Geppetto, un vecchio intagliatore, riceve un pezzo di legno perfetto per il suo prossimo progetto: un burattino. Una volta terminata l'opera, accade qualcosa di magico: il burattino prende vita e inizia a parlare, camminare, correre e mangiare, come qualsiasi bambino. Geppetto lo chiama Pinocchio e lo alleva come un figlio. Per Pinocchio, però, non è facile essere un bravo bambino: lasciandosi portare facilmente sulla cattiva strada, capitombola da una disavventura all'altra in un mondo popolato di fantasiose creature. La sua più cara amica, la Fata Turchina, cercherà di fargli capire come il suo sogno di divenire un bambino vero non potrà mai avverarsi fino a quando non cambierà modo di vivere.
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Comprensibile il problema di riassumere un'opera così stratificata e ricca di eventi senza perderne il senso, Garrone in questo riesce abbastanza bene, come è lodevole nell'ideare ambientazioni fiabesche molto azzeccate -ed esaltate dall' ottimo lavoro fotografico- simili a quelle già viste ne " Il racconto dei racconti". Qualche volta si tende al grottesco eccessivo o al comico involontario ma la pecca maggiore sta nell' assenza della magia e dell' emozione; questa nuova versione di Pinocchio purtroppo ruba lo sguardo, non il cuore. Nota di merito a parte per Geppetto, interpretato da un Benigni che riscatta così il suo sciagurato omaggio al mondo inventato da Collodi e risalente ad ormai a quasi vent'anni fa. Rivedibili la maggior parte dei comprimari, mentre il burattino non riesce a bucare lo schermo nonostante effetti speciali all' altezza. Film passabile, salvato parzialmente dall' abilità del regista e dalla nobile messa in scena.