Recensione la collina dei papaveri regia di Goro Miyazaki Giappone 2011
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Recensione la collina dei papaveri (2011)

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locandina del film LA COLLINA DEI PAPAVERI

Immagine tratta dal film LA COLLINA DEI PAPAVERI

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Dopo una spettacolare dimostrazione di protesta da parte dei ragazzi dei club studenteschi, che non vogliono che lo storico edificio che ospita le sedi dei club sia demolito, in quanto memoria storica della scuola, Umi si avventura nel fatiscente edificio per fare la conoscenza di Shun, caporedattore del giornale scolastico. Per Umi, una semplice collaborazione al giornale scolastico si trasforma presto in adesione alla crociata anti demolizione, mentre l'amicizia con Shun diventa qualcosa di più forte. Uno sconvolgente segreto legato al loro passato emerge e mette in crisi il loro rapporto...

Il secondo lungometraggio di Goro Miyazaki (figlio del maestro Hayao, che ha partecipato alla sceneggiatura) segue "I racconti di terramare" ("Tales from Earthsea"), incerto esordio del 2006.
Se il precedente lungometraggio prediligeva un'ambientazione fantastica ma mancava di coesione e di ritmo, "From Up On Poppy Hill" è invece privo di qualsivoglia elemento fantastico o sovrannaturale, temi ricorrenti nella produzione dello Studio Ghibli ed in particolare delle opere di Hayao Miyazaki, ma trova il giusto equilibrio tra le varie parti della storia: pur non riuscendo mai a stupire, emoziona e diverte.
L'unico momento squisitamente miyazakiano è l'ingresso di Umi nella fatiscente casa dello studente. Un edificio quasi escheriano, che sembra più grande all'interno che da fuori e che conserva cimeli di generazioni di studenti oltre alle sedi di tutti i club studenteschi. La visuale che dall'ampio atrio sale a rivelare i piani superiori (realizzati con dei ballatoi che affacciano su uno spazio aperto al centro, quindi visibili dal piano terra) riporta alla fantastica entrata in scena del Castello Errante del Mago Howl che compare dalla nebbia.

La storia di Umi e Shun è quella di un amore adolescenziale che nasce grazie al rispetto ed alla collaborazione in un progetto comune e viene ostacolata da insospettabili segreti legati ai genitori dei ragazzi. In superficie, qualcosa di molto simile ad un dramma sentimentale. La metafora è presto svelata: Tokyo, nel 1963, si preparava ad accogliere i Giochi Olimpici dell'anno seguente e a ripresentarsi al mondo. Il Giappone era in piena ricostruzione dopo i disastri della guerra e gli adolescenti degli anni sessanta erano la prima generazione postbellica, la speranza di una nazione. E' anche il momento di passaggio tra una dimensione rurale e quella industriale ed urbana e questo passaggio si avverte chiaramente nel film, con il centro città invaso dalle macchine, ma la periferia ancora intatta e perfettamente a misura d'uomo.
Non è però di ecologia (altro tema sentito nella produzione dello Studio Ghibli) che si tratta: attraverso l'opera di recupero e protezione della casa degli studenti dall'ordine di demolizione, gli studenti superano le iniziali divisioni (in maschi e femmine, ma anche tra club e club) per un obiettivo comune, raggiungibile solo grazie alla collaborazione. Imparando a collaborare e a mettere le individualità al servizio di un bene collettivo, i protagonisti crescono. Non è difficile vedere in questo una celebrazione dello spirito nipponico, soprattutto in un momento storico che li ha visti vittime del disastro di Fukushima. Inoltre, i segreti del passato devono essere svelati e affrontati affinché la nuova generazione sia libera del peso e delle colpe dei padri ed in grado di prendere liberamente la propria strada.

Ci sono due colpi di scena, riguardo le origini di Umi e Shun. Dopo il primo, la loro relazione sembra essere in serio pericolo e il loro non rinunciare addirittura quasi disturbante. Senza svelare il finale, si può anticipare che dietro un lieto fine quasi scontato in un film che vuole trasmettere positività, c'è soprattutto la volontà di mostrare proprio una sorta di passaggio del testimone generazionale ed un augurio per il futuro indirizzato soprattutto ai giovani contemporanei. L'esempio degli antenati deve essere di ispirazione, i valori che hanno contraddistinto un'epoca di crescita e benessere vengono celebrati e raccontati. Non a caso, la fatiscente casa degli studenti (chiamata "Quartiere Latino") è un edificio colmo della polvere e dei ricordi di generazioni andate: è in quel legame che gli studenti vogliono proteggere il simbolo della continuità con ciò che di positivo il passato ha prodotto. La polvere che viene spazzata via nella scena centrale del film è la memoria che viene rispettata. Il retaggio del passato come comune punto di partenza verso il futuro.

Le tinte pastello e i disegni a mano meravigliosamente bidimensionali ovviamente aiutano questo tuffo nel passato, nessuna tecnica moderna avrebbe potuto rendere meglio l'ambientazione o il racconto di una storia come questa. Il marchio di fabbrica dello Studio Ghibli è ancora la dimensione artigianale con cui i film sono realizzati, ma in questo caso più di altri, il mezzo e l'opera si esaltano a vicenda.

La stupenda animazione e la particolarissima, ingombrante ed allegra colonna sonora sono ciò che più facilmente si può apprezzare senza avere qualche coordinata sul periodo storico e sulle intenzioni degli autori. Meno evocativo di altre opere, certamente inusuale per tematiche e tipo di racconto, è in effetti difficile trovare per "From Up On Poppy Hill" un pubblico di riferimento al di fuori dei confini giapponesi, a parte ovviamente gli estimatori dello Studio Ghibli. Sarebbe tuttavia un errore trascurarlo o considerarlo un'opera minore. Goro Miyazaki sta crescendo e forse sta sviluppando una propria poetica, non resta che aspettare e vedere.

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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 12/09/2012 17.47.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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