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Forse è il film che più rappresenta Woody Allen, autore ateo, pessimista, amante e vittima della psicanalisi. Leonard Zelig è un camaleonte generato dalla nevrosi, dalla continua tensione tra l'omologazione e l'annullamento dell'individuo. E' un film divertente, realizzato con una tecnica superlativa e un livello di falsificazione notevole. Unica pecca: la forte impronta celebrale e la carenza di "cuore". Un tipico degli atei e dei pessimisti.
"...in fondo non fu l'approvazione delle masse a cambiargli la vita, ma l'amore di una sola donna"
Nella New York di fine anni '20, Leonard Zelig (cognome/nome che in lingua yiddish significa benedetto) diventa famoso per la sua capacità di poter divenire simile alla persona con cui ha a che fare, avendo sviluppato la capacità camaleontica di assumere le caratteristiche somatiche, psichiche e lessicali di chi gli sta attorno. Questo lungometraggio tecnicamente superlativo (difatti risultano memorabili certi virtuosismi tutti improntati ad un'attenzione maniacale al dettaglio; grandioso anche il bianco/nero) resta una delle tante vette ineguagliabili di Allen, sia dal punto di vista registico, sia da quello puramente recitativo (strabiliante anche la Farrow, per esempio). Sostanzialmente Zelig è un ottimo ed inusuale esercizio di stile cinematografico innestato in una grande metafora sull'inesauribile natura insicura, ambivalente e camaleontica di tutte la gente. Il lungometraggio rappresenta un apologo sull'onnipresente conformismo e sullo sforzo d'adattamento, una critica ed uno specchio del desiderio di piacere a tutti i costi, nonché una satirica riflessione sulla smania nevrotica di avere un successo forzato. Anche il consumismo (medici che trattano le persone come oggetti, folle che idolatrano personaggi per poi distruggerli dopo poco tempo) si becca giustamente la sua dose di denuncia. Straordinario il lavoro di mimesi tra filmati d'epoca (presenti anche Hitler e Chaplin) e trasformismi di Allen, ad opera dell'operatore Gordon Willis (il direttore della fotografia di indimenticabili capolavori come i tre film de Il padrino, Tutti gli uomini del presidente, Io e Annie, La rosa purpurea del Cairo – quest'ultimi due sempre diretti da Allen -), veramente professionale ed ineguagliabile ai massimi livelli. Straordinaria anche l'ironia (la frasi sul libro di Moby Dick - citato anche nel finale -, il consiglio sulle bottiglie vuote, certi monologhi). Allen, vera colonna portante della storia del cinema, si è dedicato e si dedicherà ancora ad elementi finto documentaristici nei riuscitissimi Prendi i soldi e scappa (1969), Il dittatore dello stato libero di Bananas (1971) e Accordi e disaccordi (1999), quest'ultima un'opera davvero eccellente. Tutto inarrivabile; alla fine (come si dice nel film), davvero, è l'amore che risolve tutto.
Per creare l'effetto di realismo, la produzione utilizzò lenti, macchine fotografiche e apparecchiature audio del 1920, usando la luce nel modo in cui sarebbe stata prodotta ai tempi. Inoltre l'artista Gordon Willis espose i negativi sotto una doccia e successivamente li calpestò.
C'è un uomo che, spinto dal desiderio di essere ammirato, apprezzato ed amato, arriva ad adattarsi alle persone che lo circondano, modificando se stesso in maniera così profonda e totale da riuscire a confondersi perfettamente con esse.
Di quante persone che conoscete potreste dire la stessa cosa?
"Zelig" è un documentario, stilisticamente ottimo da tutti i punti di vista, dalla struttura alla fotografia, geniale ed intelligente. In esso viene narrata la bizzarra vita di Leonard Zelig, un uomo estremamente camaleontico nella sua vita sociale, animato da uno struggente bisogno di sentirsi accettato, a tal punto da sacrificare totalmente la sua personalità per assumere i tratti che lo rendano gradito agli occhi degli altri. E' la storia di un uomo che dapprima attira la divertita curiosità popolare e poi l'interesse clinico, ma che avrà la possibilità di ritrovare la propria vita solo quando sentirà le sincere attenzioni dettate dall'amore. "Desiderando solo che gli si volesse bene, si trasformava oltre ogni misura. Ci si chiede: cosa sarebbe successo se sin dall'inizio avesse avuto il coraggio di esprimere se stesso, invece di fingere? In fin dei conti, non fu l'approvazione delle masse, ma l'amore di una donna a cambiare la sua vita".
"La sua storia riflette la natura della nostra civiltà, il carattere della nostra epoca". La vita di Zelig è una metafora che partorisce un'amara immagine e una provocatoria analisi dell'uomo moderno. A quali incredibili esiti può portare la disperata ossessione dell'essere accettati? La sopravvivenza sociale è una dote umanamente apprezzabile? Oppure è frutto di un auto-nichilismo che umanamente, in fondo in fondo, è comprensibile? La riflessione è imprescindibile. Sapiente quindi la scelta di snellirne lo spessore dipingendo un personaggio "leggero", da una parte intriso di tenera fragilità, dall'altra simpatico protagonista di alcune situazioni divertenti. "Certo era molto divertente, ma allo stesso tempo toccava qualcosa dentro le persone, forse qualcosa che avrebbero preferito ignorare".
Piacevole e satirico. Tenero e pungente. E molto, molto umano.
Mi aspettavo proprio un film del genere e sono soddisfatto. Ci voleva un ulteriore cambio di registro nello stile alleniano dopo commedie nevrotiche che si rifanno a Fellini e a Bergman,anche se Zelig rimane stilisticamente un eccezione nella sua vasta filmografia. Non che le tematiche di Allen siano diverse,anzi sono se possibile sempre le stesse ma la messa in scena sotto il formato mockumentary è effettivamente geniale anche se non sempre,e il suo Zelig (conformismo incarnato) è un personaggio sul quale tutti non possono esimersi dal riflettere. Meglio ancora è la trama narrata attraverso questo falso documentario che si attiene in tutto e per tutto ai veri documentari,con riprese stile anni '20 che potrebbero essere scambiate senza problemi per vere,pur nella loro spesso presente assurdità. Ad esempio si può ridere di un Leonard Zelig che si sbraccia durante un comizio nazista in presenza di Hitler stesso ma non si ha mai la sensazione che tutto sia inventato, Allen riesce a far aderire sempre alla realtà (per quanto iperbolica e,in effetti,irreale) questo suo documentario rischiando spesso di ricadere nell'esercizio stilistico e nella noia. Ma i passaggi a vuoto sono pochi e la genialità di Allen questa volta non la si può non riconoscere,inoltre non sembra proprio che far ridere sia stato l'interesse principale del regista,in particolare in questo suo riuscitissimo esperimento; anzi Zelig è da considerarsi il suo film più inquietante fino a quel momento,pur se non drammatico come Interiors. Splendide alcune battute,inoltre adesso devo assolutamente leggere Moby Dick prima di morire.
Montata su un fittizio (ma acutissimo) documentario la storia di Leonard Zelig è affascinante e colma di una debordante artificiosità che porta lo spettatore a vivere il film con un'attenzione massimale nel nome di un interesse perennemente vivo, accesso, costante.
"Zelig" è una commedia di Woody Allen imperniata in un clima di sottili metafore contro la società, con messaggi circa la "convenzionalità" maledettamente ambigui con l'individuo che è diverso perché riesce a diventare "uguale" alla massa.
Introspezione ed indeterminatezza del personaggio Zelig non è un tipo comune, è un "non normale" perché emula le immagini e le dottrine delle altre persone, forse è davvero questa la "valvola" di indipendenza e di estraneità sovvertita poi, di conseguenza, dai metodici metodi scientifici che reprimono per omologare. La volontà e la disperazione di assorbire le conoscenze, con riferimento al libro di Moby Dick, certificano l'ostinazione di Zelig di penetrare nelle menti altrui copiando fisico e psiche, questa è virtù o malattia? Le interpretazioni navigano in oceani teoretici.
Senza dubbio "Zelig" vive la sua ascesa nella prima parte di film, dopotutto anche abbastanza drammatica con il protagonista, interpretato da un profondo Allen, in un tunnel psicologico, sequenze e concetti che toccano lo spettatore. La trama si snocciola bene dall'inizio fino alla fine, prima parte, come detto, perfetta, nella seconda forse "sbuca" leggermente il fattore prevedibilità. L'idea del documentario è azzeccata e il finale con Zelig alla corte del Fuhrer è semplicemente strabiliante. La sequenza terminale è forse (in)volontariamente allegorica ed evidenzia la superficialità dell'America fra miti, contraddizioni e paradossi.
"Zelig" funge da denuncia al mondo ospedaliero, rifugiandosi in concezioni particolari che cantano l'inno e l'esaltazione soggettiva dell'individuo ora e per sempre.
Idea geniale, geniale il finto documentario, tutti bravi, effetti sorprendenti. Ma... dopo 40 minuti mi sembrava di aver assistito a 3 ore di proiezione! E'in fondo un luuuuungo sketch, con un sacco di battute buone e scenette divertenti, ma che ripetono all'infinito lo stesso concetto. E'uno dei film più corti che abbia visto ma anche uno dei più interminabili....
Uno dei film più inquietanti del grande regista newyorkese. In effetti si tratta di un'opera che punta il dito sull'incapacità dell'uomo di produrre una vita che sia propria. Oscar Wilde diceva che "nulla è più raro in un uomo di un gesto che sia suo proprio." Woody Allen ci dice che è solo delle vite eccezionali essere autonome. Anzi! Potremmo addirittura dire che l'eccezionalità di una vita si può misurare dal grado di autonomia che essa è riuscita a raggiungere. Attualissimo, questo film! In una società nella quale ognuno cerca di farsi simile all'altro e tutti simili ai modelli televisivi in modo da sentirsi parte della comunità e del gregge, quest'opera ci ammonisce e ci incoraggia a sviluppare la nostra personalità. Il difficile sta nello scoprire che personalità abbiamo. Forse siamo così sommersi da messaggi, da imput, da modelli che risulta impervio riuscire a fare un po' di ordine nella mente per capire chi siamo veramente. Per fare questo occorre un po' di silenzio (l'aveva capito bene Fellini al termine del suo percorso artistico!); oggi il silenzio non esiste più e quindi difficilmente abbiamo le grandi personalità: intendo grandi veramente e che durino tutta una vita, non una stagione televisiva. Il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer dal carcere nazista di Tegel diceva che oggi manca quel tipo di intellettuale che si dedichi ad un'opera e la faccia oggetto delle cure di una vita: la sola persona che riesca a contribuire, con il granellino della propria opera, allo sviluppo dell'umanità. Questo è, infatti, il momento dei tuttologi, di coloro che, come Zelig, non sanno che vestito indossare e che pelle assumere. Il film in questione è un inno alla personalità e una denuncia al progressivo estinguersi di essa. Forse, in questo senso, è il film più profondo, attuale e amaro di Woody Allen... e anche il più geniale!
Geniale l'idea, geniale la realizzazione, geniali alcune battute (su tutte quella sui gemelli siamesi e quella sul corso di masturbazione, ormai leggendarie), straordinari Allen e la Farrow, ma nell'insieme "Zelig" risulta fin troppo cerebrale ed autocompiaciuto per coinvolgere fino in fondo.
commedia incredibile.mi sono tanto divertito.il sarcasmo e l'ironia sono rese ancora più sottili,perchè le circostanze raccontate,sono considerate reali perchè sotto forma di documentario.una grande prova di allen,che mi continua a meravigliare.per me un artista resta nel cuore finchè riesce a farti rimanere a bocca aperta,e non ti costringe a pensare "ho perso 2 ore della mia vita,che peccato".mi emoziona,e mi fa ridere....è un grande
Realizzando sotto forma di documentario una biografia totalmente inventata, Allen racconta una storia che non può non avere punti di contatto con la realtà sociale che impera ormai da secoli. Il fatto che un personaggio simile sia stato eccessivamente "gonfiato" dai media come fenomeno del momento, per poi, una volta acquisita la normalità (e di conseguenza la scarsità di personalità) venire snobbato e ripudiato, ci fa capire quanto sia triste rimanere noi stessi in un sistema che non vede l'ora di sfruttare a più non posso le nostre poche capacità(mentali, spirituali, fisiche..) fino a portarle alle estreme conseguenze, e a renderle innocue e incolori. Zelig è solo un'anima che non vuole essere se stessa ma tante e tutte insieme, perchè si rende conto che solo comportandosi come gli altri riuscirà a ottenere qualcosa di concretamente importante, mentre rimanendo fedele a se stesso capirà a malincuore che avrà scarso successo nella vita, proprio per la paura che la propria personalità sia già di qualcuno che magari l'ha usata meglio di lui, ottenendo successi in più campi. Grazie all'aiuto di un'impacciata psicoanalista, emergerà il "vero" Zelig, (un tizio banale e goffo) e proprio nel momento in cui è giunta la guarigione, rispunteranno vecchie storie finite male, che faranno capire al povero protagonista quanto sia dura ricominciare a vivere con il proprio Io.Tutto finirà più o meno bene(compresa la sua infatuazione per la dottoressa),e tutta la storia sarà archiviata dalla stampa e dalla tv per venire magari poi riproposta per sopperire alla carenza di nuovi fenomeni.Allen,utilizzando lo humour e lo spirito che lo ha reso celebre,sembra porsi un interrogativo di shakespiriana memoria che è alla base del film:"Essere o non essere?Questo è il problema".Verrebbe voglia di essere titubanti,ma è la corrente della realtà che ci spinge ad affrontare la vita con più maschere, senza mai che quella giusta prenda il sopravvento.
Mi aspettavo molto di meglio non so... mi sono addormentata non ce l'ho fatta a seguirlo, registicamente è fatto bene ma non ci ho trovato nulla di interessante.