Da un romanzo di Salvator Gotta, sceneggiato dal regista con Curt Alexander e Hans Wilhelm: sotto anestesia, dopo un tentato suicidio, Gaby Doriot, diva del cinema, rivive la sua vita e i suoi amori sfortunati, seminati di morti violente.
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Se si riuscisse a soprassedere sulla recitazione enfatica dei protagonisti - che non rende minimamente servizio ad una storia già di per se un poco sopra le righe - questo film di Ophuls potrebbe davvero essere considerato un piccolo capolavoro di struggente drammaticità. Io personalmente non ci sono riuscito, ma questo non toglie nulla alla bellezza della messa in scena del dramma famigliare di una donna debole in balia dei tragici eventi della sua vita né tantomeno all'eleganza stilistica di un regista giovane eppure già sicuro dei propri mezzi. E anche alcuni dei temi cardine del suo cinema - come i meccanismi spietati dello spettacolo o la rappresentazione della donna come "merce" da esporre - sono già affrontati con grande competenza.
A seguito della tragica morte di Gaby, ormai diventata una star affermata, è memorabile la scena finale nella quale vengono fermate le rotative che stampano la sua effigie.
Stupendo, un melodramma di infinita intensità, grazie soprattutto agli interpreti. Un cast tutto italiano. Vista la data di uscita non è per niente un Ophuls acerbo, anzi già maturo. In realtà è proprio al 100% italiano questo film a causa di un esilio forzato del regista perchè ebreo (e tante grazie hitler unica cosa buona anche se involontaria per quanto ci riguarda di quest' uomo). Tutte le opere di questo regista -tra i miei preferiti in assoluto- sono anche una riflessione sul cinema e sullo spettacolo, una visione, quella di Ophuls, lungimirante; il produttore che fa echeggiare quel "..tutto continua, tutto continua!" sembra proprio una delle caratteristiche peggiori del mondo dello spettacolo moderno. La storia coincide con la popolarità della diva Gaby Doriot, interpretata incisivamente da un' esordiente Isa Miranda, tanto che molte sono le similitudini con il personaggio che interpreta, di cui il manifesto in processo di stampa nell' incipit, si fermerà a fine pellicola. "Ho avuto successo, ma mi ritrovo sola." Strutturato integralmente con un flashback soggettivo, è uno dei gioielli che il cinema ci ha dato. Bellissimi gli esterni che ricordano il successivo "Il Piacere", e impossibile non fare il parallelo tra le foto di Gaby Doriot in esposizione a 360° per il pubblico, e Lola Montes protagonista del film omonimo.