le vite degli altri regia di Florian Henckel von Donnersmarck Germania 2006
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le vite degli altri (2006)

 Trailer Trailer LE VITE DEGLI ALTRI

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locandina del film LE VITE DEGLI ALTRI

Titolo Originale: DAS LEBEN DER ANDEREN

RegiaFlorian Henckel von Donnersmarck

InterpretiMartina Gedeck, Ulrich Mühe, Sebastian Koch, Ulrich Tukur, Thomas Thieme, Hans-Uwe Bauer, Ludwig Blochberger, Werner Daehn

Durata: h 2.17
NazionalitàGermania 2006
Generedrammatico
Al cinema nell'Aprile 2007

•  Altri film di Florian Henckel von Donnersmarck

•  Link al sito di LE VITE DEGLI ALTRI

Trama del film Le vite degli altri

Anni 80'. Georg Dreyman, drammaturgo, e Christa-Maria Sieland, sua compagna ed attrice famosissima, si trasferiscono a Berlino Est. I due sono considerati fra i più importanti intellettuali dal regime comunista anche se non sempre sono in sintonia con le azioni intraprese dal partito. Quando il ministro della cultura, vede uno spettacolo di Christa-Maria, se ne innamora e darà l'incarico ad un suo fidato agente di seguire la coppia ed osservare i loro interessi.

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Voto Visitatori:   8,36 / 10 (217 voti)8,36Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior film straniero
Miglior film dell'Unione Europea
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
Miglior film dell'Unione Europea
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO CÉSAR:
Miglior film straniero
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Voti e commenti su Le vite degli altri, 217 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

-Uskebasi-  @  08/07/2012 19:36:28
   9 / 10
---COMMENTO SPOILEROSO, LEGGETE A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO---
Superfluo parlare della bellezza di questo film. Opera prima subito all'Oscar.
E' bellissimo vedere il progressivo cambiamento di Wiesler che ha il suo punto di non ritorno nell'ascolto della "Sonata per le persone buone". Si chiede Dreyman: "Ma come fa chi ha ascoltato questa musica, ma veramente ascoltato, a rimanere cattivo..."
Nella catena di eventi che cambia le loro vite e la Germania con loro, arriva il momento dell'atteso incontro tra i 2. Fino qui sarebbe stato semplicemente un gran film, ma è qua che c'è la differenza. Dreyman sarebbe forse potuto o dovuto scendere dall'auto, avvicinarsi a Wiesler. Inquadratura larga, magari un abbraccio, poi titoli di coda. No, per fortuna.
Dreyman Se ne va. Passa del tempo e scrive un libro. Sonata per le persone buone si chiama, chi deve leggerlo lo noterà sicuramente, ed infatti è così.
Wiesler pensa un attimo prima di aprirlo.

Ad HGW XX/7, con riconoscenza



brividi...

E sono stra-convinto che in lingua originale la risposta alla domanda se fosse un regalo non sia "No, lo prendo per me", ma semplicemente "No. E' per me".

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Ultima risposta 20/04/2016 14.19.10
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wooden  @  28/03/2010 15:41:26
   6½ / 10
Una piacevole storia quasi per tutti, ma davvero nulla di nuovo o particolarmente interessante, sullo "spionaggio" nella berlino divisa. Ben fatto.

Se non sbaglio "Sileni" di svankmajer era in nomination per miglior film straniero, vergogna che abbiano premiato questo. Un film discreto al posto del più grande film del decennio '00.

Vabbè, gli oscar son gli oscar un pò come sanremo è sanremo.

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Ultima risposta 20/05/2010 23.28.16
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favam  @  09/01/2010 09:57:11
   10 / 10
Un film in totale stato di grazia. Parte con sorniona lentezza a testare la predisposizione di chi guarda perchè l'argomento trattato e, soprattutto, per come è trattato non merita una visione da multisala, popcorn e cottillons.
Non merita una lettura disattenta e non merita chi si annoia. Una volta selezionato lo spettatore la pellicola diventa poesia artefice non casuale della trasformazione del becero esecutore di regime in "un uomo buono" e sarà proprio nei crediti di un libro che l'arte e l'artista renderanno omaggio alla sensibilità dell'animo umano che una grigia dittaura non è riuscita a piegare.
Questo film "è per me", anzi "è per noi".
Capolavoro senza se e senza ma.

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Ultima risposta 09/01/2010 21.09.16
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acompagn  @  25/10/2009 13:42:03
   9 / 10
Un bellissimo crescendo, con attori straordinari, il compianto Muhe su tutti, e un finale esaltante e memorabile.

Il film del riscatto di tutto il Cinema tedesco, da troppi anni incapace di produrre un capolavoro come questo.

Aspettiamo un film italiano di questo livello per riscattare pure noi la nostra mediocrità

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Ultima risposta 07/01/2010 19.02.17
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TIGER FRANK  @  04/10/2008 23:08:16
   10 / 10
EIN MEISTERWERK GEHEN UND SEHEN ES JETZT!

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Ultima risposta 08/10/2008 07.53.56
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Gruppo COLLABORATORI julian  @  29/09/2008 15:10:30
   8 / 10
La Germania Est poco prima della caduta di Berlino, i metodi liberticidi della Stasi, la Stasi stessa, tutti argomenti snobbati incurantemente dalla cinematografia, forse sovrastati dal fascino immenso emanato invece dal nazismo, su cui Florian Henckel von blablabla, regista esordiente, con quest'ottima prova fa luce.
Il film si fa notare grazie alle ottime prove attoriali (su tutti la Gedeck e Muhe, morto poco dopo l'uscita del film), al perfetto svolgimento della trama che si fa avanti a momenti di suspance degni del miglior Hitchcock e alla potenza di molte scene e dialoghi.
La costruzione del personaggio Wiesler è talmente esauriente già nei primi minuti che lo spettatore può facilmente intuire il suo (determinante) ruolo nella storia e prevedere le sue mosse.
Molto bello, consigliato vivamente.

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Ultima risposta 18/05/2013 22.50.26
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Requiem  @  15/06/2008 11:18:35
   10 / 10
Il primo film dell'esordiente Florian Henkel Von Donnersmark è di impressionante livello.
Il regista dice di essersi rinchiuso negli archivi per 2 anni e di aver studiato qualsiasi notizia sull'argomento.
Il risultato è a dir poco straordinario: Il film è un appassionante melodramma spionistico che qualche volta ricorda addirittutura alcuni capolavori degli anni '70 americani (come il cinema di Pollack, o quello di Pakula) e il paragone con lo spione Muhe e L'Hackman di "La conversazione", viene spontaneo.

Il regista, in questo esordio memorabile, usa il genere Thriller per raccontare la Germania degli anni '80 e la Stasi, la polizia segreta che spiava tutto e tutti. Il ritratto che ne fa è desolante e viene riassunto dall'espressione di Ulrich Muhe, in una delle interpretazioni più convincenti intense e commoventi degli ultimi anni.
L'attore morto a 54 anni lo scorso anno, pare visse sulla propria pelle una situazione simile e rispose "ho ricordato" alla domanda su come si fosse preparato al personaggio . Qusto spiega la sua impressionente bravuta in "le vite degli altri".

Convincente tutto il cast, anche Kock (che poi ci ha riporovato nel 1000 volte inferiore "Black Book" di Paul Vehroven) e la Gedeck.
Ma il film, dedicato nello splendido finale al protagonista, inconsapevole di essere stato un vero e proprio simbolo, è merito dello straordinario talento di un esordiente poco più che trentenne.


In definitiva un film folgorante e splendido, premiato, giustamente, ovunque. Sidney Pollack eveva pensato addirittura di farne un remake sull'America del Patriot Act.

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Ultima risposta 07/10/2008 19.20.04
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Mizoguchi  @  03/01/2008 11:12:49
   5½ / 10
Un film mediocre, molto televisivo, sia nella messa in scena, nella direzioni degli attori, e soprattuto nella scrittura, prevedibile, facile, "buona" al punto giusto.
Della trama già capisci tutto quasi da subito.
Probabilmente deve il suo successo all'interesse e al coinvolgimento scaturiti dalla pagina di storia trattata, che ovviamente ha la sua dignità ed importanza, ma che non può certo essere l'elemento fondante della bellezza di un film.
Insomma un film didascalico e senza guizzi, adatto, più che altro, ai cineforum scolastici.

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Ultima risposta 28/01/2008 20.39.37
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Invia una mail all'autore del commento piernelweb  @  22/09/2007 19:41:30
   8½ / 10
L'esordio a livello internazionale del giovane regista tedesco von Donnersmarck è un folgorante esempio di cinema d'autore moderno, che evita autocelebrazioni concedendosi apertamente alla visione dello spettatore. I grigi anni nella Germania a est di Berlino prima della caduta del muro, segnati dal regime di controllo della Stasi, sono raccontati con rigore storico ed equilibrio narrativo attraverso le vicessitudini del drammaturgo Georg Dreymane e della sua compagna, segnate dal terrore e dall'umiliazione per opera dei loro controllori (uomini della sicurezza di stato) assetati di trovare nuovi intelettuali avversi al sistema più per ambizioni di carriera e potere che per reale integrità politico-ideologica. Ma "Le vite degli altri" oltre a documentare una periodo importante nella storia europea moderna, è un film che scava nella solitudine dell'animo, nella mancanze affettive ed esistenziali di un uomo del partito (uno straordinario e davvero compianto Ulrich Muehe), diventando una meravigliosa scalata di coscienza democratica dinnanzi ad una realtà non più sostenibile. L'ideologia prevale ancora. Quel "No è per me" alla cassiera della libreria, accompagnato da un sorriso, l'unico di Wiesler in tutto il film, ha un valore specifico e simbolico straordinario. Varebbe la pena vedere il film solo per quell'attimo.

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Ultima risposta 27/09/2007 18.25.47
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Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Jellybelly  @  11/06/2007 01:08:43
   8 / 10
Ottima opera prima di un regista dal nome troppo difficile perchè io lo riporti senza errori.
"Lei vite degli altri", prima che un film di denuncia o di spionaggio, è un film sulla natura umana e sulla solitudine, visto attraverso gli occhi del severo capitano Wiesler (un superlativo Ulrich Muhe, che mi ha ricordato l'algida freddezza del Kevin Spacey dei bei tempi), la cui vita squallida e vuota viene riempita per adesione da quella di Dreyemane della sua compagna, con cui entrerà in totale empatia al punto da rischiare tutto pur di aiutarli, silenzioso deus ex machina dallo sguardo compassionevole.
Forse eccessivamente superficiale in alcuni passaggi e dispersivo nel finale, "Le vite degli altri" rimane un ottimo prodotto dalla forte personalità.

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Ultima risposta 11/06/2007 10.09.40
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fra80  @  28/05/2007 14:32:30
   6½ / 10
Gli attori sono bravi e la storia è interessante, ma esteticamente mi parso più simile a un telefilm che al Cinema (e il fermo immagine finale infatti sembra uscito da una puntata della signora in giallo..).

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Ultima risposta 04/06/2007 22.56.09
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Gruppo REDAZIONE Pasionaria  @  15/05/2007 09:51:17
   8 / 10
Durante la visione del film ho percepito lo stesso fastidioso senso di oppressione che ha accompagnato la lettura del capolavoro orwelliano.
Gli ambienti tetri girati nei luoghi dove ha realmente operato la Stasi, l'atmosfera di paura,alimentata e al contempo soffocata dal perenne sospetto,gli sguardi colpevoli, gli occhi costantemente bassi, le scene monocromatiche,ne accentuano l'effetto. Questa opacità diffusa si focalizza su di lui, funzionario della polizia segreta operante nella DDR poco prima della caduta del muro. Weisler è un personaggio inquietante e vero come pochi, una spia controllata a sua volta dal Partito, un uomo strumentalmente alienato che, privo di una propria vita, si appropria delle altre, legittimato dalla fedeltà al regime comunista, cui rende orgogliosamente un indispensabile servizio. L'attore, bravissimo, sa tratteggiare ogni sfumatura della complessa psicologia del funzionario:dalla plumbea freddezza di burocrate del Potere con lo sguardo glaciale solo apparentemente indifferente, alla metamorfosi che il suo voyeurismo opera, trasferendolo nella vita dell'altro, l'intellettuale utilitaristicamente asservito al potere. Peccato che la sua metamorfosi sia soltanto accennata da alcune brevi sequenze e mai ben definita, e questo è forse l'unico punto debole della storia. Interessante invece come una sorta di tranfert faccia incontrare le due anime (più simili di quanto possa sembrare, entrambe vittime di un sistema malato) lungo un percorso che conduce alla dignità tramite la consapevolezza.
Entrambi vivono il dramma del cambiamento, entrambi perdono qualcosa d'importante, ma fra i due colpisce il silenzioso mutamento di Weisler, appena percepibile dallo sguardo, da una lacrima, testimonianza della riscoperta di quella parte di sé, che a noi piace pensare essere la sua umanità più autentica, celata dalle certezze incrollabili cui si è votato. L'arte opera il miracolo, e lo spirito rinnovato frantuma i principi saldi di un credo politico, unicamente strumento di un potere corrosivo e corruttibile. Un potere sempre pronto a riciclarsi, attento a non perdere mai i privilegi acquisiti, come s'intuisce dal discorso pervicacemente arrogante del ministro nelle ultime scene a teatro.

Non c'è alcun dubbio che la storia nasca dal vissuto di questo sconosciuto regista di straordinario talento: la sua emozione traspare dal grigiore delle immagini e tra le parole asciutte dei dialoghi. Non è un film di pura denuncia politica, è la testimonianza di una delle tante storie ricorrenti nell'ex DDR, in un periodo storico particolarmente drammatico di cui così poco si conosce. Il regista ce lo racconta con lucidità, ma al di là della coercitiva condizione di chi ha subito un regime, il messaggio centrale è che il Potere si autoconserva alimentandosi delle vite degli altri, sempre e ovunque, anche nelle autocompiacenti democrazie occidentali di oggi.

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Ultima risposta 23/05/2007 12.21.50
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento Giordano Biagio  @  08/05/2007 19:36:46
   9 / 10
Finalmente una storia ambientata in un paese comunista anni '80.
Storia bene orchestrata, poche le pause noiose.
Chiare le questioni etiche, di libertà, di diritti, messe in evidenza dal racconto.
Il confronto con l'occidente sembra per il regime comunista nettamente perdente: pluralismo di soggetti economici, culturali, politici, occidentali gigamteggiano nell'immaginario dello spettatore contro ogni forma di dittatura. Una bella storia , triste ma passionale, che svela tante cose del comunismo e della corruzione in generale dell'uomo di potere protetto dal sistema autoritario.

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Ultima risposta 14/05/2007 17.25.32
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alesfaer  @  07/05/2007 18:38:28
   2 / 10
imbarazzantem di 1 noia mortale. eravamo in 8 e 3 di loro si sn appisolati. buono al massimo in dvd, per qualche coppietta senza amici in 1 giornata di bufera su qualche isola come pantelleria abbandonata da dio

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Ultima risposta 31/05/2007 10.46.07
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Gruppo COLLABORATORI gerardo  @  06/05/2007 02:17:07
   7 / 10
Non è il primo film sulla DDR, nemmeno il migliore, a mio avviso, ma è sicuramente quello che ha vinto e incassato di più.
"Le vite degli altri" è un film a tesi, con l'intento di dimostrare, in maniera preconfezionata, i mali del regime comunista in Germania Est e della sua tentacolare oppressione e intromissione in ogni aspetto della vita pubblica e privata dei cittadini. Cioè, entriamo nel cinema e sappiamo già cosa ci attende. E il film non sgarra un secondo: concede al pubblico - OCCIDENTALE -, dall'inizio alla fine, tutto ciò che si aspetterebbe di vedere, anzi, ciò che vorrebbe che gli si mostrasse. Non per niente ha preso l'Oscar.
C'è la Stasi che arresta, controlla, interroga, spia, gestisce carriere ed esistenze, ecc. Ci sono degli agenti rigidi e spietati. Ci sono i comuni cittadini spiati e vittime. Nulla esula dal canovaccio.
Poi nel finale l'autore ci "concede" anche l'ultimo desiderio di noi spettatori: la scoperta della verità e la conciliazione.
Insomma, c'è tutto quanto possa muovere a profondi e nobili sentimenti d'indignazione, riflessione, pietà, commozione e blablabla.
Come struttura generale il film è poco più che mediocre, anche se la narrazione procede, grazie anche alle ottime interpretazioni, in modo molto fluido e avvincente.
Ora, messe da parte le tesi preconfezionate, c'è un aspetto particolarmente interessante del film che mi preme rilevare: lo scambio dei ruoli tra i personaggi e le loro funzioni. La trama e i fatti storici vorrebbero come vittime verso cui attestare la nostra pietas lo scrittore Dreyman e la sua compagna attrice Christa-Maria, mentre per il capitano Wiesler sono riservati altri nobili e sublimi sentimenti solo dopo la presunta evoluzione del suo personaggio. In realtà, il personaggio veramente tragico del film è proprio l'agente della Stasi, che è un sincero ed onesto socialista, assolutamente fedele alla coscienza della sua ideologia e un po' meno alla linea delle istituzioni per cui lavora. Egli crede fermamente in quello che fa, come fosse un dovere morale, una missione da compiere in nome del socialismo. Inizialmente corrisponde a tutti i clichés sugli agenti segreti comunisti: rigidi, inflessibili, adusi a una terminologia di partito retrò da Patto di Varsavia. Eppure non può non suscitare empatia e immediata comprensione. La sua tragedia è di trovarsi in una situazione più grande di lui, con la consapevolezza della sconfitta sul piano personale. Egli sa perfettamente di essere solo un semplice, piccolo ingranaggio del meccanismo - e che quel meccanismo è tutta la sua vita. Ma sa anche che può cambiare il corso degli eventi con la sua piccola parte. Vive di vite altrui, mentre la propria è tristemente vuota. Le spia, le controlla, le interroga, e alla fine decide di riscriverne una di proprio pugno. E' sempre una vita di altri, ma ora è lui l'artefice, lo scrittore, il drammaturgo. La sua passività si trasforma in qualcosa di più attivo. (Ri)scrive la Storia, ne diventa Autore, tenta di cambiarne il corso, sullo sfondo della decadenza del regime e di sommovimenti pronti a esplodere.
Ma la resa tragica del personaggio del capitano non sembra voluta, perché Von Donnersmark, oltre a concederci inutili dettagli sui giornali che annunciano la Perestrojka, si perde in un retorico e stucchevole finale nel quale l'agente della Stasi è "solo" una persona buona, meritevole di riconoscenza, a dimostrazione che - guarda un po'! - anche nei servizi segreti c'era il buon samaritano. Tagliare il film un quarto d'ora prima l'avrebbe reso molto più vero, forte, e meno libro "Cuore".

Un consiglio (se posso permettermi): la "tragedia" della DDR è narrata superbamente nel grandissimo (semisconosciuto) film di Volker Schlondorff, "Il silenzio dopo lo sparo". Imperdibile.

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Ultima risposta 10/05/2007 13.15.19
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Skorpio  @  01/05/2007 21:23:55
   9 / 10
La trama, non ve la dico proprio. Voglio solo commentare, perché vederlo mi ha ricordato chi sono, cosa scrivo, cosa sento.

Il grigio cenere di divise senza speranza, in cui trasfigurare il senso dell'esistenza. Le pareti soffocanti delle stanze degli interrogatori in cui ciò che insegno viene applicato, le ore ad ascoltare la vita degli altri per farne parole che li inchioderanno, il suono – il suono dell'orchestra che non permette di restare cattivi.

Il segreto, di un nastro rosso di coraggio nascosto nel pavimento.
La fedeltà, di tradire senza tradire e amare senza parole: la verità nella bugia e la verità che diventa bugia, per salvare, per salvarsi.

Gli occhi vivi di chi ha scoperto di avere un'anima e la vuole salvare, pagandone il prezzo.

Voglio credere che sia avvenuto davvero.

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Ultima risposta 04/05/2007 20.32.15
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  25/04/2007 00:57:28
   8 / 10
Von Donnersmarck ci racconta l'interiorità di un uomo che passa dall'essere uno dei più spregevoli volti mai visti al cinema da almeno una ventina d'anni a un'individuo pressato dalla propria coscienza: egli ama, legge poesie di Brecht, ascolta Beethoven e resta profondamente scosso quando si cita l'amoralità del Regime e degli uomini che sanciscono il controllo delle funzioni del partito.
Per quanto il film sia volutamente monolitico, è facile ravvisare qualche affinità sia con la Caccia alle Streghe del senatore McCarthy sia con i recenti (recenti, sottolineo) misteri legati all'amministrazione dell'era Putin, fatta di giornaliste morte misteriosamente e strane spie in giro per l'Europa, ristoranti giapponesi avvelenati e via dicendo.
E in maniera troppo zelante ci viene "imposto" un avvenimento storico come il crollo del Muro, come se la sovversione del potere potesse finalmente celarsi (abissarsi) nelle spire di registri che sembrano appartenere a una storia molto pià antica di quanto sembri.
La stessa requisitoria contro Lenin e "la cattiveria della rivoluzione" appare superflua se non si affronta coerentemente la storia della Rivoluzione Russa del 1918, e non sarebbe del resto compìto esclusivo di questo film.
Volendo inoltre soffermarsi sull'indubbia capacità stilistica dell'autore, sembra che la funzionalità metaforica (la sedia degli interrogatori continuamente filmata) non riesca ad esprimere compiutamente la sua efficace analisi (v. la simbologia di un'umanità dove vittime e carnefici possono essere sottoposti allo stesso trattamento, condividendo la propria prigionia ideologica).

Troppe riserve per un film che, comunque, è la vera rivelazione dell'anno: ha la capacità di esprimere la soppressione dell'Arte in tutte le sue forme a immagine e somiglianza di un Regime che assomiglia a una piattaforma di paure ancestrali e orridi incubi esistenziali, ed è un sollievo sapere che la cultura sia (stata?) una forma inesauribile di paura, che abbia fomentato l'alibi della coercizione ideologica per tanti anni.
Mi chiederei come mai oggi, in pieno capitalismo, la cultura non spaventi più nessuno, ma non voglio aprire un dibattito politico-ideologico in merito: è già qualcosa sapere che sopravvive.

Pensando a questo film, mi veniva in mente la pessima distribuzione dell'ultimo Siodelbergh, che tratta temi diversi in epoche diverse, ma che sarebbe opportuno conoscere direttamente.

Il grandissimo merito di questo film è non solo filtrato dal memorabile protagonista(co?) , ora gelido e spregiudicato, ora turbato da se stesso e dalle sue debolezze: un personaggio che mi ricorda per altri versi certi antieroi dei film di Kaurismaki, e non a caso un vago cenno "nordico" (nell'assoluta inflessibilità emotiva degli eventi) c'è di sicuro.
Il merito è anche nelle ambientazioni: nella clandestinità di una dimora, anche davanti a un liberatorio (rassicurante?) compleanno, o nelle pieghe di un potere che utilizza una forma spietata ma neutrale di tortura mentale, come le "cinque tipologie caratteriali dell'attore" che sembrano citare (o è impressione mia?) nientemeno che "Il Metodo Stanilavsky".
Del resto il regista è abilissimo sia a suggerire la concezione di "Missione" (cfr. Munich di Spielberg) sia la laida brutalità di un potere gestito da ministri corrotti e capaci di ogni vessazione (sconvolgente, nella sua eversione coercitiva e mentale, la sequenza dello stupro).
Ripeto, a volte ho avuto come l'impressione che l'autore del film fosse necessariamente sprovvisto della pazienza necessaria per sviluppare più alacremente le sue ipotesi, e come se si disfacesse - come la stessa ideologia - delle tensioni approdasse a un finale vagamente vicino ai favori della massa (dello spettatore).
Ma sia benedetto un personaggio come Wiestler, che come Gene Hackman in un noto capolavoro di Coppola avverte la sua quotidianità riflessa nel fallimento della sua "altra visione" e nelle drammatiche modalità della sua (e altrui) sopravvivenza mentale

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Ultima risposta 22/03/2008 23.57.24
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Invia una mail all'autore del commento Albertine  @  19/04/2007 14:40:25
   6 / 10
abbastanza stereotipati sia i personaggi che le situazioni...il peso del regime certo si sente molto ma non posso fare a meno di pensare a quella meraviglia di film che è "Garage Olimpo" che descrive un regime sanguinario e crudele con risultati decisamente superiori. (Se è per questo mi sento in regime anche in un paese come il nostro dove per controllarci e renderci inoffensivi ci tengono il più possibile affamati e rin********ti dalla TV)...anche un po' troppo facile ed inspiegabile la conversione del protagonista...che orribile figura poi quella di Christa Maria Sieland...com'è possibile paragonarla a Tosca come ha fatto qualcuno? Tosca si concesse a Scarpia per salvare il suo compagno e si suicidò perché fu giustiziato nonostante il suo sacrificio...

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Ultima risposta 01/05/2007 18.56.50
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Gruppo REDAZIONE maremare  @  18/04/2007 12:03:06
   8 / 10
Come ne ‘La conversazione’ di Coppola, un uomo senza una vita campa intercettando quella degli altri. L’incontro con una vitale coppia d’artisti sarà fatale. L’amore, la passione delle idee, la cultura e l’arte, tutto ciò negato e represso nella tetra DDR, daranno un senso alla sua esistenza. Vivrà attraverso la coppia che ascolta, identificandosi con l’Altro fino alle estreme conseguenze. Un bel film, la cui unica pecca sembra rappresentata da una sceneggiatura lacunosa nella motivazione che porta ad un cambiamento così radicale il protagonista del film.
Rimane comunque notevole la descrizione della violenza psicologica di regime, dell’avidità del potere che alimenta, amoralmente, sé stesso e del prezzo che deve pagare chi, sia esso un funzionario del partito,un intellettuale eversivo o un’attrice brillante, un proprio codice morale lo possiede. ‘La vita degli altri’ (finalmente un titolo italiano azzeccato) è magistralmente interpretato e rappresenta l’ esordio folgorante di un regista dall’indubbio talento.

11 risposte al commento
Ultima risposta 31/05/2007 10.50.25
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Gruppo COLLABORATORI paul  @  16/04/2007 14:31:05
   9 / 10
Stupendo, la dimostrazione lampante di cosa può portare un regime, sia di destra che di sinistra. Una pellicola piena di verità e di umanità. Oscar meritatissimo.

3 risposte al commento
Ultima risposta 08/05/2007 16.21.24
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Gruppo COLLABORATORI martina74  @  16/04/2007 12:31:04
   8½ / 10
George Orwell non scrisse solo 1984, ma anche La fattoria degli animali, nel cui finale è scritta un'illuminante frase: "Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri".
Sembra accadere proprio questo nel crepuscolo della DDR del socialismo che controlla la felicità: come sempre, chi sta seduto sugli scranni del potere, usa la sua tronfia onnipotenza a propri fini, per rovinare qualcuno o cercare di portare a sè l'oggetto del proprio desiderio.
"Le vite degli altri" è una storia dolentissima, estremamente drammatica, sulla privazione della libertà, sul controllo dell'informazione, sulla cultura del sospetto che rende persona pericolosa anche un funzionario di infimo livello che racconta una barzelletta su Honecker.
Su tutto prevale la figura dell'agente Wiesler, che si lascia coinvolgere dalla vita del drammaturgo che deve spiare, e soprattutto dalla sua compagna che si accorge di amare, da lontano.
"Le vite degli altri" sono quelle spiate e violentate, sono quelle protette da chi non ha una vita propria, quelle cui è necessario garantire una felicità fittizia, pagata a prezzo altissimo.

Quello che maggiormente colpisce nel film è la sensazione di cappio alla gola che attraversa tutta la vicenda, un'empatia con la storia costruita sui dettagli, senza mai mostrare quasi nulla al difuori di un appartamento spiato da mille microfoni. Recitazione magistrale di Ulrich Tukur.

14 risposte al commento
Ultima risposta 28/08/2007 01.02.41
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Gruppo COLLABORATORI Invia una mail all'autore del commento Gabriela  @  16/04/2007 11:31:11
   9½ / 10
Un film che racconta che aldilà delle idee, del comunismo e del socialismo, esistono le persone e come tali reagiscono agli stimoli.
Un film genuino e con interpreti eccezionali, delimitato in un contesto carico di suspence e intensità. Sembra quasi impossibile raggiungere queste emozioni senza mai mostrare un goccio di sangue o torture durante gli interrogatori, il tutto è rappresentato in modo razionale... come la freddezza del regime.

E’ una riflessione sulla difficoltà di sopravvivere in un mondo carico di oppressione, sul timore dello stato e sulle debolezze personali; dove i buoni denunciano e altri si redimono.
HGW è un uomo solo che si aggrappa alla disciplina del partito poiché non ha altra cosa in cui credere… prima di scoprire la vita degli altri, o in altre parole, quella che lui non aveva.

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Ultima risposta 19/04/2007 08.27.44
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frangipani79  @  15/04/2007 11:23:06
   7½ / 10
Le Vite degli Altri è un interessante duello ad armi impari fra Stato e privati cittadini nella Germania Comunista degli anni 80. Una pecca piuttosto grave del film (e per questo ho abbassato il voto) è che non compare mai la parola "Comunista", immaginando che non sia stato il doppiaggio a eliminarla. Si parla di DDR e di Berlino Est, ma si circumnaviga quella parolina che ancora oggi si fa fatica ad associare a crimini contro l'umanità (il parlamento di Strasburgo nel 2004 ha ratificato un documento in cui si attesta la parificazione dei crimini dei regimi comunisti a quelli nazisti).

Per il resto è un ottimo film. In perfetto stile europeo, lontano da quei dialoghi "yankee" tutto parolacce e "what do you mean ?" "what do you mean ?".

La seconda parte è straordinaria, avvincente, toccante e reale. Ti tiene col fiato sospeso e non si capisce l'intera vicenda fino alla fine. Chi ha fatto la spia, come l'ha fatta, perché l'ha fatta.

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Cinema europeo al suo TOP.

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patt  @  14/04/2007 17:32:11
   9½ / 10
Nella Berlino dell'est la vita degli altri.. di amore, musica e teatro diventa il palcoscenico delle violenze e dei ricatti di un sistema che vuole abbattere ogni forma di libero pensiero e lo stesso palcoscenico genera quello che appare come l'unico e possibile "riscatto" per una vita frutto e "guardia" di quel sistema, che finalmente "sente" e si risveglia attraverso la musica , diventando l'emblema di una vicina liberazione.

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Ultima risposta 20/04/2007 13.56.05
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Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Lot  @  14/04/2007 13:40:04
   8 / 10
Proprio a metà degli anni '80 Orwell aveva proiettato il suo incubo distopico sul collasso reazionario dell'ideologia, sul grande occhio che penetra e sconvolge l'intimità delle vite nel vano tentativo di drogarne pensieri ed intenti.
In questo 'Vite degli altri' Winston e Julia hanno i volti di un drammaturgo e della sua musa, stretti tra la fedeltà al sistema e la libera espressione propria dell'arte, spiati e braccati da un funzionario della Stasi alla ricerca di prove della loro eterodossia.
I piani del pubblico e del privato si compenetrano e confondono tra l'esaltazione del teatro (splendido il parallelo con la Tosca di un commento precedente) e lo stupro dell'intercettazione.
Una vicenda sintomatica che in fondo sfuma in un più generale quadro dell'assurdo destinato a implodere sotto il peso delle sue contraddizioni, in un finale tragico e denso di dubbi irrisolti.
Alcune riserve tecniche. Mi ha ricordato "Der Untergang", notevoli i temi trattati, un po' approssimativa la realizzazione, più vicina alla fiction che al cinema: qualche debolezza nella sceneggiatura, fotografia verdognola alla Derrick e spessore a volte minimo nelle caratterizzazioni (Koch sembra il fratello di Fabio Testi). Nota a parte per la prova magistrale del deus dolente Ulrich Mühe, alter-ego crucco di Toni Servillo, intenso anche per la partecipazione personale agli eventi.
Film più che buono in fin dei conti, che contrasta in un dittico ideale con il + leggero ma non meno efficace Goodbye Lenin.

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Ultima risposta 23/04/2007 11.17.07
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Invia una mail all'autore del commento Maria Lucia  @  13/04/2007 11:18:18
   7 / 10
Nono ho idea di come sia il titolo originale, quello italiano lo trovo adatto come immedesimarsi e vivere la vita degli altri non avendone oppure avendo la difficoltà a crearsene una propria a viverla fino in fondo, accontentarsi è quello che capita al capitano compagno della STASI che spiando il drammaturgo (Sebastian Koch attrore teatrale noto in germania a mio parere molto bravo ve l'ho ricordate in BLACK BOOK ?) e la sua compagna che da "catiivo" si rivela "umano" (bella la scena nel bar dove lui incontra l'attrice ed in ascensore con il bambimo) fino ad aiutarli ed alla "riconoscenza" finale; come diceva Brecht "Non esitono eroi ma solo persone buone che fanno il loro dovere"...

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Invia una mail all'autore del commento roberto1956  @  11/04/2007 14:33:23
   10 / 10
TOSCA NELLA DDR
Bellissimo film, veramente meritevole dell'Oscar e degli applausi finali, che non sentivo da un bel po' in un cinema, soprattutto qui a Roma dove ci entusiasmiamo difficilmente.
Ho trovato molti punti in comune con "Tosca" di Sardou (e poi Puccini):
una donna affascinante che calca il palcoscenico, amata da un artista controcorrente ma anche da un inquisitore, un ricatto sessuale, un tragico interrogatorio con conseguente tradimento ed il suicidio della protagonista.
Ripeto, bellissimo e per chi ama l'opera lirica, ancora più suggestivo.

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Ultima risposta 14/04/2007 18.06.56
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andreapau  @  10/04/2007 09:43:38
   8 / 10
nella verosimile ricostruzione della germania est anni'80,pre gorbaciov,emerge il conservatorismo autoritario e ricattatorio del sistema.sistema nato per rivoluzionare il mondo,ma che nell'applicazione pratica è quanto di piu' reazionario si possa immaginare.un movimento rivoluzionario che si afferma con la violenza,e si consolida con l'autoritarismo,è una sorta di ossimoro.un movimento rivoluzionario che si regge grazie ai sotterfugi propri di cio' che combatte con ogni mezzo.il ricorso all'inganno,alla frode,al ricatto,all'intimidazione..l'esercizio sterile del potere fine a se stesso,il potere per mantenere il potere.la sopravvivenza grazie alla negazione del mondo circostante.nonostante questo,il solito nucleo delle teste pensanti in continua ebollizione,riesce a creare lo scompiglio.i tanto vituperati intellettuali,privilegiati e coccolati,ancorchè sotto controllo,sono l'epicentro del terremoto responsabile del crollo del muro.l'intellettuale semina,spesso in maniera autoreferenziale e narcisistica.chi raccoglie i veri frutti è l'uomo della strada.niente puo',il lavaggio del cervello,contro la forza dell'arte,del bello,del puro,della verità.non puo' opporsi al fluire delle emozioni,alla trasformazione dell'uomo da macchina da guerra a essere umano.le note di beethoven,che accompagnano la lettura di brecht,entrambe colonna sonora di una vita piena d'amore,mettono in dicussione tutta una vita consacrata ad una falsa buona causa.l'approdo,è cio' che dovrebbe essere il punto di partenza per definirsi uominio..ma tant'è,bisogna sbagliare tanto prima di fare qualcosa di giusto.essere buoni è giusto.la cattiveria puo' diventare bontà...ma qual'è il regalo della controrivoluzione?un intellettuale un po' pavido e narcisista è il generale di un esercito di eroici portalettere.molto è rimasto come prima

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Ultima risposta 25/04/2007 00.21.34
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Invia una mail all'autore del commento logical  @  08/04/2007 00:26:22
   5 / 10
Ogni società civile contemporanea, occidentale e orientale, ha una struttura preposta allo spionaggio, alla raccolta di informazioni volte alla prevenzione di atti che potrebbero sovvertire le basi e le forme della società stessa. Sta alla societè stessa capire da che parte provenga il nemico e quali e quanti mezzzi utilizzare in questa attivià, né più e né meno di quanto accade per l'esercito.
L'anomalia o l'ipertrofia di questa consuetissima e praticatissima attività può - forse - essere rappresentata dalla STASI che nella DDR sembra avere raggiunto livelli grotteschi, forse anche perché ancora si sa poco o nulla dell'archivio di Echelon o dei risultati prodotti dal Patriotic Act.
Ma queste sono cose vere e ancora molto diffficili da raccontare; meglio ridurre tutto a soap opera con casting alla Otto Dix, dove il borghese o il politico corrottto e cinico è sempre grasso e bavoso mentre la vittima del sopruso intollerabile è sempre bello e charmant come uscito da una rivista.
Nessuna traccia di cura nella ricostruzione della DDR che è ridotta a cartoonia del socialismo reale con gli Aristogatti idealisti che tramano e tremano per lasciare il paese. La pietosa 'storia d'amore' che dovrebbe consolare chi aspetta che succeda qualcosa si spegne nella più trita prevedibilità e quasi tutto quello che accade ha il realismo di una recita per le scuole medie.
Questo film può avere il merito di provare a parlare di un tema sgradevole e scomodo per la Germania o l'Europa riunita, ma non va oltre un pietoso e patetico accenno senza alcuna volontà di scalfire il problema.
Pura propaganda da Uomini Buoni, perr carità.

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Ultima risposta 14/04/2007 16.25.24
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Invia una mail all'autore del commento abacab  @  06/04/2007 22:42:27
   8 / 10
Il film ha il merito di raccontare il clima e l'atmosfera che si viveva in Germania Est negli anni 80 quando la Stasi,la polizia segreta della DDR controllava,spiava e schedava i cittadini ancora, a soli pochi anni dalla caduta del muro di Berlino.E' un film plumbeo e triste ma racconta una bellissima storia di una sorta di "conversione" di un tetro agente che per controllare la fedeltà alla nazione di un commediografo e della sua amante attrice, li spia giorno e notte trascrivendone i dialoghi e ascoltando la loro vita vera intercettata da microfoni. Alla fine ne rimane sconvolto e profondamente cambiato.E' un film molto europeo,lento,intenso e ben recitato da attori tedeschi con una buona dose di suspance che merita di essere visto e meditato.
Oscar meritatissimo.

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