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Il regista Delmer Daves in diverse interviste rilasciate negli anni '60 ha più volte detto che questa è la sua opera più riuscita. "Quel treno per Yuma", uscito nel 1957, indubbiamente risulta uno dei migliori western della storia del cinema.
Il regista è un autore di tutto rispetto e si presenta con lavori tipo "Rullo di tamburi", "Broken arrow" (L'amante indiana), "L'albero degli impiccati", "Jubal". "Quel treno per Yuma" è effettivamente un western degno del miglior Daves, soprattutto per la grande unità stilistica. La sceneggiatura del film, per una rara e riuscita cura del linguaggio cinematografico, riesce a fondersi felicemente in ogni piega dell'opera con la fotografia e la musica. Un bianco e nero luminosamente terso, dai contrasti ricchi di toni in cui l'ombra delle montagne e dei personaggi domina nelle situazioni più prossime alla tragedia, quasi a sottolineare la doppiezza in cui si dibattono i rapporti umani.
In questa opera l'uomo viene considerato soprattutto per come sceglie e agisce nelle situazioni più cruciali e decisive: quelle che mettono in gioco gli aspetti più importanti del vivere rimettendo in gioco i valori della propria coscienza.
Il film mette a fuoco le conseguenze a catena di un evento tipicamente western: la rapina di una diligenza. L'impresa dei banditi riesce ma con delle vittime. Dopo l'imprevista uccisione di due uomini nello scontro, gli abitanti del paese entrano in un rapporto conflittuale con la banda.
Ma i due omicidi divengono anche l'occasione per gli abitanti del paese di misurare qualcosa della propria coscienza, accettando o respingendo quel che lo straordinario del fatto accaduto chiede al proprio io per portare a termine la giustizia. L'avvenuto assassinio, mette a dura prova in tutto il paese quei valori umani già incerti presenti nel rarefatto alone civile del luogo. Gli abitanti e i banditi posti di fronte a delle scelte mostreranno la reale consistenza morale che li costituiscono.
Bene e male escono da un parallelismo distinto e cristallizzato che impedisce ogni tipo di incontro rielaborativo. L'uscita dalla normalità, dovuta all'evento tragico della diligenza, sollecita una riformulazione della coscienza del sé in rapporto agli altri. Gli abitanti del paese, così come il capo di banditi Waden, vengono sollecitati a confrontarsi con ciò che insorge dal loro inconscio, tra bisogni di sopravvivenza insoddisfatti che li hanno induriti troppo e un sociale insicuro e rarefatto, dove di rado vi è solidarietà contro il prepotente di turno ed è perciò facile trovarsi, da un momento all'altro, in una condizione di schiavitù e rassegnazione verso chi esce vincitore.
Una delle problematiche più importanti del film riguarda la questione morale, questa risulta essere il vero motore narrativo. Essa acquista tutta la sua carica di emotività nel momento in cui la narrazione arriva all'apice dei suoi nodi-tensione. La questione morale si costituisce lungo l'identificazione del bandito Waden (Glenn Ford) con Evans (Van Heflin). Quest'ultimo è un uomo onesto ma ha una famiglia e una fattoria da curare. Si assume per soldi il peso di portare Waden nel carcere di Yuma per un regolare processo.
Nasce tra i due una emotività inaspettata, ambigua, sempre in bilico tra i pensieri del bene e del male. Ciò fa si che i due uomini, durante il tempo di attesa del treno (ore 3:10), mettano in gioco una vera e propria sfida. La competizione si svolge lungo valori alti del vivere sociale e umano: quali il rispetto della vita dell'altro, la giustizia, l'incorruttibilità, ma anche su una sfida legata al reprimere le tentazioni trasgressive al bene supposto, che essi racchiudono dentro di sé per associazione dialettica con il male.
Dan Evans (Van Heflin) è un povero contadino e mandriano che assiste con i figli, senza poter e voler intervenire, all'assalto della diligenza da parte degli uomini di Ben Waden (GlennFord). Evans non interviene nello scontro, è troppo preoccupato per i suoi problemi, in particolare pensa che la siccità del luogo che dura ormai da lungo tempo (la macchina si sofferma a lungo sui solchi vuoti e desolanti dei fiumi torrentizi della zona) possa portarlo definitivamente al tracollo. Dopo essere stato privato dei cavalli si allontana a piedi dal luogo dalla rapina e viene rimproverato da uno dei figli. Quest'ultimo si aspettava, dopo l'omicidio dei due uomini, una diversa reazione del padre.
Le strade esistenziali dei due, quelle del ranchero e del bandito, dopo i fatti sembrano separarsi ma si incontreranno presto di nuovo: portando i due ad assumere il ruolo di protagonisti del film.
Ben Waden, che è molto spavaldo e sicuro della sua bravura di capo, ampiamente riconosciuta dai suoi uomini, compirà però un passo falso: lasciata la sua banda, si ferma nel bar del paese, dove presta servizio una ragazza molto bella (Felicia Farr). Qui mette in atto un gioco di seduzione che la ragazza accetta. In queste condizioni, senza la protezione dei suoi uomini, lo sceriffo del paese, con l'aiuto di Evans e di altri cittadini trova agevole catturare Waden.
Ma non basta, preso Waden si pone subito il problema di come trasferire il prigioniero nel carcere di Yuma.
Il ricco possidente che ha subito il furto dell'oro offre un premio di duecento dollari a chi si renderà disponibile per scortare Waden fino al carcere, ma due soltanto avranno il coraggio di affrontare l'impresa: il vice sceriffo, un alcoolizzato che vuole conquistare un po' più di stima nel paese e lo stesso Evans che è un abile tiratore e soprattutto ha un gran bisogno di soldi per mandare avanti la famiglia e la fattoria.
Evans non avrà vita facile: in famiglia la moglie lo implora di far evadere il bandito e avere salva la vita; ed intanto i compagni di Waden si stanno organizzando per ucciderlo.
Asserragliato con il prigioniero in una stanza d'albergo del paese, rimasto solo col bandito nel suo cammino verso la stazione, ed ormai divenuto il bersaglio principale dei banditi, per Evans portare a termine l'incarico diventa molto arduo. L'espressione di Waden è spesso sarcastica e tesa, concentrata a cogliere ogni attimo di distrazione di Evans che possa favorirgli la fuga. Waden è quasi indifferente all'immediato futuro che lo aspetta a Yuma e questo insospettisce Evans che rafforza straordinariamente il controllo sul bandito. La missione di Evans sarà compiuta in extremis, ma con l'aiuto dello stesso Waden che salva il suo carceriere dal fuoco della sua banda saltando in corsa con lui su una carrozza del treno merci per Yuma.
Waden salva la vita a Evans per ripagarlo della morte che lo stesso contadino gli aveva evitato disarmando un parente delle vittime intenzionato ad ucciderlo in albergo.
"Sono fuggito tante volte da Yuma" dirà beffardo Waden a Evans, quasi a giustificare il suo insolito gesto di generosità.
Il film va apprezzato per il buon equilibrio tra azione e descrizione dei profili psicologici dei personaggi. Da considerare anche l'aspetto più filosofico del film: il brillante scioglimento della questione morale del bandito. Un bandito, Waden, che vede nell'onestà di Evans un valido motivo per vivere, una sorta di identificazione che dà più senso alla sua scelta di essere un bandito. Waden sceglie il male ma è una scelta che rimane dialetticamente legata al bene, e per questo che riconosce una identità a Evans salvandogli la vita. Per lui il bene è importante quanto il male, vincendo completamente la partita con Evans avrebbe perso la sua identità di bandito scivolando nell'abisso di una natura umana priva di leggi interiori. Aberrante. Waden intende mantenere il gioco del bene e del male perché sono termini che conosce alla perfezione, indissolubilmente legati alla legge e quindi entrambi necessari al lavoro delinquenziale del bandito.
Il regista a tutt'oggi non è particolarmente apprezzato e noto nel pubblico, solo alcuni critici e gli amanti della storia del cinema hanno una buona considerazione del regista Daves.
"Quel treno per Yuma" non ci propone figure femminili particolarmente significative, la barista, amante di Waden, e la moglie di Evans rimangono rassegnate sullo sfondo del film, tra le vicende di Evans, eroe suo malgrado e Waden (Glenn Ford).
George Duning, l'artefice della colonna sonora, è noto per le musiche di "Fiori nel fango, "Da qui all'eternità", "L'uomo di Laramie", "L'appartamento", "Cavalcarono insieme". La canzone del titolo, composta da Duning, è cantata dalla voce calda e dai toni bassi di Frankie Laine, interprete "western" assai noto ("Mezzogiorno di fuoco" con Dimitri Tiomkin), in quegli anni ottenne un grande successo internazionale.
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 30/08/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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