Il Leone d'oro alla carriera consegnato dalle mani di Giuseppe Tornatore a Francesco Rosi è stato senza dubbio uno dei momenti migliori di questa 69esima edizione del Festival del cinema di Venezia.
Una scelta ineccepibile, motivata tra l'altro dalla dichiarazione del direttore della Biennale Barbera, il quale ha sottolineato giustamente che “Rosi ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema italiano del dopoguerra. La sua opera ha influenzato generazioni di cineasti in tutto il mondo per il metodo, lo stile, il rigore morale e la capacità di fare spettacolo su temi sociali di stringente attualità.”.
Uno di questi cineasti influenzati da Francesco Rosi, Martin Scorsese (non l'ultimo arrivato...) pur non essendo presente fisicamente alla Mostra, ha voluto fare un ringraziamento e un omaggio personale al maestro con una breve clip delle sue pellicole migliori, sottolineando l'importanza a livello formativo delle pellicole del regista napoletano.
Cercando di allargare il discorso, il premio a Rosi oltre al sacrosanto riconoscimento al cinema di denuncia ed impegno civile che ha caratterizzato le sue pellicole migliori, è il premio ad un'epoca in cui il cinema italiano era ai suoi massimi livelli, sia dal punto di vista degli autori (inutile fare un elenco, sarebbe lunghissimo), sia al fiorire di generi che lo caratterizzavano come una delle cinematografie mondiali migliori. Forse è eccessivo affermare che il cinema italiano di quell'epoca dettava legge a livello mondiale, ma possedeva quella solidità, oggi purtroppo persa, ed i segnali di ripresa non sono certo incoraggianti, se consideriamo il caso di Cinecittà con la protesta delle maestranze ai margini del red carpet durante l'inaugurazione della Mostra.
Un premio ad un regista che ha dato tanto al cinema italiano ed ha ricevuto molto. Basta pensare all'Orso d'oro a Berlino per
Salvatore Giuliano, al Leone d'oro per
Le mani sulla città e la Palma d'oro a Cannes per
Il Caso Mattei, una “tripletta” che pochi cineasti al mondo possono vantare. Tuttavia questo deve essere anche uno stimolo per il nostro cinema attuale a ripercorrere una strada perduta da troppo tempo. L'Italia contemporanea ed i suoi problemi offrono una moltitudine di spunti che un regista come Rosi ed aggiungendo nomi illustri come Petri, Damiani, Lizzani, Vancini ecc. avrebbero saputo cogliere. Ci sono pellicole valide come Martone (
Noi credevamo) o Vicari (
Diaz) altre meno riuscite (Giordana,
Romanzo di una strage), ma anche la netta sensazione di assistere a film estemporanei senza nulla di solido ed omogeneo che possa far pensare alla rinascita di un filone. L'Italia ha bisogno di questo cinema.
La riproposizione di un capolavoro come Il Caso Mattei recentemente restaurato dalla Cineteca di Bologna con la collaborazione della Film Foundation di Martin Scorsese, offre il fianco anche al rovescio della medaglia, ad amare considerazioni. Le nuove generazioni hanno la possibilità di apprezzare i film di Francesco Rosi? Purtroppo solo in parte. Il Caso Mattei, spiace ricordarlo, è tuttora inedito su Dvd e blue-ray nel nostro paese.
Eppure è un film che fa parte del nostro patrimonio cinematografico.
Persi nel limbo degli inediti o fuori catalogo ci sono pellicole come
Le mani sulla città,
Lucky Luciano,
Cadaveri eccellenti.
Eppure anche questi sono patrimonio del cinema italiano e fra le migliori pellicole di Francesco Rosi.
Se il restauro del Caso Mattei rappresenta l'inizio di una diffusione maggiore del cinema rosiano ben venga, anche se con colpevole ritardo. In caso contrario si avrà la spiacevole sensazione a posteriori di aver assistito ad una presa in giro. Verso il pubblico, verso tutti coloro che vorrebbero avvicinarsi al cinema di Rosi e probabilmente verso Rosi stesso. E un monumento del genere non lo merita.