
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locandina del film FULL MONTY - SQUATTRINATI ORGANIZZATI

Immagine tratta dal film FULL MONTY - SQUATTRINATI ORGANIZZATI

Immagine tratta dal film FULL MONTY - SQUATTRINATI ORGANIZZATI

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"Credimi, quando le donne cominciano a pisciare come noi, chiuso, siamo finiti, Dave, estinti"
"Si, ma com'è possibile?"
"Mutazione genetica, semplice: si stanno tramutando in noi. Ancora qualche anno e gli uomini non esisteranno più, tranne che in qualche zoo o parco nazionale: Insomma non serviamo più a niente, capisci? siamo antichi, dinosauri, roba da sfascio"
Peter Cattaneo – "Full Monty"

Città della Contea del South Yorkshire, Sheffield ha costruito la sua importanza economica grazie alla presenza dell'industria siderurgica, favorita dai vicini giacimenti di carbone e ferro, dalla ricchezza di legname e dall'abbondanza di energia elettrica.
Motore economico della contea, dunque, e maggiore centro siderurgico britannico, l'industria metalmeccanica di Sheffield a partire dagli anni '90 del XX secolo è stata pesantemente colpita dalla crisi che ha investito un po’ tutto il settore. Finiti i bei tempi, le fabbriche e le acciaierie hanno automatizzato il lavoro e molti operai sono stati mandati a casa.
Ganz e Dave sono due di loro.

Rimasti senza lavoro si ritrovano a passare le giornate oziando nei corridoi degli uffici di collocamento, aspettando un’occasione di lavoro che non arriverà mai, conservandosi ritagli di tempo in cui provare a rubare i tubi d'acciaio prodotti nella vecchia fabbrica in disuso, per cercare di guadagnare qualche sterlina.
Al tracollo economico si è così sommato il tracollo emotivo. Sei mesi di ozio forzato non solo hanno distrutto le loro vite, ma hanno minato anche la loro autostima e la loro identità.
Quello tra i due messo peggio è Ganz: trentenne scanzonato e un po' farfallone, sposato e separato, Ganz vuole riconquistare l'affetto della moglie e la stima del figlio, ma a causa del licenziamento rischia di perdere la possibilità di vederlo, anche nei giorni in cui può stare con lui, perché in arretrato sulle spese di mantenimento che deve alla ex moglie.
Dave invece ha una situazione un po' più tranquilla, ama riamato sua moglie, Jeanne (anche se la signora non disdegna gli spettacoli di striptease maschili), ma è sovrappeso, depresso e presenta qualche problemino di natura andrologica.
Sono entrambi disperati, anche se ognuno a modo suo, ma hanno una gran voglia di tirarsi fuori dall'impasse in cui la politica industriale conservatrice del governo della Signora Thatcher li ha cacciati.

Il lampo di genio arriva il giorno in cui Ganz, suo figlio Nathan e Dave si ritrovano a passare davanti ad un locale dove un numeroso gruppo di donne si contende le prime file di uno spettacolo di spogliarello maschile. Alla ricerca spasmodica di un'occasione di riscatto, e per far fronte ai problemi economici e alla sensazione d'inutilità derivante dalla disoccupazione, visto il successo crescente degli spettacoli di strip-tease maschile (peraltro parziale) , e quanto denaro procuri ai palestrati Chippendales che si esibiscono nel locale cittadino per sole donne, Ganz escogita un piano formidabile: improvvisarsi spogliarellisti e allestire uno spettacolo di strip-tease per un pubblico esclusivamente femminile.
Ma per avere successo lo spettacolo deve essere fuori dall'ordinario, deve avere qualcosa in più, deve uguagliare, se non superare, lo spettacolo offerto dalle "checche di plastica che si limitano a rimanere in mutande". Ecco allora la geniale idea di offrire il "servizio completo", letteralmente the full monty, cioè offrire al pubblico il nudo integrale.

All'inizio l'idea di Ganz sembra una delle sue trovate goliardiche, poi però pian piano il progetto comincia a prendere corpo quando, insieme a Dave, riesce a coinvolgere altri quattro disoccupati nel suo bizzarro progetto.
C'è Gerald, ex caposezione, sposato senza figli, che non ha ancora avuto il coraggio di dire alla moglie di essere stato licenziato e ogni mattina fa credere di recarsi a lavoro, il quale, all'inizio abbastanza riluttante, si dimostra poi insostituibile in quanto è l'unico che sappia ballare.
Poi c'è Lomper, il custode dell'acciaieria e maldestro aspirante suicida.
Poi ancora c'è Cavallo, anziano gigante nero, con l'anca in disordine ma il ritmo nel sangue.
Infine c'è Guy, il belloccio del gruppo e l'unico, "apparentemente" superdotato ("Oh! è arrivata la terza gamba").
Sono sei in tutto, grassi, mosci, vecchi, inadatti al compito di strippers ma tutti estremamente determinati a portare avanti la straordinaria avventura umana che gli permetterà di ritrovare la fiducia in se stessi.
"Cos'hanno quei manichini più di noi?", chiede Ganz ai suoi improvvisati compagni. Sicuramente il fisico, il ritmo e il senso dello spettacolo, tutte caratteristiche che mancano ai sei ex metalmeccanici, a cui però si può trovare rimedio... o almeno così la pensa lo sfigato, ma determinato, sestetto.
E allora via alle prove, qualche passo di danza con le coreografie di "Flashdance", un po' di coordinamento nei passi con la tattica calcistica del fuorigioco della squadra dell'Arsenal, e il più è fatto.
Quando, dopo alcune peripezie e varie difficoltà, finalmente riusciranno ad andare in scena, gli improvvisati strippers, sulle note celebri di Joe Coker, "You can leave your hat on", davanti a 400 donne assatanate, eseguiranno un gioioso e liberatorio numero di strip-tease "full monty", che segnerà il successo per ciascuno di loro e, forse, l'inizio di una nuova vita.

Divertente e sapida commedia, "Full Monty nel 1999 è stato inserito al 25° posto della lista dei migliori cento film britannici del XX secolo.
In ogni caso è uno dei migliori film tra quelli che negli anni '90 si decisero a raccontare storie legate alla crisi economica e alla condizione operaia derivate dalla politica ultraliberista della cosiddetta "Lady di ferro".
Il merito del successo riscosso dal film nei botteghini di tutto il mondo e l'inaspettato consenso della critica, che l’hanno trasformato in breve tempo in un autentico cult, è da attribuirsi allo sceneggiatore Simon Beaufoy e al regista, l'inglese di origini italiane Peter Cattaneo, che riescono a far ridere anche trattando un argomento drammatico e traumatizzante come la perdita del posto di lavoro in un contesto e ad un’età in cui è difficile pensare e sperare in un'altra occasione.
Una commedia amara, dunque, ma efficace e a tratti commovente, che nelle pieghe della storia spinge a riflettere su alcuni temi esistenziali della vita umana, che spaziano dal disagio familiare all'umiliazione dell'ozio obbligato; dal rapporto genitori/figli alla voglia di riscatto; dall'omosessualità repressa (godibilissima e appena accennata la piccola scena d'amore gay tra il belloccio del gruppo e il depresso Loper) alla presa di coscienza con il proprio corpo.
Ma sono soprattutto due i temi ai quali Cattaneo sembra tenere molto e sui quali insiste con maggior determinazione: la regressione del ruolo maschile svalutato dal femminino ("hanno cominciato a pisciare come noi" dice uno dei protagonisti) e le incongruenze del governo thatcheriano sulla realtà della condizione proletaria, le sue ripercussioni a livello sociale e culturale, che portano i sei protagonisti a scoprirsi interiormente mettendo da parte l'orgoglio di maschio virile per rivalutare caratteristiche e attività tradizionalmente legate al mondo femminile.

Tutto ciò è raccontato con leggerezza, quasi con affetto, e soprattutto con sentita partecipazione emotiva; Cattaneo evita di sovraccaricare le trovate, evita di cadere nella facile volgarità e, sebbene la vicenda offra spunti davvero divertenti (di culto la scena che mostra i sei protagonisti in coda all'ufficio di collocamento, che ingannano il tempo provando i passi del loro futuro show, e da antologia la scena finale dello spogliarello con gli improvvisati strip teaser vestiti da poliziotti alla Village People), i suoi protagonisti restano fino in fondo personaggi autentici, uomini che vivono un disagio ma che sanno rielaborare la loro disperazione con autoironia, in un ultimo e coraggioso tentativo di cambiare le cose.

Il film ha ricevuto quattro nomination agli Oscar vincendone uno per la miglior colonna sonora originale. Peter Cattaneo ha scelto per questa pellicola volti poco noti ad eccezione di Robert Carlyle, attore fra i più rappresentativi del cinema inglese, già interprete di diversi film di Ken Loach e noto al grande pubblico nelle vesti del violentissimo Begbie in "Trainspotting.
Mark Addy e Tom Wilkinson, da parte loro, tratteggiano con straordinaria capacità espressiva rispettivamente il panciuto Dave e l'educato Gerald.

La locuzione "the full monty", che dà il titolo al film, è una tipica espressione gergale inglese, ispirata al generale Bernard Montgomery, il quale durante la battaglia di El Alamein pretendeva il "servizio completo", cioè pasti serviti secondo la più rigorosa etichetta britannica.
Lo slang dello Yorkshire, oltre a suscitare immediata simpatia nei confronti degli improvvisati showmen, fa sentire lo spettatore autenticamente partecipe dei loro problemi e dei loro drammi personali, e contribuisce a conferire al film una cornice di realistica autenticità.

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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 07/02/2013 17.14.00

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