indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto regia di Elio Petri Italia 1970
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indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970)

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locandina del film INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO

Titolo Originale: INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO

RegiaElio Petri

InterpretiGian Maria Volontè, Florinda Bolkan, Gianni Santuccio, Orazio Orlando, Sergio Tramonti, Arturo Dominici, Aldo Rendine

Durata: h 1.52
NazionalitàItalia 1970
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1970

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Trama del film Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Nel giorno della sua promozione, l'efficientissimo capo della Squadra Omicidi, uccide la sua amante Augusta Terzi, con la quale ha un rapporto sadico. L'ispettore, dietro una facciata solida ed irreprensibile, nasconde in realtà una personalità profondamente disturbata, e lascia evidenti prove a proprio carico proprio per provare quanto sia insospettabile nel suo ambiente. I colleghi della omicidi non considerano neppure le prove evidenti...

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Voto Visitatori:   8,90 / 10 (218 voti)8,90Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior film straniero
Miglior filmMigliore attore protagonista (Gian Maria Volontè)
VINCITORE DI 2 PREMI DAVID DI DONATELLO:
Miglior film, Migliore attore protagonista (Gian Maria Volontè)
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Voti e commenti su Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, 218 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI gerardo  @  17/02/2009 23:48:33
   10 / 10
"Panuuuunzio! Panuuuunzio!"

Gli anni '70, proiettando su tutto il suo arco i rivolgimenti politico-sociali e culturali del decennio precedente, ed in particolar modo del biennio '68-'69, diventano un grande laboratorio per il cinema "politico" di tutto il mondo, un cinema che s'interroga sul Potere e sui suoi multiformi risvolti e nel quale si rielabora, spesso con straordinaria efficacia, il ruolo delle istituzioni e delle figure istituzionali classiche e borghesi di fronte ai mutati (e mutanti) scenari culturali.
"Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" è uno dei punti più alti di questo cinema e, più in generale, della cinematografia italiana di sempre.

"…per provare! per provare! per provare! per provare!…"

Il Dottore è uno sbirro di successo, capo della sezione omicidi “promosso” alla sezione politica per attuare con la stessa efficacia del suo incarico precedente la repressione dei vari movimenti "sovversivi" che il '68 ha fatto sbocciare. Il Dottore è un uomo potente. Tutti lo riveriscono e lo temono nella polizia. Non ha nemmeno un nome: per tutti è il "Dottore". La scala gerarchica nelle istituzioni è molto sentita e il servilismo serpeggia nelle fila dei colleghi del Dottore, tanto da infistidire lo stesso protagonista. Il potere, però, lo seduce, lo corrompe fin nel profondo. Ora non solo egli lo rappresenta in alto grado nelle istituzioni, ma se ne immedesima totalmente: egli è il Potere tout court.
Ma il Potere non basta esercitarlo, va posto in essere, riconosciuto come tale e verificato, se necessario va anche messo in discussione per saggiarne la consistenza.
Il Dottore, allora, si pone dall'altra parte, quella del crimine che lui stesso dovrebbe combattare, per "provare" quanto il Potere che egli rappresenta sia reale e intoccabile. Attraverso l’uccisione della donna con la quale aveva una relazione clandestina, il Dottore mette alla prova anche l'istituzione e le sue logiche (meschine), fornendo il tal modo una galleria di situazioni deplorevoli di cieco e misero servilismo. È quasi beffardo, il Dottore, nel suo piano di attuazione del Potere, ché le sue impronte e le innumerevoli e inequivocabili tracce da lui lasciate sul luogo del delitto sono così palesi da irridere ogni movimento investigativo della polizia, la quale non vuol vedere ciò che è evidente.
Il Potere è, in realtà, legato alle forme e alle pratiche di un ordine costituito nel quale si autolegittima, si autoriconosce e si compiace. L'epigrafe kafkiana che Petri mette in coda al film (e non all'inizio, come solitamente accade) racchiude concettualmente il significato intero dell'opera: "(…) egli è un servo della legge quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano".
Non a caso la "verifica" del Potere il Dottore la compie nel momento in cui viene promosso alla sezione politica della polizia, ovvero quando viene preposto al controllo di ogni possibile attività che possa sovvertire e misconoscere quel potere (dell’ordine costituito).

"La repressione è il nostro vaccino! Repressione è civiltà!"

Se da un lato a insidiare il (suo) Potere vi è l'ideologia, dall'altro, in stretta relazione, vi è la sessualità (e in genere, per estensione, l'universo femminile – "esemplificato" nella figura di Augusta Terzi, la vittima - col quale il Dottore si raffronta). Augusta lo maltratta, sottilmente lo disprezza, non perde occasione per offenderlo e umiliarlo. Lo stuzzica facendogli ripetere, e fotografare, in senso erotico morboso, le scene dei delitti su cui indaga; il Dottore crede di dominare anche nella sfera sessuale e privata, usando modi talvolta bruschi e violenti che perpetuano il suo Potere, almeno formalmente, ma è Augusta a condurre il gioco. Perché, poi, proprio di gioco si tratta, e Augusta non smette di ripetere che egli è soltanto un "bambino", che sessualmente rivela tutto il suo infantilismo. Una donna, quindi, disvela miserevolmente la vera natura del Dottore, riduce (e disintegra) il Potere che egli rappresenta a banale e patologica onnipotenza infantile, che di fatto è quasi impotenza sessuale. Il Dottore deve confrontarsi anche con le forze sovversive (un contropotere, si direbbe…) che lo tallonano persino sul piano personale: l'anarchico individualista Antonio Pace, un altro frequentatore di Augusta Terzi che la donna apprezza come uomo, nella sua sfera sessuale, virile e matura, e come rivoluzionario, diventa per il Dottore un antagonista da conoscere, controllare, possibilmente reprimere.
L'impotenza del Potere non può che trovare un'unica poliedrica forma possibile di espressione: la violenza, il controllo coercitivo, la prevaricazione, la repressione, l'omicidio.
Nel circolo vizioso del servilismo – e dell'autoconservazione - dell'ordine costituito (anzi, de "l'autorità costituita") il Potere, messo alla prova di fronte alle proprie responsabilità schiaccianti, non può essere infine discusso, perché così verrebbe minato alla base tutto quello stesso ordine e il suo sistema.
Gian Maria Volontè dà un'interpretazione incommensurabile del Potere, col suo corpo e le sue movenze rigide, tronfie e marziali, lo sguardo beffardo e duro, l'accento siciliano nella sua voce costantemente alta e improntata al comando: egli è sempre sopra le righe, come il personaggio richiede, d’altronde, e in questo riesce drammaticamente credibile.
Florinda Bolkan è la sensualissima Augusta Terzi, vittima forse predestinata del Potere, che, contrariamente al personaggio di Volontè, recita di sottrazione, sì da rendere il suo ruolo più sottile e tagliente.
Una nota conclusiva riguarda l'uso della lingua nel film di Petri. Lo stuolo di poliziotti e questurini che popola questo microcosmo dell’autorità costituita si esprime indistintamente in una lingua si****-napoletana, quasi a comporre nell'insieme una koinè linguistico-culturale poliziesca che si distacca e si sovrappone a quella d'uso comune, persino a quella cinematograficamente dominante romanesca (quasi fosse una lingua ufficiale – riconosciuta come tale – del Potere): non a caso, un tentativo di camuffamento della propria voce viene immediatamente smascherato e il Dottore riconosciuto.
Ad accompagnare, in un certo senso, la "lingua del Potere" nelle sue – talvolta perverse - espressioni c'è la colonna sonora di Morricone che ormai fa parte dell'immaginario collettivo.

6 risposte al commento
Ultima risposta 18/02/2009 20.42.36
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