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Il film, uscito nel 2001, ha consacrato a diva internazionale la protagonista, la giovane attrice francese Audrey Tautou e ha dato popolarità e fama anche ad altri interpreti (Mathieu Kassowitz, il protagonista maschile è ora un affermato regista anche negli Stati Uniti, suo infatti "Gothika"), ma gran parte del successo della pellicola si deve senz'altro all'estro creativo del regista Jean-Pierre Jeunet.
Jeunet in coppia con Marc Caro aveva dato prova di estro e stravaganza con "Delicatessen" già qualche anno prima (1992 per la precisione) e anche in questo primo film, l'esperienza nel campo del fumetto e della pubblicità aiutano molto il regista a realizzare la storia.
Quanto seminato in passato prende forma in maniera più concreta con la storia di Amélie.
I primi piani ravvicinati che quasi distorcono le sembianze rendendo gli attori delle caricature viventi, la musica martellante, la continua relazione personaggi reali - oggetti (memorabili le scene in cui Amélie interagisce con i quadri e i soprammobili di casa sua), tutto questo contribuisce a dare un'aura favolistica quasi da cartone animato all'intero intreccio. A ben pensarci invece la storia di Amélie e del suo mondo è una storia malinconica, di disagio.
Amélie Poulain (il cognome è quello di una popolare marca di cioccolatini francesi) è una ragazza emarginata, ha vissuto sempre in casa con i suoi senza praticamente incontrare nessuno (il suo medico era il suo stesso genitore e sua madre era la sua insegnante) fino a quando a venti anni decide di andare a vivere da sola. La buona indole la porta a essere gentile con gli altri (c'è qui forse l'influenza di Rousseau e le sue teorie sul fanciullo intrinsecamente buono?) ma ciononostante continua ad avere qualche problema di comunicazione con gli altri perché non agisce mai in maniera diretta e quindi anche lei ha bisogno di essere aiutata...
Il mondo di Amélie, protagonista totale della storia (la protagonista infatti è presente in ogni sequenza del film ) è fatto da personaggi strani, ognuno con i suoi tic e strane manie: l'uomo di vetro, la tabaccaia ipocondriaca, la portinaia malinconica e ognuno di questi si porta dietro un mondo di solitudine e di scarsa comunicazione con l'esterno.
C'è sicuramente in Jeunet un intento didattico: la riscoperta del fanciullino pascoliano dentro di noi, l'invito a lasciarsi andare e ad avere fiducia negli altri, l'invito a dare per poi raccogliere ma oltre a questo, nel film si riscopre il mondo della cinematografia francese neorealista (Amélie, anche se anagraficamente adulta è una bimba alla scoperta un po' come Zazie in "Zazie nel metro") e in più una grande metafora dell'incanto dell'esistenza anche se sta allo spettatore far sì che con le luci che si riaccendono in sala questo incanto non svanisca per sempre.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 27/07/2005
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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