Una casalinga americana negli anni '50 vive con il marito in una comunità ispirata da ideali utopistici, ma finisce con lo scoprire segreti disturbanti sui suoi compagni di avventura.
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Olivia Wilde alla sua seconda regia dimostra di avere buone doti tecniche con scrupolosa attenzione alla rappresentazione formale in un thriller dai risvolti sci-fi che pur non presentando innovazioni nel genere è abbastanza intrigante ed affascinante. "Victory" è il quartiere periferico nel bel mezzo del deserto californiano dove vivono delle coppie in una brillante cornice anni cinquanta dove tutto scorre seguendo comportamenti abituali e tutto è perfetto nei più minimi particolari. Alice la protagonista, interpretata da un'ottima Florence Pugh, inizia ad avere segni premonitori che in quel piccolo mondo utopistico c'è qualcosa che non quadra. Una sorta di rivisitazione de "La Fabbrica Delle Mogli" romanzo di Ira Levin da cui furono tratti altri due film con un finale che la Wilde riesce a rendere sorprendente ed inquietante mettendo in risalto la posizione della donna negli anni cinquanta ed il suo emanciparsi nel corso del tempo. Harry Styles e Chris Pine abbastanza sottotono meglio i comprimari, la graziosa Pugh regge da sola l'intera pellicola.