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Ingiustamente accolto come un fiasco ai botteghini nonostante l'indiscutibile bravura di Jim Carrey come protagonista e la bellezza della storia, "the Majestic", è la terza perla infilata nella collana cinematografica di Frank Darambot, che dopo i fasti de "Le ali della libertà" e "Il miglio verde", (candidato per entrambi all'oscar), ritorna con un film dall'insolito tema. Certo con questo non sto parlando, del tema della perdita della memoria o di equivoci in ambito d'identità, ma del Maccartismo, ovvero dell'ottusa caccia al comunismo che nel dopo guerra invase gli USA.
Frank Darambot, dirige una sceneggiatura scritta da Michael Slogane, con un cast di attori che renderebbe spettacolare qualsiasi copione, (Jim Carrey, Martin Landau, Bob Balaban, Allen Garfield, Brent Briscoe, Jeffrey DeMunn (attore prediletto da Darambot), Ron Rifkin, James Withmore) e accende la cinepresa sull'America post bellica nel periodo in cui la caccia al "rosso" era spietata e senza scampo ed investì in maniera particolare il mondo del cinema. Fra le vittime illustri possiamo citare personaggi del calibro di John Huston, Joseph Losey, Charlie Chaplin (che dovette andare in esilio) ed anche il mitico Humprey.
E' il 1954 è ci troviamo ad Hollywood ed alle spire della Commissione per le attività antiamericane non sfuggivano neanche i pesci piccoli come Peter Appleton (Jim Carrey), sceneggiatore di film di serie B, che finisce sulla lista nera, perde la memoria in seguito ad un incidente stradale e si ritrova a Lawson, cittadina che avendo fornito molti giovani per la recente Seconda Guerra Mondiale si trova in lutto. In una serie di equivoci Peter si ritrova scambiato, a causa di una straordinaria somiglianza, per Luke Trimble figlio di Harry Trimble (Martin Landau) ormai dato per deceduto. Peter prende il posto di Luke e ne interpreta gli ideali e le speranze finché non viene rintracciato dagli agenti federali che ne svelano la vera identità, involontariamente nascosta dall'incosciente Peter. Nella sua nuova identità, sotto la proposta aiuto del "padre" Peter fa restaurare e riaprire il cinema Majestic, riaccendendo nella disillusa città la speranza e la capacità di sognare. Riacquistata la memoria decide però di dare una bella lezione di democrazia ai suoi accusatori diventando, agli occhi dell'opinione pubblica e dei cittadini di Lawson, un eroe anche grazie alle parole e all'insegnamento dell'ex fidanzata di Luke, Adele (Laurie Golden).
Cosa ci insegna
"The Majestic" non è solo un film sulla politica o sugli ideali, non è solo un film sull'ingiustizia e sulla perdita e il ritrovamento dell'identità perduta, ma è tutto questo ed in più anche un film sul cinema, sulla guerra, con un finale che un po' come ne "L'attimo fuggente" serve a far riflettere e a far versare qualche "lacrimuccia".
Il tema del Maccartismo si trova nella testa e nella coda di questa creatura di Darambot. All'inizio vediamo infatti Peter che va al cinema a vedere il primo film scritto da lui e, ignaro di finire ben presto nella rete dei maccartisti, assiste a un cinegiornale dal titolo: "Cacciare i rossi da Hollywood". Quando si capacita di essere finito sulla lista nera decide di collaborare con la Commissione pur di non perdere il lavoro e, ubriacatosi per dimenticare, si rivolge sconvolto alla sua scimmia di pezza e dice ironicamente: "Brinda con me alla terra della libertà e degli uomini giusti!". La perdita di memoria e il ritrovarsi a Lawson è la parte più interessante del film, in quanto la perdita di identità di molti accusati di comunismo durante l'era maccartista si trasforma idealmente nella reale, ma simbolica, perdita di memoria e identità di Peter. Nella sua parte centrale si trova invece la vita di Peter a Lawson. In questa fase del film vediamo la trasposizione del sogno americano. Luke/Peter dà nuove speranza alla cittadina di Lawson e ai suoi abitanti che devono pur aggrapparsi a qualcosa, e come dice il finto padre, Harry Trimble: "Solo nel buio di una sala puoi rimanere avvolto dalla magia. Basta saperla sentire". Il cinema Majestic, dove la magia e la bellezza sono reali rappresenta quello che è rimasto di buono dell'America, quella stessa America in cui credeva il vero Luke, è infatti proprio Luke, che come simbolo degli ideali americani, da la forza a Peter di svolgere epicamente il suo discorso alla Nazione: "Se Luke Trimble fosse qui si vergognerebbe di essere morto per un Paese che non è più quello in cui credeva e per cui ha lottato".
Sulla scia dei due precedenti film, Darambot, ripropone gli alti ideali di onestà, la rivalsa dell'innocente, la fiducia in un futuro di giustizia. Il personaggio di Peter ricorda infatti quello del bancario di "Le ali della libertà", che serve a inneggiare uno dei comportamenti più importanti di un uomo e che spesso viene sottovalutato: "LA COERENZA".
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Recensione a cura di _Orion - aggiornata al 23/03/2004
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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