Recensione old boy regia di Chan-wook Park Corea del Sud 2004
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Recensione old boy (2004)

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locandina del film OLD BOY

Immagine tratta dal film OLD BOY

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Immagine tratta dal film OLD BOY
 

Un buon uomo dal nome rappresentativo, Dae-su Oh (letteralmente 'colui che è paziente e sereno con gli uomini') si ritrova, per cause misteriose, imprigionato in un loculo per quindici anni, con una vecchia televisione come unica compagna. Imbarbarito dalla inspiegabile reclusione, oltre che dai nefandi programmi televisivi trasmessi dall'osceno aggeggio, dopo quindici anni viene, altrettanto inspiegabilmente, liberato. Scopre con amarezza che la propria famiglia è stata sterminata e lui è ricercato dalla polizia, poiché considerato l'assassino. Si accorge di essere stato preso di mira da una mente diabolica: un simpatico, bello e ricco nullafacente. La cosa lo imbestialisce e armatosi di martello incomincia a randellare in giro.

Detta così sembrerebbe la classica trama del film seriale holliwoodiano sullo psicopatico di turno che perseguita il bravo e onesto cittadino.
In realtà le ambizioni di Park sono ben altre e, delineati i personaggi, ci cala in uno scenario da tragedia greca, dove nulla è quello che sembra e verità oscene si nascondono dietro l'angolo.
Tutto giocato sul registro del simbolico il film possiede molteplici chiavi di lettura (ad un 'voyeur' quale peggiore punizione del costringerlo a guardare immondizia televisiva per quindici anni?) e appare riuscito, in particolare, nelle sequenze più oniriche (meraviglioso lo svelamento del 'trauma' ispirato, visivamente, alle composizioni di Escher) e nei momenti chiave (basti pensare al pacco che Woo-jin Lee fa aprire a Dae-su Oh, così simile a quello che viene fatto trovare dallo psicopatico Spacey al poliziotto Pitt in 'Seven' e il cui contenuto, seppur differisca alquanto nella forma, non lo è affatto nella tragicità della sostanza).

L'aspetto più disturbante e riuscito del film appare essere proprio il rapporto, estremamente caratterizzato, tra carnefice e vittima.
Il legame stretto di parentela, la 'consanguineità' presente in legami di questo tipo, in legami sadomasochistici, in 'Old Boy' vengono analizzati in maniera quasi scientifica.
Nel confronto tra Woo-jin Lee e Dae-su Oh assistiamo al trionfo definitivo del persecutore. Egli ha ottenuto veramente ciò che voleva, l'umiliazione definitiva di chi considerava colpevole. Alla fine del gioco, durato più di quindici anni, questa colpa palleggiata con Dae-su Oh ritorna al mittente. I giochi sono fatti, Woo-jin Lee può tirarsi un colpo di pistola. Ciò dimostra, in linea con un certo lacanismo, che il sadico e il masochista non formano assolutamente una coppia ideale, la loro relazione non è affatto speculare. Secondo la convinzione corrente, nel rapporto sadomasochistico, ognuno dei due partner ottiene dall'altro ciò che vuole (il dolore del masochista è direttamente soddisfacente per il sadico e viceversa). In realtà l'asimmetria della coppia sembra consistere nel fatto che il masochismo non è semplicemente l'atteggiamento e la pratica del soggetto masochista: esso comprende una elaborata messa in scena, con una specifica posizione occupata dal carnefice (cfr. anche 'Audition' di Miike) che non è solo semplicemente quella del sadico, ma del Master schiavizzato. Egli su basi contrattuali, implicite od esplicite, non fa altro che realizzare i desideri, i sogni, del partner masochista. Lo stesso sembra avvenire per il sadico, che non vuole soltanto che il masochista accetti il dolore e ne goda, ma vuole soprattutto che la vittima sia spaventata per l'orrore di ciò che sta avvenendo. Lo spavento della vittima può essere soddisfacente per il godimento del sadico e lo è per Woo-jin Lee. Egli come estremo trionfo sulla vittima umiliata e mutilata, interromperà il suo gioco al massacro di Dae-su Oh e non farà aprire il pacco regalo destinato a Mi-do. Come nell'Edipo Re la cocciuta ricerca della Verità da parte di Edipo porterà la propria stirpe alla rovina, così in Old Boy l'insistente domanda che il persecutore instilla nel cuore di Dae-su Oh ('Perché sei stato liberato?') lo porterà ad un passo dalla follia. La sua cocciuta sete di vendetta non farà altro che potenziare e fare godere il persecutore che, letteralmente, sparirà solo quando la vittima si umilierà e chiederà perdono, chiederà pietà.
Dae-su Oh espierà la sua colpa, a ben vedere una colpa primordiale, e restituirà la porzione di fardello che non gli compete al legittimo proprietario.

Rien ne va plus.

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Recensione a cura di maremare - aggiornata al 23/05/2005

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