storie regia di Michael Haneke Francia 2000
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storie (2000)

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locandina del film STORIE

Titolo Originale: CODE INCONNU: RÉCIT INCOMPLET DE DIVERS VOYAGES

RegiaMichael Haneke

InterpretiJuliette Binoche, Thierry Neuvic, Josef Bierbichler, Luminita Gheorghiu

Durata: h 1.57
NazionalitàFrancia 2000
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 2000

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Trama del film Storie

Juliette fa l'attrice, sente gridare una bambina nell'appartamento vicino al suo, non raccoglie l'invocazione d'aiuto e tempo dopo scopre che la piccola è morta, forse massacrata di botte dal padre. La vita continua. Jean è il fratello del compagno di Juliette; un giovane inquieto che vive solo con il padre silente. Un giorno scappa e scompare nel nulla. La vita continua. Jean aveva gettato con stizza della carta addosso a una donna rumena che chiedeva l'elemosina. Per una serie di circostanze, la mendicante è costretta a tornare in patria dalla polizia, che la tratta come tutti i "sans papiers". Di nuovo in mezzo alla miseria. La vita continua.

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Voto Visitatori:   7,50 / 10 (12 voti)7,50Grafico
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Voti e commenti su Storie, 12 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

stratoZ  @  24/12/2024 14:10:32
   7½ / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Altro grande film di Haneke che continua il suo discorso approfondendo i rapporti umani, l'incomunicabilità e la cattiveria col solito nichilismo che lo contraddistingue, con uno stile unico, riconoscibilissimo già dall'incipit e da diverse sequenze magistrali in cui adotta il suo tipico punto di vista distaccato, privilegiando spesso il long take, che la camera si muova o resti ferma, con una grande efficacia semantica, questo film in particolare mostra una serie di storie che si intrecciano, partendo da una prima sequenza che già racchiude in modo sintetico i temi e le situazioni che verranno affrontate nel resto del film, senza mai staccare, inizia a seguire questi personaggi, caratterizzati da un egoismo evidente tra le righe e la poca disponibilità ad ascoltare gli altri, il loro ragionare per luoghi comune, non produrre un pensiero approfondito, non provare nemmeno a capire, così fin da subito il personaggio interpretato da Juliette Binoche, che nel film è un'attrice incontra il cognato, appena fuggito casa per dei contrasti col padre, che stava ristrutturando la casa per far vivere lì il figlio - che se analizziamo già questo gesto mostra un forte finto altruismo, lui si fa il mazzo per il figlio, è convinto di fargli un regalo, ma non l'ha mai ascoltato neanche per un attimo, dato che il figlio non vuole assolutamente vivere lì - già si vede la donna che conversa col cognato per pura convenzione, ascoltando superficialmente le sue motivazioni ma cercando di liquidarlo velocemente per via di alcuni impegni lavorativi, dopo scoppia il casino con l'uomo che tira la cartaccia alla mendicate e il ragazzo di colore che lo intima più volte, anche prendendolo di forza, a chiedere scusa, con le forze dell'ordine che interverranno portando in caserma il ragazzo, a cui non è stata data mezza possibilità di spiegare l'accaduto, e rimpatriando la donna che nel frattempo stava provando a fuggire, ma ciò che colpisce è la difficoltà nell'ascolto delle forze dell'ordine, che preferiscono colpire il ragazzo, palesemente inoffensivo, per tagliare corto, un ritratto di un'umanità sempre più isolata emotivamente.

Il prosieguo del film è su questa linea, Haneke decide di spezzettare il tutto, creando una sorta di film corale che continua a seguire gli avvenimenti dei personaggi a partire da questo episodio regalando ancora ottime sequenze, introducendo altri personaggi secondari, come il marito della donna, reporter di guerra, come si vede più di una volta, spesso incompreso dagli amici per via del suo mestiere o andando a conoscere meglio la famiglia del ragazzo di colore, con alcuni episodi emblematici, come quello del figlio accusato di fumare marijuana ed incastrato da uno dei suoi compagni perché fin dalla scuola ai ragazzi vengono inculcati i luoghi comuni, quindi quale capro espiatorio migliore di un ragazzino di colore? Mostrando il problema all'origine, un'altra rappresentazione nera, quasi senza speranza dell'uomo da parte del regista, fino ad arrivare all'angosciante sequenza in metropolitana, con l'uomo che importuna la protagonista e una fredda indifferenza da parte degli altri presenti che mette a disagio, soltanto uno di loro avrà un atto di buonsenso prendendone le difese, in questo caso Haneke adotta ancora una volta la sua inquadratura distaccata, un campo largo a camera fissa che fa muovere i personaggi nello spazio senza staccare mai, un punto di vista quasi da telecamera di sorveglianza che però crea una tensione altissima data dalla natura intimidatoria dei soggetti.

O ancora, porta spesso il focus sulle vicende della mendicante, tornata in patria a raccontare le sue esperienze da clochard alla famiglia, con un forte senso di vergogna, causata anche dall'insensibilità dei passanti che la vedono sporca, o ancora, le vicende di Anne, che si mischiano al suo lavoro di attrice, e con quella lettera ricevuta da una bambina apparentemente in pericolo, non considerata da lei e dal compagno, in una scena abbastanza emblematica al supermercato in cui lui è più coinvolto a pensare a cosa prendere da mangiare rispetto al contenuto della lettera, rendendo il tutto abbastanza straniante.

Nel complesso, una bella opera, nera analisi della natura umana in una società sempre più improntata all'egoismo e ad un forte distacco emotivo, efficace la scelta di rendere le storie incomplete narrativamente come a non dare una vera e propria fine a questo fenomeno, ben recitato e con un gran montaggio.

Thorondir  @  10/02/2023 15:01:58
   8½ / 10
Basterebbe il primo e lungo piano sequenza: infelicità, razzismo, incomprensione, povertà, violenza fisica e psicologica; c'è tutto il campionario del cinema di Haneke precedente e successivo. E questo è "Code inconnu" (di nuovo, titolo originale decisamente più sensato del nostro francamente inutile "Storie"); un'analisi sugli elementi tipici dell'umanità nella grande metropoli occidentale; lavoro, razzismo, infelicità, incomunicabilità, prevaricazione, psicologie fragili, incontri anche minimi (come sulla metro) ma che segnano e ogni volta aggiungono un piccolo taglio in più nella mente. La città da cui si vuol fuggire (il fotografo nei teatri di guerra che dice che è a Parigi che la vita è complicata), la città che fagocita anche chi ne è fuori (il fattore che capisce che "non c'è futuro"), la città a cui tornare solo per necessità assoluta e in cui trovare l'umiliazione doppia, prima materiale e poi umana (la signora romena). In questa analisi sulle bassezze umane Haneke si rifà al suo classico stile fatto di asetticità esasperata, silenzi e ricorso continuo al piano sequenza (abbandonato solo qua e là) a voler sottolineare il tempo della realtà, il tempo in cui le cose accadono e le reazioni che queste suscitano (e quì sembra emergere quasi una volontà documentaristica di vero e proprio affresco urbano-antropologico).

Non è certo un film per tutti, non è un'opera per coloro che dal cinema cercano evasione e risate: qui siamo di fronte ad un'analisi spietata, non conciliante, brutale nella sua glacialità. L'umanità urbana ormai incapace di umanità. Incapace di comprendersi. Non funzionano più neanche i segni della lingua dei segni. Soli, persi, rimasti fuori la porta, estromessi dai gusci altrui.

Invia una mail all'autore del commento bleck  @  21/11/2019 15:18:17
   6 / 10
So che Haneke non permette contrapposizioni generiche, o lo si ama oppure lo si odia. Diciamo che considero quest'opera certamente non una delle sue migliori. I suoi "messaggi" sono sempre piuttosto interessanti solo che questa volta ho trovato il tutto sufficentemente noioso.
E' mancato "il guizzo"

Ciaby  @  01/11/2013 15:48:23
   7½ / 10
Il film più controllato di Haneke, tuttavia molto affascinante per la sua struttura inframmezzata che mantiene alto l'interesse. Regia, come al solito, stratosferica.

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  05/06/2013 20:42:43
   7 / 10
Interessante film di Haneke. La struttura appesantisce la visione ma è un film da assaporare, ottimo alcuni piani sequenza. Forse non lascia troppo il segno, è comunque un buon film.

Clint Eastwood  @  07/04/2013 15:51:07
   10 / 10
Indubbiamente il miglior Haneke; impressionante la messa in scena del regista austriaco.

Tra i film più simbolici che può capitare di vedere. Immenso.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  07/04/2013 11:49:47
   7 / 10
Con il suo stile molto personale e riconoscibile, Haneke racconta una serie di ministorie per mostrare l'incomunicabilità moderna. I personaggi parlano e interagiscono fra di loro ma non comunicano, ognuno chiuso a protezione del proprio mondo. Egoismo e materialismo sono le componenti dominanti di questo film, nessuno si apre nei cnfronti dell'altro, non c'è quasi traccia di solidarietà e si ritorna per molti di loro ad una situazione di partenza, come un circolo vizioso da cui non si può uscire. Storie incompiute e personaggi che rimangono incompiuti.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  14/04/2012 14:54:40
   7½ / 10
Haneke è coscientemente assillante, ragion per cui la sua presunzione, il suo apparente menefreghismo nei confronti dello spettatore, la sua sregolatezza più che infastidirmi mi divertono. "Storie" nasce dall'idea incosciente che un realtà in frantumi necessiti una rappresentazione in frantumi, e che se l'una è intrisa di ambiguità, tedio, bruttezza, l'altra debba adeguarsi. Ma un'arte così concepita non esiste. Il regista ne è consapevole e il personaggio della Binoche ribadisce proprio che il cinema è deformazione. Più che il reale ad Haneke interessa il sentimento del reale. Dunque, seppure la quotidianità non è un susseguirsi di frasi spezzate, atti di disprezzo, sguardi di diffidenza, slanci di euforia o di collera, la percezione che se ne ha è esattamente questa. Parigi si presta perfettamente a questa visione, essendo una città in cui convivono con sconcertante disinvoltura bellezza e degrado.
"So benissimo che tutte le grandi città sono selvagge e crudeli, ma, rispetto alla crudeltà e depravazione, indifferenza ed egoismo di Parigi, Londra sembra gentile."

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  26/01/2011 17:25:19
   7 / 10
Con Haneke ci si ritrova sempre davanti allo stesso dilemma. Un regista così radicale è difficile trovarlo al giorno d'oggi e la sua messinscena è talmente presuntuosa ed estrema che rimane impossibile farsi piacere un suo film. Non è accomodante per niente,e questo suo Code inconnu ricorda per certi versi,ma solo brevemente,l'altro suo lavoro intitolato "71 frammenti di una cronologia del caso"; anche qui abbiamo storie comunissime che vengono messe sotto una luce spietata,ma questo film non porta a nulla; perlomeno non è da intendere in senso negativo perché è proprio qui che il regista austriaco vuole farci arrivare,ad un non senso e una incomunicazione spietata.
A suo modo Code inconnu parla di immigrazione ma non si riduce a questo,e comunque quando ne parla non lo fa in maniera per nulla accattivante o convenzionale. Le storie si interrompono bruscamente in continuazione e pure sul finale succede; a cosa voglia portare questa volta Haneke non riesco proprio a capirlo o almeno lo intuisco in minima parte,so solamente che per quanto sia un film indigeribile e lontano dall'essere bello in sé (o comunque rispetto ad altro dell'austriaco sia in precedenza che successivamente) ancora una volta la forza del suo cinema sconvolge e scandalizza anche quando ci vengono spiattellate davanti esistenze normalissime e vuote. Anzi,si permette di prenderci pure in giro nella scena della piscina,peraltro bellissima come lo è pure quella sulla metropolitana: 7 anche per queste due. Per il resto,piaccia o no ad Haneke non interessa minimamente e questo si è capito. Meno della sufficienza ad un suo film,sia esso anche odioso od inguardabile,non lo metterò mai.

Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  27/05/2009 14:41:09
   8 / 10
Film complicato, molto complicato, e anche incompleto. Trascinati dallo stile di Haneke, quello stile freddo e distaccato che accompagna tutti i suoi film (ma non perché non ci tenga, anzi...), ci troviamo di fronte a tre storie intrecciate fra loro, ben prima dell'explois narrativo dell'Inarritu di "21 grammi" ("Amores Perros" a riguardo era molto più lineare) di cui più volte mi sono balzate alla mente certe immagini.
In bilico sempre fra finzione e realtà, Haneke gioca con i sentimenti dello spettatore dilettandosi in situazioni estreme che poi si riveleranno finte, o presentandoci situazioni ben meno disperate per poi arrivare ad un punto senza ritorno. L'arrivo è sempre terribile ed il regista austriaco riesce sempre a coinvolgerti a 360 gradi.

Come già detto tutto questo grazie ad uno stile unico (è uno dei pochi registi di cui saprei riconoscerne un film vedendolo per appena trenta secondi) e formalmente distaccato anche quando si tratta di difficilissimi espedienti tecnici come può essere un piano sequenza (a riguardo gli ultimi dieci minuti del film, girati tutti in piano sequenza, sono magnifici).

Se volete vedere un bellissimo, crudo e riflessivo spaccato della cultura multietnica francese questo è il film che fa per voi.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  19/05/2007 21:09:59
   6½ / 10
Prima di parlare di film schematico e incompiuto, avrei dovuto leggermi il titolo originale. In ogni caso, questo film di Haneke non mi ha mai commosso, eppure per certi versi è emblematico e significativo per comprendere l'approccio stilistico non tradizionale dell'autore. Che non è poco, in questi anni.
Un cinema "estremo" nel senso puramente tecnico del termine: che altro si puo' dire di un film che lascia i destini incrociati bruscamente interrotti (c'è bisogno di usare lo spoiler per un film così?) e che, come fanno i più deliranti spot pubblicitari televisivi, ... interrompe i dialoghi?
Un po' Dogma di Von Trier e un pò Cassavetes, le "Storie" - dopo la "doccia scozzese" del magnifico e insostenibile "Funny Games" mettono in moto la dissonanza dell'antiretorica, l'odio alle regole preconfezionate, qualche compiacimento stilistico e la pretesa di raccontare cinema senza vero cinema, la vita senza una vera vita.
Sono belle e si perdono nelle vie del destino (come il finale di "niente da nascondere" per certi versi).
Tempi lunghi o troppo brevi, lunghi piani-sequenza, pochi dialoghi alternati a brevissimi e spiazzanti monologhi: nè lo spettatore comune nè quello tipo "so-già-cosa-mi-aspetta" possono addattarsi.
Stupenda la Binoche tra fantasmi in celluloide e ansie quotidiane e la dimensione mostruosa, deviante, minimalista della vita (che non c'è) come quell'atto dei soldi buttati con disprezzo nelle mani della mendicante ("l'osso bucato con affettuoso disprezzo gettato" cfr. De Andrè) o lo sputo in faccia alla Binoche da parte di un teppistello di origine araba.
Haneke unisce e separa: il linguaggio dei sordomuti e l'alfabeto Morse come censoria forma di sollievo verso l'Handicap, ovvero tutti i territori della comunicazione (anche non verbali si intende).
Alla fine questa giostra di incognite mentali, di Europa stoltamente e paradossalmente sempre più lontana da se stessa, mette l'amaro in bocca: usciamo dal cinema con la sensazione che l'autore abbia voluto farsi beffe di noi, creando a modo suo dei "frammenti", delle derive, senza riuscire a persuaderci completamente della loro presuntuosa affidabilità

PetaloScarlatto  @  08/05/2007 22:36:58
   7½ / 10
é un puzzle incompleto, volutamente disturbato. Sembra incollato con una colla fatta di melma e dolore, disperazione e incomprensione.


Mi è piaciuto, anche se non mi ha fatto impazzire come altri films del geniale regista austriaco!!!


La scena più emozionante è quando la binoch nuota in piscina nell'attico e vede il figlio in bilico sul balcone... da farsi venire un infarto...


Per il resto attori straordinari, storia un pò confusa, ma non della confusione che mi fa impazzire... Riuscito a metà

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