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Una giovane maestrina dei suburbi londinesi dispensa sorrisi, comprensione e amabilità a tutti. Ai limiti dell'eccesso, venendo a confronto con casi di segno opposto, nevrotici e autocentrati, portati a fraintendere il comportamento open di lei. Difficile dimenticare scene esilaranti, come nella lezione di flamenco.
"Happy Go Lucky", reduce dai grandi consensi di Berlino, che ha tributato l'orso d'argento come miglior attrice alla protagonista Sally Hawkins, è una commedia lieve e dolce ad opera di Mike Leigh, già vincitore al Festival di Venezia, anni or sono, con il ben più drammatico "Il segreto di Vera Drake".
Il cinema di Leigh appartiene al filone del "realismo", che assume connotazioni particolari a seconda del Paese di origine, in relazione al profilo sociologico nel momento storico in atto.
Ad esempio nell'Italia del dopoguerra, povera, lacera e sconfitta, si esprimevano i drammi sociali della miseria generale e degli orfani abbandonati; come invece, nella Russia dei Soviet, si raccontavano, con ottimismo speranzoso e propagandistico, le grandezze del socialismo "trionfante" in contesti agricolo-popolari.
Nell'Inghilterra del dopoguerra, al contrario, quello che era stato il primo impero del mondo, maramaldeggiando col suo potere per oltre un secolo, abbassava forzatamente le ali, rinunciando alla grandeur ormai appannaggio degli alleati-cugini americani; il che, sul piano artistico, non poteva che produrre una qualità diversa, a nostro avviso superiore. Con una maggiore attenzione alla psicologia dei singoli, all'introspezione individuale, alla riflessione sulle umane miserie e sulla caducità dei più deboli; i cosiddetti "Vinti" del nostro ciclo verista, o "perdenti", come oggi definiti i più poveri dalla nostra società "opulenta".
Ma forse c'è qualcosa nell'aria che induce i più sensibili ad aggiustare il tiro (sarà l'incombente crisi globale del capitalismo?).
Autori come Mike Leigh rivolgono finalmente attenzione ai destini individuali dei singoli più sofferenti, carenti non tanto e non solo di denaro, ma ancor più di equilibrio psicologico, di rapporti sociali appaganti, del consenso dei terzi, e di autostima; con conseguente caduta in penose nevrosi, dovute a sensi di inadeguatezza. Condozione questa in cui versano i personaggi del film in oggetto, analizzati in successione: dal libraio ringhioso alla sorella incinta col complesso di persecuzione, dalle amiche avvilite e sempre scettiche, all'emblematico e inquietante barbone solipstico.
Nel plumbeo contesto, splendidamente rappresentato nel milieu di un quartiere popolare del suburbio londinese, spunta un "raggio di sole", nella persona della giovane Poppy: dolce ed affettuosa, un sorriso per tutti, la buffa maestrina, abbigliata come una curiosa e coloratissima bambola di pezza, prende la vita con totale allegria, cercando di trasfonderla nel prossimo. Una personalità solare, che irradia ottimismo, fiduciosità e speranza nell'umanità dolente che incontra, ergendosi a simbolo di energia positiva, contro il male oscuro della depressione e dell'infelicità esistenziale.
Con molto realismo, però, il regista Mike Leigh non emette verdetti trionfalistici, che ridurrebbero il film a una mera predicazione religiosa, ma ci dimostra che la pietas cristianeggiante della simpatica Poppy nulla potrà col barbone autistico e con l'allievo caratteriale, né con l'insegnante di guida di lei innamorato, nevrotico e lamentoso; vincendo invece solamente nel rapporto amoroso a due col tenero neo-fidanzato.
E questo è vero "realismo"!
Al di là di una certa zuccherosità, che può insospettire il pubblico più acido e cinico, il film ha notevoli qualità, di genere diverso.
Sul piano etico ha il coraggio di ostentare principi ottimistici, esprimendo messaggi di speranza e fiducia nella forza del bene; il che in un mondo in cui trionfano gli horror e i noir all'americana è indubbiamente positivo, ricordandoci finalmente che "la cattiveria fa chiasso, mentre la bontà è silenziosa".
Sotto l'aspetto cinematografico offre una splendida fotografia di ambiente, altrettanto efficace nella proposizione dei primi piani, e una conduzione eccellente da parte della regia nella caratterizzazione dei personaggi.
Sul piano recitativo, poi, eccellente per tutti gli attori, come sempre nel cinema inglese per le grandi tradizioni teatrali, spicca sopratutto la figura della giovane protagonista, la maestrina Poppy (Sally Hawkins): un ritratto unico di femminilità radiosa e sorridente, come ogni uomo sogna fin dall'infanzia, idealizzando l'immagine della madre.
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Recensione a cura di GiorgioVillosio - aggiornata al 20/12/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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