ju dou regia di Zhang Yimou Cina, Giappone 1990
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ju dou (1990)

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locandina del film JU DOU

Titolo Originale: JU DOU

RegiaZhang Yimou

InterpretiLi Wei, Gong Li, Li Baotian, Zhang Yi, Zhen Jian, Niu Xingli

Durata: h 1.35
NazionalitàCina, Giappone 1990
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1990

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Trama del film Ju dou

Nella Cina rurale degli anni Venti la bella Ju Dou (Gong), moglie di un vecchio e impotente tintore, si innamora del nipote di costui, garzone nella lavanderia. L'uomo, che non le perdona di non potergli dare figli, quando viene a sapere che la moglie è incinta va su tutte le furie. Il bambino verrà comunque alla luce e, una volta cresciuto, vendicherà l'onore dei suoi veri genitori.

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Voto Visitatori:   7,64 / 10 (7 voti)7,64Grafico
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Voti e commenti su Ju dou, 7 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Thorondir  @  21/03/2024 15:33:48
   8 / 10
Un film che anticipa i temi e anche i toni (sia stilistici che visuali) del suo futuro cinema, come per esempio "Lanterne rosse". Yimou porta in scena un amore impossibile nella Cina conservatrice e rurale degli anni '20, bloccata dentro logiche mentali e sociali che permettono un lavoro servile de facto e l'acquisto di concubine come fossero cose. E in più la tipica violenza maschile sulla donna-oggetto. La scintilla dell'amore apre improvvisi momenti di speranza, di pace intima che non permette però di essere pienamente vissuta: quello tra Ju Dou e Tianqing è un rapporto che non può essere esibito, pena lo stigma sociale e forse la vita. Ecco quindi che la rottura di antichissime norme sociali e comportamentali consolidate sembra quasi produrre il prorompere di un male ancestrale, connaturato alle "radici" di quella Cina (altrimenti inspiegabile la figura del bambino, sorta di "dio" del male venuto a rimettere le cose dentro le logiche prestabilite). Così si rimette in moto un circolo vizioso sempre uguale a se stesso, ineliminabile (e non è un caso che la scena finale sia lo specchio di un'altra scena speculare di circa metà film ma con personaggi diversi). Insomma, dinamiche identiche per una struttura immobile del mondo rurale (ben esemplificata anche dai rituali degli "avi", con i morti a scandire, ancora, la vita dei vivi). Un Yimou palesemente politico, "documentarista" nel raccontare una Cina che all'inizio dei Novanta, con il consolidarsi del boom del dragone, sembrava lontanissima. E a immortalare questa storia di dolore e amore in bilico tra realtà e fiaba gotica orientale il neo-formalismo visivo di Yimou, così attento ad utilizzare i colori come estrinsecazione degli stati d'animo dei personaggi.

Filman  @  01/12/2023 10:41:22
   8 / 10
Nonostante il formato che decide di adottare, Zhang Yimou dipinge una bellissima sequenza di immagini mozzafiato, raccontandoci in questo JU DOU una Cina quasi fiabesca, chiusa in una bolla spazio-temporale in cui i pochi protagonisti, costretti a vivere tra di loro, sembrano i protagonisti di un dipinto riassuntivo ed emblematico del loro contesto, nel quale l'autore semina il suo discorso sul patriarcato secolare all'interno del suo paese.

kafka62  @  02/02/2018 14:39:03
   8½ / 10
Quando i due protagonisti del film, Ju Dou e Tian Qing, trovano per la prima volta il coraggio di sfogare la loro passione amorosa, un bizzarro gioco di stoffe colorate che si srotolano senza più alcun freno contrappunta, con un'eleganza e un pudore quasi hitchcockiani, la loro unione sessuale; analogamente, in occasione della morte del vecchio marito, una striscia di stoffa che cade nella vasca piena di tintura rossa sostituisce l'immagine di Jin Shan che annega. "Ju Dou" è un film ricco di colori, di luci, di riverberi, e questo non deve sorprendere se si considera l'importanza che ha l'aspetto figurativo non solo nel cinema cinese, ma in tutta l'arte orientale (il riferimento all'Opera di Pechino è ovvio ma non inutile). E' piuttosto l'utilizzo in chiave metaforica degli elementi cromatici (si pensi a quei fiotti di luce violenta che entrano da porte, botole e finestre, negando costantemente ai claustrofobici luoghi scenici la loro ombra, che è poi il controcanto simbolico dell'intimità dei personaggi violata e sopraffatta dalle regole sociali e dalle tradizioni patriarcali) a fare di Zhang Yimou un regista molto vicino (almeno dal punto di vista della dialettica tra rappresentazione ed effetti di senso da essa prodotti) alla concezione occidentale del cinema.
Del resto, se si vuole, è possibile trovare numerosi rimandi, più o meno legittimi, ad autori a noi culturalmente vicini. Di fronte a un film "eccessivo, colorato, violento e sensuale", Alberto Crespi ha fatto ad esempio i nomi di Shakespeare e di Marlowe; altri hanno richiamato, per l'affinità del plot, "Il postino suona sempre due volte" di Cain; io posso aggiungere "Cronaca di un amore", per quell'atmosfera di ossessiva fatalità che porta gli amanti, nonostante la morte del marito scomodo (morte auspicata e bramata ma, in entrambi i casi, involontaria), al loro distacco. E' molto dubbio che Zhang Yimou si sia fatto influenzare da queste opere: la ricchezza di un'opera d'arte fa infatti sì che i riferimenti intertestuali che vi si possono cogliere vanno il più delle volte al di là delle intenzioni originarie dell'autore. E "Ju Dou" è un'opera indiscutibilmente ricca e profonda. Nonostante la sua clamorosa inattualità (ambientata com'è in un paesino cinese di montagna negli anni '20), essa è un universale, spietato atto di accusa contro il potere di coercizione e di violenza che le regole arcaiche e feudali di un sistema "chiuso" esercitano nei confronti delle legittime pulsioni naturali dell'uomo. Scene come quella del funerale di Jin Shan, nel corso della quale Ju Dou e Tian Qing sono costretti ad assoggettarsi, di fronte alla sospettosa comunità, a un barbaro e umiliante rituale di lutto enfaticamente simulato, sono di una violenza quasi insopportabile (e la macchina da presa evidenzia questa sensazione, inquadrando dal basso l'enorme bara che "schiaccia" i due amanti sdraiati a terra). L'indice di Zhang è puntato sul sistema sociale in generale (immobile, tetragono, invincibile) piuttosto che sui singoli personaggi, ancorché fortemente negativi, tanto è vero che l'immagine del vecchio marito paralitico lasciato per punizione a penzolare a mezz'aria sulla rudimentale carrozzella muove a pietà non meno di quelle dei due amanti costretti a seppellirsi sottoterra per poter fare un'ultima volta l'amore.
E' la donna a soffrire maggiormente di questa condizione alienante ed oppressiva, e Zhang fa di essa (in "Ju Dou" come in tanti altri suoi film, aiutato in questo dalla presenza costante dell'incommensurabile Gong Li) un simbolo positivo – ancorché votato alla sconfitta – di ribellione contro un mondo inequivocabilmente retrogrado e maschilista. Questa forza iconoclasta della donna differenzia Zhang da quell'altro grande regista di storie femminili che è stato Kenji Mizoguchi, le cui eroine subiscono fino in fondo, passivamente, il doppio ruolo di procreatrici e di concubine che l'arretrato sistema sociale da sempre assegna loro. In "Ju Dou" è invece la protagonista a muovere la storia, nel momento in cui cerca di uscire dallo stato di schiavitù in cui il violento marito la tiene. E' lei a condurre il sottile gioco di erotismo e di seduzione con Tian Qing (fatto soprattutto di sguardi, di silenzi e di atti mancati, come nella voyeuristica sequenza del buco nella parete), ed è ancora lei a dirottare la storia verso un epilogo tragico.
Che "Ju Dou" sia destinato a sfociare in una tragedia è chiaro fin dall'inizio, in quanto Zhang fa aleggiare sulla storia dei due amanti un senso di straziante ineluttabilità che va al di là di una mera intenzione di critica sociale. La cinica sfida psicologica avente per posta la conquista del figlio adulterino contribuisce ad esacerbare questa sensazione, facendo alla fine del piccolo Tim Bai una sorta di strumento della nemesi del destino. Il tempo, crudelmente, fa il resto, e Zhang Yimou, riconducendo il film sui binari privilegiati di un'esperienza prima di tutto estetica e formale, descrive il suo fatale trascorrere mediante un montaggio intelligentemente ellittico e soprattutto attraverso un utilizzo accentuato della dissolvenza incrociata.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  16/05/2017 23:30:39
   7½ / 10
C'è una forte oppressione verso la figura femminile da parte di una società patriarcale che tratta come oggetti le donne, elemento sempre presente nelle pellicole del regista cinese. Yimou conferma ancora una volta di essere uno dei migliori talenti visivi a livello mondiale, capace di creare un'atmosfera disperata e torbida allo stesso tempo. L'interpretazione di Gong-Li è sempre su livelli eccellenti, segno del suo perfetto sodalizio con il regista. Preludio al capolavoro Lanterne rosse.

topsecret  @  10/03/2017 16:55:18
   6½ / 10
La parte finale di JU DOU l'ho trovata un po' esagerata, drammaticamente enfatica e desiderosa di colpire lo spettatore in maniera evidente. Nel complesso però, il film di Yimou ha una carica emozionale ben supportata dal cast e dalla sceneggiatura che offre molti spunti interessanti, ma anche una certa semplicità nell'esposizione dei fatti che risultano un po' ordinari e ben lontani dall'essere originali.
Molto brava, oltre che bella, Gong Li che sforna una prova molto sentita e densa di sentimento.

paride_86  @  25/07/2009 19:11:45
   6½ / 10
Ju Dou è l'ultima moglie di un ricco tintore che non è mai riuscito ad avere figli dalle precedenti consorti. Se anche lei fallirà farà la stessa fine delle altre, ovvero morirà di frustate.
Parte bene questo film di Zhang Yimou, ma nonostante la storia via via sempre più imprevedibile ed alcuni accorgimenti registici originali - la violenza e la passione sottilineate da lunghi drappi rossi che cadono - non mi ha coinvolto molto.

davil  @  22/03/2007 11:32:29
   8½ / 10
l'ho addirittura preferito a lanterne rosse, qui Zhang Yimou era un grande regista e non si era ancora svenduto

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