Una casalinga americana negli anni '50 vive con il marito in una comunità ispirata da ideali utopistici, ma finisce con lo scoprire segreti disturbanti sui suoi compagni di avventura.
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Cos'ha di nuovo "Don't Worry Darling"? Assolutamente niente; il 90% del film sono cliché appartenenti ad un certo tipo di narrativa fantascientifica a cui ormai lo spettatore e' pienamente abituato da anni. Talmente abituato che se anche ne si parlasse a chi non ha ancora visto il film, faticherei a considerarli spoiler. Anche lo sfondo e' quanto di piu' stereotipato esista: a Victory si vive il perfetto sogno americano degli anni '50, le villette in cerchio alla fine della strada, i mariti lavoratori e mogli casalinghe affaccendate, impeccabili ed obbedienti. La comunita' idilliaca dove trionfa l'armonia e la comunione d'intenti. E' la ricetta perfetta del film "gia' visto", eppure Olivia Wilde dimostra che per fare un buon film non e' strettamente necessario avere qualcosa di nuovo da dire, ma quel qualcosa saperlo dire e raccontare bene, e altrettanto bene metterlo in scena. "Don't Worry Darling" e' un film che si gode il giusto, non privo di difetti ma sicuramente coinvolgente e capace di gestire bene la tensione nel disvelamento della veritá; le performance della Pugh e di Styles sono valevoli (pur nel contesto degli attriti avuti sul set durante le riprese) e molto belle le angoscianti musiche a vocalizzi di John Powell (non mi dispiacerebbe un Oscar) Il grosso rischio che corre il film (e la Wilde con lui, anche se temo la cosa sia coscientemente ricercata da parte sua) e' di essere letto come un manifesto ideologico a supporto di una denuncia sociale, tendenza che prende piede facilmente soprattutto in America (é stato il razzismo/BLM in "Get Out" di Peele, ad esempio, ed e' il femminismo e l'emancipazione della donna qui) Io lo considero solo un buon techno-thriller, come tanti ne esistono, che riflette su temi cari al genere, come l'identita' dell'individuo ed il suo rapporto con realta', rappresentazione e finzione.