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Prima di visionare le opere cinematografiche di Silvano Agosti, bisognerebbe conoscerlo almeno un po'. Regista, ma anche scrittore e poeta, anche se lui ama definirsi "un essere umano". Sì perché Silvano Agosti da anni ripete che non esistono medici, professori, registi, papi, presidenti o quant'altro, ma solamente esseri umani.
La profonda umanità che traspare dalla sue riflessioni si ritrova tutta nei suoi film.
Il suo cinema è un cinema da lui definito "clandestino", fuori da tutte le logiche di profitto e di mercato. È un cinema "indipendente e d'autore", come appare nei titoli di coda. Agosti agisce in totale autarchia, dirige, cura fotografia e montaggio e distribuisce nel suo cinema i suoi film (oltre ad altri capolavori del passato). Da questa pressoché totale autonomia deriva inevitabilmente una libertà espressiva di cui che ben pochi possono godere.
"Le vicende narrate in questo film sono reali e interpretate da coloro che le hanno vissute". Questa è la scritta che appare nell'ouverture de "La seconda ombra".
In questa pellicola Silvano Agosti, a distanza di anni, torna a trattare il tema della realtà manicomiale italiana. Già aveva affrontato la questione nel 1975 quando insieme a Marco Bellecchio, Sandro Petraglia e Stefano Rulli, girò il documentario "Matti da slegare", composto da numerose interviste ai pazienti del manicomio di Colorno che all'epoca era ancora aperto e (mal)funzionante.
Nel film si affermava sostanzialmente che: spesso la malattia mentale ha origini sociali; l'irrazionalità degli asociali è una sorta di risposta all'irrazionalità della società in generale; lo psichiatra, che dovrebbe essere uomo di scienza, è in sostanza relegato ad un ruolo di tutore dell'ordine come il poliziotto o il piantone di un carcere.
"La seconda ombra" narra una piccola parte della vita di Franco Basaglia: il suo operato come direttore del manicomio di Gorizia. Il dott. Basaglia è stato il pilastro dell'anti-psichiatria italiana; a lui si deve la "legge 180/78", che di fatto sancì la chiusura dei manicomi.
Nel film Franco Basaglia è ottimamente interpretato da Remo Girone, unico attore professionista in tutto il cast.
Le scene iniziali del film sono subito un pugno allo stomaco per gli spettatori più sensibili. Un uomo (Remo Girone), spacciatosi per fattorino, si aggira per il manicomio e osserva tutte le torture a cui vengono sottoposti i pazienti. Camicie di forza, elettroshock, percosse e quant'altro, il tutto ad opera del personale laico o ecclesiastico non sempre preparato, soprattutto nel secondo caso.
Terminato il suo giro in incognito, l'uomo se ne torna a casa e si capisce allora che egli non è un fattorino ma bensì il nuovo direttore del manicomio da lui descritto alla moglie come un "lager".
Appena iniziato il lavoro, il neo direttore impone subito un cambiamento radicale per liberare sia i pazienti che il personale.
"Non ho nessuna intenzione di fare il direttore di un lager" afferma davanti a tutti i medici in riunione. Niente più camicie di forza, elettroshock o altre pratiche disumane prima in uso. Il giardino, il cui accesso era prima proibito, è aperto a tutti e i malati sono anzi invitati ad uscire all'aria aperta insieme a medici e infermieri.
"Vorrei riferirvi tre frasi straordinarie che ho sentito dire a Franco. La prima è questa: 'Noi siamo qui per smettere di essere degli psichiatri ed imparare ad essere esseri umani', e c'era lì un gruppo di medici giovani con il camice bianco e lui, con grande bontà di tono, ha detto: 'Non mettetevi il camice, la gente deve capire chi è il medico dal suo comportamento, non dalla divisa.' [...] L'altra frase emblematica e strutturale di Franco era questa: 'Il problema psichiatrico sarà finalmente risolto solo quando anche tutti gli altri saranno liberati.'"
(Silvano Agosti)
Il film procede lentamente. Si possono vedere alcune vicende che accedevano nel manicomio: anche lì, per esempio, c'era chi si innamorava e voleva sposarsi. Si possono inoltre sentire alcune dichiarazioni dei pazienti, che sono reali dato che il cast è costituito da autentici ex-internati.
I momenti spiacevoli non mancano in questo bell'esperimento del dottore: due pazienti si suicidano lanciandosi da una finestra.
Si giunge infine, sempre delicatamente, alla lunga sequenza finale, nella quale i pazienti, incoraggiati dal direttore, si adoperano per abbattere il muro che divide il manicomio dal resto della città. Più che un muro di mattoni e pietre quello che viene abbattuto è un muro di ignoranza e pregiudizi che, è ben più difficile rimuovere e le cui macerie, è ben difficile occultare.
"Il titolo del film era "Il Muro", perché io volevo raccontare questo momento fiabesco in cui Basaglia ha detto ai suoi 1200 ricoverati buttiamo giù il muro in modo che la gente veda cos'è il manicomio, e ho costruito questa fiaba di questi straordinari personaggi che decidono di buttare giù la barriera fisica che li separa dal mondo circostante, sperando inutilmente che cadano anche tutte le altre barriere.
Perché ho cambiato il titolo?
Vi voglio far vedere questo.
'Quando medici e infermieri con la scusa di curarmi, mi torturavano, io mi rifugiavo nella mia seconda ombra, e non sentivo più niente.' Cioè, io ho intitolato il film 'La seconda ombra' perché questo personaggio mi ha profondamente colpito, guardate che sintesi perfetta di 250 anni di realtà manicomiale: 'Quando medici e infermieri con la scusa di curarmi, mi torturavano, io mi rifugiavo nella mia seconda ombra, e non sentivo più niente.'
E cos'è la seconda ombra forse?
È il destino che ogni persona non ha vissuto e non sta vivendo."
(Silvano Agosti)
La pellicola è stata realizzata davvero con pochi spiccioli; Remo Girone, per esempio, ha lavorato a paga sindacale. Silvano Agosti, oltre alla regia, ha curato sia il montaggio che la fotografia. Le musiche sono del premio Oscar Nicola Piovani.
Il risultato è un film delicato che Silvano dedica al suo vecchio amico Franco Basaglia, uno degli uomini che più hanno contribuito al miglioramento dell'Italia negli ultimi cinquant'anni.
"... Chi dunque guarirà coloro che si ritengono sani?"
(Lucio Anneo Seneca)
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Recensione a cura di Compagneros - aggiornata al 08/02/2010
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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