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Marie è un'atleta professionista che gareggia per entrare nel team, per il campionato europeo, ma la salute le crea qualche problema e si trova costretta a rallentare gli allenamenti.
Intanto conosce Bob col quale, dopo un po', decide di convivere. Il condominio dove vive il suo ragazzo è sulla riva sinistra del fiume, in una zona vecchia e abbastanza pittoresca, abitata prevalentemente da artisti.
Marie viene presto a conoscenza del fatto che la precedente inquilina dell'appartamento è scomparsa, in circostanze misteriose, e decide di indagare con l'aiuto del fidanzato della donna.
Marie è una donna che sottopone il suo corpo a strenui allenamenti in vista del campionato cui intende partecipare. Ma il corpo purtroppo le risponde con un esaurimento, e finché Marie non va a vivere con il suo ragazzo e si appassiona alla sparizione della precedente inquilina, tutti penseranno soltanto a un esaurimento di tipo fisico.
Ma mentre Marie indaga e scopre cose piuttosto bizzarre, quello che si insinua lentamente nella mente dello spettatore è il dubbio che l'esaurimento di Marie sia molto più serio.
L'ossessione che sembrava nata dal nulla comincia a insidiare i suoi pensieri, e dopo un po' prende possesso anche dei sogni, inducendola a guardare con occhi diversi quello che le accade intorno.
E a questo punto Marie scivola lentamente nel binario tracciato anni fa dalla Rosemary di Polansky. Come lei è andata a vivere in uno stabile che custodisce un mistero, e come lei ha dei vicini strani.
Anche il fatto che il suo corpo sia al centro delle sue preoccupazioni è un elemento in comune con la sfortunata protagonista del maestro. E le dicerie che sente raccontare sul passato del palazzo non sono poi tanto più folli di quelle che a suo tempo si trovò a collezionare l'incauta Rosemary.
Il palazzo e la zona in cui è situato hanno una storia di quelle che a raccontarle sembrano solo delle vecchie superstizioni, e il pozzo che si dice abiti le viscere del caseggiato viene direttamente dalla mitologia celtica.
Poi ci sono i vecchi libri e le incisioni, e la mamma sensitiva di Marie che fa la sua comparsa nel condominio con un pendolo.
L'atmosfera che regna in tutta la prima ora è quella di un segnale di pericolo senza nessun motivo visibile di allarme.
Strani individui che girano per le scale del caseggiato con aria minacciosa e che rivolgono la parola con una certa animosità a una ragazza, chiaramente impaurita per il solo fatto di essere stata notata dal tipo in questione; feste in cui si gioca a tirare con l'arco, e si bevono strani intrugli, e via così.
Intanto il corpo di Marie reagisce con una certa violenza procurandole situazioni imbarazzanti e continue corse al bagno per non vomitare in pubblico. Chiunque penserebbe a una gravidanza, ma non è per niente di quello che si tratta, alla fine.
Il racconto si svolge lentissimo e piuttosto sinistro fino al punto in cui la paranoia di Marie ci comincia a sembrare sensata, oltretutto il numero di morti accumulati durante il cammino è un pochino troppo elevato per essere frutto di una coincidenza.
Ma a questo punto lo spettatore vive la curiosa sensazione di irrealtà tipica della situazione in cui uno sceneggiatore chiede a chi guarda la sospensione totale dell'incredulità, senza essersela del tutto guadagnata.
Intendiamoci, non che il film non sia avvincente e a tratti pure intrigante, ma a un terzo dalla fine quello che viene prima insinuato e poi addirittura mostrato, chiede davvero un grosso volo di fantasia. E chi decide di saltare, insieme con Marie, avrà la possibilità di guardare la storia con occhi diversi.
Il cambio di registro degli ultimi fotogrammi ha in sé una bellezza e insieme un'ingenuità che danno un tocco fiabesco al tutto.
Nel complesso si tratta di un film che deve moltissimo all'atmosfera, e un bel po' anche alle citazioni da registi famosi (Polansky in testa), e la costruzione della sottile inquietudine che serpeggia nella mente di Marie avvince lo spettatore sin da subito.
La recitazione è onesta e convincente e la fotografia rende piuttosto bene le inquietudini che serpeggiano in un quotidiano che diventa estraneo di colpo.
La regia sporca e in alcuni momenti impietosa lascia nello spettatore un senso di gelo, che però non convince del tutto. Forse quello che manca davvero è la convinzione che nelle favole, anche in quelle cattive, per raccontarle bisogna crederci almeno un po'.
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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 18/11/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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