l'enfant - una storia d'amore regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne Belgio, Francia 2005
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l'enfant - una storia d'amore (2005)

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locandina del film L'ENFANT - UNA STORIA D'AMORE

Titolo Originale: L'ENFANT

RegiaJean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne

InterpretiJérémie Renier, Déborah François, Olivier Gourmet, Jérémie Segard, Stéphane Bissot, François Olivier, Mireille Bailly, Bernard Marbaix, Fabrizio Rongione

Durata: h 1.35
NazionalitàBelgio, Francia 2005
Generedrammatico
Al cinema nel Dicembre 2005

•  Altri film di Jean-Pierre Dardenne
•  Altri film di Luc Dardenne

Trama del film L'enfant - una storia d'amore

Bruno, vent'anni. Sonia, diciotto. Vivono nella precarietà, con la rendita di un appartamentino di Sonia e i proventi dei furti commessi da Bruno e dalla sua banda. Sonia ha appena partorito Jimmy, il loro bambino. Come farà Bruno a diventare un padre presente e affidabile? Lui, così freddo e superficiale, che pensa solo agli introiti dei suoi loschi traffici?

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Voto Visitatori:   7,63 / 10 (40 voti)7,63Grafico
Palma d'oro
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Palma d'oro
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Voti e commenti su L'enfant - una storia d'amore, 40 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR echec_fou  @  10/01/2006 05:14:40
   9½ / 10
Non avevo mai visto un film dei Dardenne, neanche sapevo chi fossero.
Passeggiavo per Firenze e, ritrovandomi per caso di fronte all'entrata di un cinema, ho visto la locandina del loro ultimo film. L'enfant, una storia d'amore, leggevo. Poi lo sguardo sull'abbraccio, lei non mi sembrava per niente il mio tipo, lui a pelle un pò antipatico. Ma poi lo stemma, sicuro, centrale, che informava Palma d'Oro a Cannes. C'era chi mi diceva, col semplicismo che caratterizza i commenti gratuiti, I film dei Dardenne son tutti uguali. Così, il giorno dopo, entrai, mai fidarsi dei commenti gratuiti, e poi ha vinto a Cannes.
Ho visto un film stupendo, mi ha stravolto.
Poi ho letto la recensione di Gerardo e , non me ne voglia, mi son reso conto d'aver visto un film completamente diverso, vi scriverò per cui del film che ho visto io.
Il film inizia e le telecamere seguono, in quello stile che poi mi si dirà caratteristico dei registi, la storia e le vite di due ragazzi, non sappiamo nulla di loro, solo che hanno un bimbo, l'enfant, nato da pochi giorni. Subito dopo si viene a sapere i loro nomi, Bruno e Sonia, il loro è un amore fatto di poche parole, non se ne sa molto di più. Li continuiamo a seguire, ci fanno strada come per presentarci la loro casa e parlarci di come vivono. Nel primo caso si tratta di una periferia indeterminata, quasi metafisica, nel secondo, si tratta di una delinquenza fatta soprattutto di furti e ricettazione. La nostra morale ha un piccolo sussulto. Vediamo come Bruno si dia da fare, se il suo fosse un mestiere si potrebbe anche aggiungere con impegno, dividendosi tra l'organizzazione dei propri malaffari e, all'occorrenza, anche l'elemosina.
Capiamo anche che il suo è un vero e proprio stile di vita, parleremmo di filosofia se il termine non fosse troppo rigoroso, non cerca una sistemazione stabile Bruno, non è una formica, il suo è un eterno girovagare tra sobborghi e spese superflue, lui è una cicala. La nostra morale subisce un altro lieve colpetto. Oscar Wilde scrisse che non c'è nulla di più necessario del superfluo, ma la nostra morale lo ignora. Bruno ha un figlio, dovrebbe preoccuparsi di crescerlo, perché non lo fa, è questo che ci domandiamo.
Vediamo che la sua istintività lo porta a spendere 200 euro per il noleggio di una limousine, 250 euro per una giacca uguale alla sua per Sonia, ad affittare, forse per qualche altro centinaio d'euro il suo appartamento, insomma è una continua compravendita. C'è un prezzo per tutto, finisce per vendere, per caso e con agghiacciante naturalezza, anche suo figlio, 5000 euro è la somma che una famiglia benestante è disposta a pagare per averne uno. Non ci importa nulla che Bruno si sia voluto assicurare che la famiglia acquirente sia benestante, è un particolare irrilevante, è questo il momento in cui la nostra morale esplode, con impeto violento, inferocito dalla visione del dolore e della disperazione di una mamma, Sonia.
In seguito, c'è chi penserebbe che il motore della sua azione sia il senso di colpa per il gesto riprovevole, chi la paura per le conseguenze legali, chi ancora il bene per Sonia, Bruno non esita ad andar a riprendersi il figlio. Ma questo è il momento in cui inizia il suo calvario, la sua punizione, Sonia non ne vuol più sapere di lui, non ne ha certo tutti i torti, inoltre il suo ripensamento nella vendita ha causato una perdita per l'associazione malavitosa che aveva gestito l'insolito commercio, Bruno dovrà colmare questa perdita, oltre a restituire il denaro intascato, saranno ulteriori 5000 euro quelli che dovrà rendere, Finora hai rubato per te, ora ruberai per noi, queste le parole del suo strozzino. C'è da dire che la nostra morale ora sembrerebbe soddisfatta, così nutrita del godimento della punizione, quasi trascendentale, che la sorte sembra infliggere al nostro protagonista.
Bruno cerca allora di darsi da fare, l'unico modo che conosce è rubare, organizza così uno scippo in scooter con un ragazzino già suo complice in passato. Ma le cose volgono di male in peggio, non c'è nulla che va liscio nei momenti in cui la sorte dovrebbe dare il suo sacro e cieco contributo, si scatena un inseguimento che finisce per assumere tutti i connotati della caccia all'uomo.
Fortunatamente Bruno riesce a mettere in salvo la refurtiva e fuggire, sfortunatamente il suo giovane complice viene arrestato.
Avviene adesso una cosa che ha dell' incredibile:
Bruno il ladro, Bruno il delinquente, Bruno il ribelle, Bruno l'anarcoide, Bruno il rapinatore, Bruno il mostro, Bruno il venditore di bambini, Bruno l'egoista, insomma tutti questi Bruno e tutti insieme, si presentano in caserma, dove era ritenuto il suo complice, restituisce la refurtiva, lo scooter al suo amico, e si consegna, sentite sentite, come responsabile del furto, barattando così la libertà del ragazzo con la propria. Bruno si priva così dell'unica cosa che sembra possedere, la libertà per l'appunto.
E' la redenzione più bella, pagata con l'unica mercanzia che non ha prezzo in una società in cui ogni cosa sembra averne: l'altruismo.
La forza del film dei Dardenne, a mio avviso, è la sua Etica, che arriva dove la nostra morale sembra non arrivare, troppo concentrata nel giudizio delle azioni e dello stile di vita del singolo, ma incapace di vedere e giudicare, come al solito, la vera (forse) protagonista del film, la società e la sua morale fatta di prezzi e princìpi che sanno tanto di sopruso e costrizione, spaccarsi le ossa per 40 ore settimanali per un salario di poco più di 1000 euro al mese non lo è? Si finisce sempre per criticare chi si allontana, alla ricerca di un'alternativa che sembra non esitere e forse non esiste davvero, dalle cupe leggi del branco.
La storia finisce con l'incontro, alla fine, di Sonia e Bruno nel carcere in cui è detenuto, non parlano, il loro amore è fatto di poche parole, piangono, forse per quanto è successo, forse per essersi ritrovati, noi non possiamo saperlo. La loro è una storia d'amore, bella, perché germogliata all'interno di una gabbia, sia concreta, la prigione, sia metafisica, questa periferia così simile alla città vecchia di De andrè, fatta di "quartieri dove il sole del buon dio non dà i suoi raggi" poiché "ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi", una periferia popolata di esseri che sono demonizzati dal potere e dalla sua morale, ma che in fondo ne sono solo le inconsapevoli vittime. Si tratta anche di una periferia esistenziale, divenuta l'emblema del mondo in cui viviamo senza trovarci posto, nel caso non fossimo disposti a pagare. Bello proprio, il film ovviamente.

"ci hanno insegnato la meraviglia
verso l'uomo che ruba il pane,
ora sappiamo che è un delitto,
il non rubare quando si ha fame"
-de andré, nella mia ora di libertà-

"se puoi vedere, guarda.
se puoi guardare, osserva"
-saramago, prefazione a Cecità-

4 risposte al commento
Ultima risposta 09/02/2006 16.25.09
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